Roberto Giardina, ItaliaOggi 19/8/2014, 19 agosto 2014
RENZI È UN BLENDER, UN INCANTATORE?
Berlino Vi ricordate quando Schumacher sulla Ferrari passava da una vittoria all’altra? Negli ultimi giri Michael, che ci ostinavamo a chiamare Mike, rallentava. Gli inseguitori guadagnavano qualche centesimo di secondo, il giornalista alla tv, tanto per ravvivare gli spettatori, cercava di creare una parvenza di suspence: che succede? Ce la farà? Tutti sapevano che Schumi stava risparmiando il motore.
Lo stesso avviene in questo agosto piovoso: la prodigiosa macchina tedesca rallenta, i crucchi sono in crisi, come noi, adesso li raggiungiamo, si esaltano alcuni, o troppi, commentatori.
Renzi proclama: vedete? Siamo uguali, l’Italia trascinerà l’Europa fuori dalla crisi, non siamo i peggiori. «Merkel Kaputt», è il titolo di un editoriale di un quotidiano milanese. La «Frankfurter Allgemeine», in prima pagina, ha un altro titolo «Der kleine Minus», un minus piccolo piccolo, ma un monito: «La Germania non ha alcun abbonamento alla stabilità», avverte Heike Göbel. Si sta in guardia, ma si attende un miglioramento, commenta Stephan Kaufmann, sulla «Berliner Zeitung».
La «Wirtschaftswoche», il più importante settimanale economico tedesco, ha in copertina una nave container con i colori tedeschi in un mare in tempesta, quanto forte sarà la congiuntura negativa? L’analisi non è drammatica, si tratta di cause esterne, bisogna reagire. La Germania vive di export e la crisi nostra e degli altri europei comprime le vendite. Ma il motore non cede, non c’è il pericolo che si finisca fuori strada. Lo «Spiegel» si occupa invece di Renzi, sei mesi fa tutti lo lodavano, dalla Merkel a Obama, ora ci si chiede: è realmente il riformatore in grado di salvare l’Italia, o solo un «blender», cioè un incantatore, nella versione più gentile, per finire a qualcuno che inganna e truffa.
C’è una parola nella lingua di Goethe per definire questo stato d’animo: Schadenfreude, la gioia maligna per i guai degli altri, una riga intera e anche più per rendere una parola. Qualcuno è arrivato a sostenere, come si fa?, che se solo i tedeschi hanno questo termine intraducibile, significa che solo loro godono per le sciagure altrui. Allora siamo diventati tutti tedeschi.
Nel primo trimestre il pil in Germania era salito più del previsto, nel secondo cala dello 0,2, probabilmente il risultato a fine anno dovrà essere ridimensionato. Colpa anche del bel tempo: l’inverno mite ha fatto anticipare molti lavori edilizi previsti per l’estate. Come in un Grand Prix, dopo un giro troppo veloce, si rallenta sempre meno dei concorrenti. Non si raggiungerà il due, pronosticato a gennaio. Sta per fondere la fuoriserie di Frau Angela? Si scrive anche che a Berlino si cerca disperatamente di trovare il motivo della crisi inaspettata.
Veramente, tutti la indicano: l’Ucraina. Le sanzioni a Mosca imposte da Obama, che tanto fa pagare il prezzo a noi, già sono costate 2 miliardi di euro, a dicembre la perdita potrà sfiorare i 6 miliardi. Si vendono meno auto, e perfino meno detersivi. Frau Angela è riuscita a mettere intorno a un tavolo a Berlino domenica scorsa il ministro degli esteri russo e quello ucraino, insieme con il padrone di casa Steinmeier, e il francese Fabius. E la Mogherini, a rappresentare l’Italia paese guida per sei mesi dell’Europa? Non hanno voluto disturbare le sue vacanze in Versilia.
La Bundesbank, sempre arcigna, non vede nero, anzi dimenticando il timore storico per l’inflazione, consiglia aumenti salariali del 3%. C’è un ampio margine: nell’ultimo decennio la differenza tra incremento del pil e crescita dei salari è di oltre 11 punti, e il tasso d’inflazione nell’ultimo trimestre è dello 0,4, il più basso dal 2010.
Per la prima volta dal 1950, Berlino riduce il debito, di 30 miliardi. E il bilancio del 2015 dovrebbe essere in pareggio, un grande risultato mai più raggiunto dal 1969, l’anno in cui Willy Brandt conquistò la Cancelleria. Ottenuto nonostante non siano state aumentate le tasse, anzi la Grosse Koalition ha deciso diversi sgravi, e varato la paga minima a 8,50 euro l’ora. Almeno 300 mila posti in Italia dipendono dall’industria tedesca. Si gioisce per i guai degli altri, come si vede nelle comiche di Charlot e di Totò, che non erano tedeschi, ma se si ride troppo finiamo per cadere anche noi nella buca, o nella pozzanghera.