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 2014  agosto 20 Mercoledì calendario

LA SPECULAZIONE GIOCA CON FIAT-CHRYSLER


Credit Suisse sgonfia le ruote alla Fiat. Secondo i suoi analisti il titolo non vale più di sei euro. Una bocciatura che arriva proprio mentre in Borsa il titolo lotta sul filo del recesso fissato a 7,7 euro. Ieri la quotazione, complice anche la stangata arrivata da Zurigo, è precipitata del 2,7% a 7,19 euro. A questo prezzo molti gestori potrebbero essere spinti a spedire la raccomandata chiedendo il rimborso delle azioni in loro possesso prima dell’assemblea dell’1 agosto: il termine scade oggi anche se i risultati si conosceranno a fine mese. Certo la possibilità di guadagnare il 10% in pochi giorni è un incentivo notevole a prendere carta e penna. Tuttavia se i risarcimenti dovessero superare i 500 milioni la Fiat sarebbe autorizzata a respingerli. Salterebbe la fusione con Chrysler (con grave danno per Marchionne sia sul piano dell’immagine che su quello manageriale) ma gli investitori potrebbero restare con un palmo di naso perché il titolo crollerebbe. Certo l’operazione potrebbe essere riproposta più avanti magari in termini e forme diverse ma è chiaro che il cambio di programma non resterebbe senza conseguenze. Sia a Torino sia a Piazza Affari.
In questo senso la bocciatura di Credit Suisse sembra una porta chiusa in faccia a Marchionne da parte della grande finanza internazionale. Tanto più che già in assemblea c’era stato un segnale ostile. Norges Bank (il più importante investitore estero presente in aula con il 2% del capitale) aveva votato contro la fusione. Ora si aggiunge Credit Suisse con un tempismo quanto meno inopportuno. Il colosso svizzero, infatti ha ricominciato solo ora la copertura del titolo Fiat: ha esordito con una bocciatura e, come se non bastasse, l’ha fatto in un momento estremamente delicato. Se la stangata fosse arrivata domani, a recesso chiuso, l’impatto sarebbe stato trascurabile. Aver pubblicato il giudizio negativo proprio nel momento in cui i fondi devono decidere sembra un atto di sfiducia verso Marchionne.
Gli esperti del colosso svizzero immaginano il titolo destinato a scendere a 6 euro, con un potenziale ribasso di oltre il 17% rispetto ai valori attuali. Tanta sfiducia nasce dal fatto che «nonostante i successi di Marchionne negli ultimi 10 anni» ci sono «poche opportunità per sorprenderci positivamente». Inoltre la quotazione in Usa potrebbe essere «il primo passo per un aumento di capitale». I numerosi punti di forza (Jeep, Ferrari, Maserati ed Alfa) non sono sufficienti per affrontare i «rischi del mercato ed un insostenibile livello di indebitamento di 9,7 miliardi». Inoltre, «il piano fino al 2018 appare troppo ottimistico e c’è un potenziale ribasso delle stime sul 2014 a seguito di un primo semestre debole». Né all’orizzonte ci sono storie capaci di muovere il titolo. Non la fusione con Peugeot («Archiviata dopo l’acquisto di Chrysler») e nemmeno Volkswagen che ha escluso altre acquisizioni. Resta la quotazione di Ferrari che potrebbe fruttare 300 milioni: troppo poco per emozionare la Borsa. A questo punto l’unica novità, secondo Credit Suisse, è proprio il matrimonio americano. Operazione però in bilico anche in funzione della bocciatura arrivata da Zurigo. A meno che Exor (che può comprare ancora un 3% di Fiat senza rischiare Opa) o qualche alleato rilevino le azioni rese disponibili dal recesso consentendo comunque il successo dell’operazione.