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 2014  agosto 20 Mercoledì calendario

NON È UN CALCOLO A STABILIRE I NOSTRI DEBITI CON IL PIANETA


È già arrivato l’Overshoot Day. Il giorno in cui, secondo i calcoli degli ambientalisti, abbiamo finito di consumare ciò che ci spettava per il 2014 e abbiamo iniziato a fare debiti con la natura. Ogni anno questo spartiacque arriva prima, sostiene la Global Footprint Network. Nel 2000 cadeva a ottobre, ora il 19 agosto. Consumiamo cibo e legname a una velocità che non possiamo permetterci e produciamo più inquinamento di quel che la biosfera sia in grado di assorbire, sostiene il think tank. Insomma, viviamo al di sopra delle nostre possibilità, come se a disposizione avessimo un pianeta e mezzo anziché uno soltanto. Ma la data, è bene dirlo, ha un valore simbolico, lo riconoscono gli stessi ambientalisti. Calcolare con esattezza la biocapacità del pianeta e rapportarla in tempo reale ai consumi globali è una missione impossibile. L’Overshoot Day insomma andrebbe interpretato come quel giorno dell’anno in cui il mondo si interroga sul ritmo dei propri consumi. Una seconda giornata della Terra (quella ufficiale cade il 22 aprile) in cui provare a fare il punto sulla distanza che separa le buone intenzioni che abbiamo in quanto cittadini e i comportamenti disinvolti che adottiamo come consumatori. Il gap tra le ragioni dell’ecologia e quelle dell’economia si misura, almeno in parte, con il metro della fiducia che i diversi attori hanno nei confronti dell’innovazione. L’età della pietra non è finita perché sono finite le pietre, ma perché abbiamo imparato a usare i metalli, dicono gli ottimisti. L’intelligenza umana non è bastata a salvare tutte le antiche civiltà dal collasso, replicano i pessimisti. Il dibattito in corso non è solo questione di numeri, ma anche di toni. Antropocene è il nome inventato per indicare l’era geologica in cui viviamo, perché siamo noi esseri umani a modellare il pianeta. Sarà disastroso per forza, o si può costruire un buon Antropocene? Se lo è chiesto Andrew Revkin del «New York Times», senza per questo negare che esista una questione ecologica. Da questa domanda ne nasce un’altra: i cittadini-consumatori sono più propensi ad ascoltare chi enfatizza i pericoli o chi sostiene che aggiustare la rotta è possibile?