Marcello Bussi, MilanoFinanza 19/8/2014, 19 agosto 2014
QUEI 7 MILA MILIARDI DA SCONGELARE
Una montagna di liquidità che ammonta a 7 mila miliardi di dollari, pari a 5.222 miliardi di euro. Se ne sta lì, inutilizzata, nei forzieri delle più grosse società mondiali e ai fondi di private equity. E prima o poi dovrà essere utilizzata. Per dare un’idea della dimensione, il debito pubblico italiano è di 2.168 miliardi di euro.
A partire dallo scoppio della crisi finanziaria nel 2007, anno in cui il mondo si è accorto dell’esistenza della bolla dei mutui subprime, le società hanno cominciato ad accumulare liquidità parallelamente alla diminuzione degli investimenti. E se è vero che negli ultimi tempi sono tornate alla grande le operazioni di M&A, che dall’inizio dell’anno sono ammontate a 886,3 miliardi di dollari, il 127% in più dello stesso periodo del 2013, pensando ai 7 mila miliardi di dollari verrebbe da dire che è solo l’inizio. D’altronde una società ricca di liquidità ha di fronte a sé tre possibilità: puntare sull’M&A, investire nei propri business per una crescita organica o dare soldi agli azionisti attraverso la distribuzione dei dividendi od operazioni di buy back azionario. Ci sarebbe anche una quarta opzione: continuare ad accumulare liquidità. Ma secondo un sondaggio fatto da Bank of America Merrill Lynch, la maggioranza dei gestori di fondi chiede a gran voce che le società indirizzino la liquidità sugli investimenti, mentre il numero di coloro che preferirebbero invece ricevere dividendi è al livello più basso degli ultimi cinque anni. Che tutta questa liquidità giaccia inutilizzata è la prova che le grandi multinazionali, al di là dei proclami ottimistici, non sono affatto convinte della solidità della ripresa globale. Secondo Thomson Reuters Datastream la gran massa di liquidità, che a fine 2013 ammontava a 5.700 miliardi di dollari, è detenuta dalle 5.100 società più grandi del mondo, escluse le banche e le compagnie assicurative. A fare la parte del leone sono ovviamente le compagnie americane, che hanno a disposizione 2 mila miliardi. E tra queste è nettamente in testa Apple con 140 miliardi di dollari, seguita da Microsoft con 83 miliardi e Google con 59 miliardi. Di fronte a queste cifre impallidiscono anche colossi quotati alla borsa di Londra come AstraZeneca, settore farmaceutico, con i suoi 8 miliardi di dollari, e il gruppo minerario Anglo American con 7,7 miliardi. I fondi di private equity dispongono invece di 1.200 miliardi di liquidità, una cifra record per il settore. Le attese sono dunque per l’arrivo sul mercato di una valanga di liquidità. Ma i ceo delle grandi società sembrano ancora titubanti nel premere l’acceleratore, soprattutto sugli investimenti aziendali. E allora, fino a quando non arriveranno veri segnali di ripresa sostenuta (ma nelle condizioni in cui versa Eurolandia è difficile che se ne vedano nel breve termine), è probabile che la liquidità si indirizzi ancora sui dividendi. Non a caso nel secondo trimestre le società europee hanno distribuito dividendi per 153,4 miliardi di dollari, il 18% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, secondo un report di Henderson Global. Una somma pari al 40% del totale dei dividendi distribuiti in tutto il mondo, saliti alla cifra record di 426,8 miliardi, 44,6 miliardi in più rispetto a un anno fa. Molti analisti si chiedono se per caso le borse non abbiano corso troppo, se addirittura non ci troviamo in piena bolla speculativa. In ogni caso, con tutta la liquidità a disposizione delle società quotate, il paracadute è pronto. Con il risultato che i gufi saranno costretti a starsene alla larga dalle borse.