Carlo Panella, Libero 19/8/2014, 19 agosto 2014
ASCESA E CADUTA DI ASSANGE MEDIOCRE EROE DELLA RETE
Ma che pena questi eroi trasgressivi della Rete! Julien Assange, che ha pubblicato i 250.000 dispacci di wikileaks, sta tempestando la stampa inglese di falsi messaggi sul suo grave stato di salute, compromesso dalla «prigionia» nella ambasciata inglese dell’Ecuador come fosse rinchiuso in una cella dello Spielberg. Invece se ne sta comodo comodo in una lussuosa palazzina di due piani, appunto la sede di rappresentanza dell’Ecuador, a due passi dai magazzini Harrods, dispone di un tapis roulant regalatogli dal regista Ken Loach per fare jogging e naturalmente gioca a calcio nei lunghi corridoi con i funzionari della compiacente sede diplomatica. Ma una sua accanita fan, la giornalista Sarah Oliver ha pubblicato sul Daily Miiror un pezzo lacrimoso in cui descrive le condizioni di salute del «prigioniero» quali possono essere prodotte solo da un campo di prigionia in Siberia ai tempi di Stalin. La parte più spassosa del reportage della Oliver è quella in cui addebita alla carenza di vitamina D, conseguente alla mancata esposizione al sole di Assange, possibili conseguenze quasi mortali: osteoporosi, diabete e demenza. Ma questo è niente, Mila Oliver aggiunge che, essendo nato in Australia, «Assange ama i larghi spazi, il mare, le foreste, la visione dell’orizzonte...» ma ora «non può fare neanche crescere una pianta in un vaso».
Nel complesso, lo stato di salute di un Assange «dalla carnagione quasi bianca e dal volto incorniciato da una lunga barba» (novello abate Faria), sarebbe talmente grave e preoccupante che l’ambasciatore dell’Ecuador ha chiesto alle autorità inglesi di poterlo urgen-
temente ricoverare in ospedale, sempre sotto copertura della immunità diplomatica che lo protegge dal mandato di cattura internazionale emesso dagli Stati Uniti. Naturalmente, il Foreign Office ha risposto picche e quindi c’è da aspettarsi che la campagna per liberare «l’agonizzante» Assange continuerà ancora. Una campagna che è tipica delle castronerie (come quelle sulle conseguenze di vitamina D) di cui si nutre la «Rete» di cui Assange è eroe assoluto. Ma anche il segno di una tempra morale mediocre, di una viltà intrinseca in un uomo che con il suo wikileaks, pubblicato senza scrupoli e solo per ottenere pubblicità mondiale, ha sì svelato segreti piccanti e scabrosi dei governi di mezzo mondo (incluso il Vaticano), ma ha anche messo in gravissimo pericolo la vita di un consistente numero di agenti e infiltrati che operano per difendere l’Occidente dai pericoli del jihadismo. Il tutto nel nome di una demenziale «trasparenza assoluta» che non solo metterebbe in pericolo le relazioni tra gli Stati, se fosse rispettata, che non solo manderebbe in fallimento qualsiasi operatore economico e finanziario, ma che addirittura farebbe fallire ogni matrimonio e amicizia se fosse applicata alle relazioni personali.
In realtà, il vittimismo da quattro soldi di cui Assange, non per la prima volta, si mostra campione, dimostra non solo una tempra morale men che mediocre, la assoluta incapacità di fare fronte alle conseguenze delle proprie scelte, ma anche un preoccupante mood che caratterizza il mondo della Rete: l’incapacità di conciliare il mondo virtuale con quello reale. L’apparenza di libertà e di potere assoluto che inebria il mondo degli hacker che ha in Assange un campione, quando va a sbattere contro le regole, i codici, le norme che regolano il mondo reale, si trasforma in un lamento vittimista, scomposto, inelegante. Per di più, l’intera operazione di wikileaks, in realtà è stata resa possibile ben più che dalle raffinate capacità di hacker sue e dei suoi collaboratori, da una circonvenzione di una persona debole dilaniata da mille problemi quale è il soldato Bradley Manning.
Con il processo che lo ha condannato a 35 anni di reclusione per spionaggio, si è infatti scoperto che è stato lui a deviare materialmente verso il sito di Assange, con semplicissime operazioni su Internet, i 250.000 documenti riservati Usa e anche che è un soggetto più che debole, con enormi problemi personali, facilmente influenzabile e ricattabile. «Sono una donna in un corpo di uomo» ha rivelato Manning, che ora si fa chiamare Chelsea, si è fatto crescere i capelli lunghi e ha avviato le pratiche per cambiare sesso. Ieri Assange con una conferenza stampa, ha annunciato al mondo «presto uscirò da qui». Ennesima mossa ad effetto di un personaggio banale, che è interessante, e molto, solo perché ci dá la misura di quale mediocre pasta siano fatti gli eroi del mondo della «Rete».