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 2014  agosto 19 Martedì calendario

NEGLI USA IL PIL CRESCE CON LE DISUGUAGLIANZE


La scuola superiore frequentata da Michael Brown - il ragazzo afroamericano ucciso da un poliziotto bianco nei sobborghi di St.Louis - aveva perso l’accredito statale dal 2012: Normandy High School era troppo inadeguata, assieme al suo intero distretto scolastico, anche per gli standard men che ideali del Missouri. Una goccia in un vaso colmo di disperazione e ingiustizia, di lotta impari contro la mancanza di opportunità nel Paese delle Opportunità.
L’America di Ferguson, non l’America della ripresa, del sogno rispolverato dalle macerie della crisi del 2008. È l’altra faccia di questa ripresa, quella che porta ancora profonde cicatrici e inquieta analisti e politici: il volto della povertà che cresce più - molto più, a Ferguson è raddoppiata dal Duemila - del Pil. Della disoccupazione e sotto-occupazione lontana anni luce dall’aumento delle buste paga registrato nelle statistiche nazionali sul mercato del lavoro. Di servizi scarsi o inesistenti, compresa quella sanità che è il vanto del presidente, il primo afroamericano, Barack Obama. Di una diseguaglianza sociale, insomma, esplosa a livelli d’altri tempi. Che esaspera anche il dramma mai risolto della "color line", delle tensioni razziali, di uomini e donne "invisibili" ma in prima linea contro il disagio, quelle minoranze etniche, la comunità afroamericana, dove la miseria "morde" inesorabilmente e di più.
«È stato come infierire su una vecchia ferita», ha ammesso il governatore del Missouri Jay Nixon. Una descrizione efficace. La rivolta di Ferguson - perché di una rivolta con radici sociali si tratta - ha messo a nudo la verità dell’altra America. Nascosta tra i successi dell’high-tech, del rilancio del manifatturiero sofisticato e delle corse record delle borse (ma neanche troppo: molti dipendenti di ricchi colossi internet rischiano di diventare, negli Stati Uniti non in Cina, un sottoproletariato tecnologico, come dimostra un recente caso di straordinari non pagati dal social network LinkedIn). Colpendo l’antica ferita, Ferguson l’ha riaperta su scala nazionale. E a sanarla davvero difficilmente possono bastare provvedimenti d’emergenza: sostituire le pattuglie bianche e screditate della polizia locale. Dichiarare coprifuochi notturni o chiamare in causa la Guardia nazionale.
La nuova crisi, spesso strisciante ma pronta a emergere, si sta imponendo sempre più all’attenzione di tutti: è fotografata da libri accademici come da recenti studi sul campo della Brookings Institution. L’economista francese Thomas Piketty ha suscitato intensi dibattiti con il suo libro-denuncia sul capitalismo del 21° secolo, che, sostiene, ha bisogno di profondi correttivi politici per compensare una drammatica tendenza alla sperequazione. Ferguson è emblematico di questo fenomeno perché la povertà oggi in America si annida nei sobborghi più che nelle città. Sono le nuove cittadine-ghetto - sobborghi solo sulle mappe - le nuove Detroit. «Ci sono oggi più poveri nei sobborghi che nelle città», ha spiegato Elizabeth Kneebone, autrice dell’analisi della Brookings. Per l’esattezza più della metà dei 46 milioni di poveri americani vive nei cosiddetti suburbs, un tempo patria dei ceti medi. In cifre assolute sono più che raddoppiati dal Duemila rispetto a un aumento del 50% nei centri urbani.
Ferguson non è neppure considerato un caso estremo di degrado. Ma forse proprio per questo è ancora più significativo. In uno stato povero, il reddito mediano dei suoi abitanti è comunque di un quinto più basso, 37mila dollari lordi l’anno. Condizioni di indigenza riguardano quasi un quarto della popolazione, più che raddoppiata in una decina d’anni. Metà delle abitazioni ha tuttora un valore inferiore al mutuo. L’occupazione manifatturiera, pilastro dei redditi, è ridotta all’8% degli impieghi, mentre la disoccupazione tra gli afroamericani a St.Louis, concentrata nei nuovi "ghetti", raggiunge il 47 per cento. E, anziché migliorare, in questi anni numerosi indicatori hanno continuato a peggiorare.
Incomprensioni e insensibilità razziali hanno fatto il resto. Ferguson è reduce da un esodo di residenti bianchi e più benestanti: in 14 anni ne ha persi il 40% e i suoi 21mila abitanti sono per quasi tre quarti afroamericani. L’intera regione di St.Louis è tra le più segregate del Paese (19esima in classifica). Anni di inerzia politica, che ha rinunciato a disegni di integrazione soprattutto nel Sud e nel Midwest, hanno aggravato i problemi: a Ferguson un consigliere comunale su sei è afroamericano, oltre a tre su 53 agenti di polizia locali. E la mano pesante della militarizzazione dell’ordine pubblico per combattere il crimine si è fatta sentire pesantemente in queste strade: ha visto agenti, armati come soldati, spianare mitra contro la folla e schierare mezzi corazzati trasferiti dal Pentagono - e dalla guerra in Iraq - a gendarmerie male addestrate.
È così che, nel fumo dei candelotti lacrimogeni, può perdersi non solo Ferguson, ma l’America che spera in una nuova stagione di ripresa per tutti.