Andrea Greco, la Repubblica 20/8/2014, 20 agosto 2014
APPROCCIO AMICHEVOLE E MENO TERMINI TECNICI. LA BANCA CAMBIA LINGUA PER RICONQUISTARE I CLINETI
Basta con i mutui concessi. Con i pagamenti autorizzati, con i tassi attivi che sono attivi ma non per il cliente (che li paga), con le operazioni deliberate, i finanziamenti rifiutati – magari perché un software ha sancito che il nostro rating non confaceva – e tutto l’armamentario semantico con cui le banche tengono a distanza i clienti in Italia. Tra la reputazione in discesa causa crisi finanziaria e l’affermarsi di nuovi canali e culture officiati da internet e i suoi linguaggi diretti, l’associazione delle banche italiane ha ritenuto fosse venuto il momento di svecchiare, semplificare, avvicinare al cliente il gergo di sapore amministrativista masticato da chi siede al di qua dello sportello, ed è spesso l’unico interfaccia di milioni di consumatori. Così è nato “Alla ricerca di un nuovo linguaggio per le banche”, progetto del Comitato comunicazione Abi che dopo un anno di lavoro è stato illustrato in bozza nella riunione dello scorso 23 luglio, e dovrebbe andare nell’esecutivo Abi di ottobre. Di lì a poco, sarà pubblicato un dizionario delle parole da usare, e di quelle che invece vanno centellinate perché complicano un rapporto con la clientela già non semplice nelle circostanze. «Il progetto è nato dalla considerazione che, malgrado le banche italiane non abbiano quasi pari in Europa per impegno verso l’economia reale, continuano nel complesso a godere di una reputazione non buona. – dice Roberto Nicastro, direttore generale di Unicredit, vice presidente vicario dell’Abi e a capo del Comitato comunicazione – A questo concorre il loro modo di comunicare all’esterno, usando un lessico legato a nozioni contrattuali e a modi tradizionali e tecnici di esprimere i concetti chiave del settore».
Per ammodernare e rendere più amichevole il linguaggio bancario Abi ha appaltato, dopo un bando di gara, un’indagine a Gfk Eurisko e ad Eikon Strategic Consulting. I due consulenti hanno realizzato un censimento qualitativo e quantitativo dei linguaggi usati in filiale, e delle parole che potessero alimentare pregiudizi o fraintendimenti. I due consulenti hanno svolto sondaggi, focus group, simulazioni e interviste a bancari e a clienti, da cui è emersa — fossero rimasti dubbi — la correlazione tra complessità della lingua del credito e giudizi negativi dell’utenza. Alcuni esempi sono già stati citati (altri sono in tabella), più in generale emerge dalla bozza di lavoro un rapporto arcaico dei clienti con la banca, vissuta come padre severo che può dare e togliere, condizionando snodi centrali della loro vita come unioni, nascite, nuove case e progetti. Ora i banchieri vorrebbero passare a una relazione di partnership, in cui banca e cliente collaborino per raggiungere reciproci vantaggi: «Contiamo di introdurre un linguaggio più moderno, amichevole e negoziale, che elimini il più possibile i tecnicismi e ci aiuti a comunicare in modo più semplice e diretto, in una semantica di mediazione: la banca dà consigli al cliente, insieme scelgono quel che nell’ambito delle possibilità di mercato è meglio per il cliente», aggiunge Nicastro.
L’iniziativa dell’Abi non riguarda la lingua dei contratti, appesantita da schematismi che rispondono alla normativa e ad esigenze di tutela giuridica (sotto il presidio della Banca d’Italia che sorveglia l’applicazioen della direttiva Mifid comunitaria). I contratti restano dunque il regno della tecnica e degli avvocati. «Purtroppo la normativa è una grossa barriera — ammette Nicastro — si pensi che in Italia, per un mal riposto concetto di trasparenza, ci servono anche oltre 10 firme per aprire un conto corrente, mentre in Germania ce ne basta una sola». Mai sottovalutare l’onda lunga dei cambiamenti culturali però; specie quando spirano nella stessa direzione travolgente della neolingua telematica (che si afferma anche grazie ai canali remoti bancari). Così, se per dirla con Nanni Moretti «Chi parla male pensa male e vive male», qui c’è un po’ il caso che i banchieri risalgano la china di pensieri parole e opere.