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 2014  agosto 19 Martedì calendario

ACHILLE LAURO, ADDIO CAPITANO


LA STORIA
Aveva 80 anni; era malato di cuore; due mesi fa l’avevano ricoverato in ospedale: ieri, nella sua Gragnano, se ne è andato Gerardo De Rosa, per 40 anni comandante sulle navi dell’Italia e della Flotta Lauro. Era lui al timone della Achille Lauro il 7 ottobre 1985, quando la nave da crociera (con 201 passeggeri e 344 uomini d’equipaggio a bordo) fu dirottata da un commando di “fedayn” del Flp, il Fronte per la Liberazione della Palestina. Morì un passeggero, Leon Klinghoffer, ebreo e paralitico. La vicenda destò immensa sensazione, e oppose perfino l’Italia di Bettino Craxi agli Stati Uniti di Ronald Reagan. L’Achille Lauro è al largo delle coste egiziane; il “colpo” è opera di quattro palestinesi. Subito allertate le truppe di élite del nostro Paese: i Comsubin e 60 incursori del Col Moschin, condotti a Cipro. Poi ha la meglio la via diplomatica. Frenetiche trattative; intercedono l’Egitto, l’Olp di Yasser Arafat, allora a Tunisi, due negoziatori proposti da Arafat stesso, tra cui Abu Abbas. In cambio dell’impunità, la resa. Solo due giorni dopo, però, si scopre che c’era una vittima: Klinghoffer, deceduto a causa di un ictus.
MILITARI E SERVIZI
I caccia Usa intercettano l’aereo egiziano, che conduceva terroristi e negoziatori; lo fa atterrare in Sicilia, a Sigonella, una base usata dagli americani. Ma Craxi non ci sta: i militari della Vam, la Vigilanza aeronautica, difendono l’aereo dalla Delta Force americana, frattanto atterrata su due aerei. Arrivano anche i carabinieri; è la più grave crisi diplomatica del dopoguerra tra il nostro paese e l’alleato americano. Ma l’Italia non si piega. I quattro dirottatori finiscono nel carcere di Siracusa: processati e condannati in Italia, ma non consegnati ad altri. L’aereo egiziano parte per Ciampino, scortato dai servizi segreti italiani e da quattro nostri F104. Un velivolo americano tenta di inserirsi, chiedendo di avere il negoziatore Abu Abbas: respinto dalla scorta. Poi, a Ciampino, in piena notte, un secondo aereo Usa finge un guasto: compie un atterraggio d’emergenza, si posiziona davanti al velicolo egiziano, bloccandolo. Ultimatum di cinque minuti, dato dal comandante del Sismi, l’ammiraglio Fulvio Martini: al terzo minuto, l’aereo Usa se ne va. Seguono battaglie legali internazionali per l’estradizione di Abbas, e un’altra partenza stavolta da Fiumicino. Giorni dopo, svelate intercettazioni che legavano Abbas anche al dirottamento dell’Achille Lauro. Fine della vicenda.
LA SFORTUNA
Un dirottamento che ha fatto storia: cinque anni dopo, un film per la tv: Il viaggio del terrore, con Burt Lancaster ed Eva Marie Saint; nel 1991, a Bruxelles, esordisce un’opera lirica, La morte di Klinghoffer, composta dall’americano John Adams. Il dirottamento non era che una tra le tante disavventure dell’Achille Lauro, ordinata nel 1938 con il nome di Willem Ruys in Olanda (e cambiare nome alle navi, si sa, porta male), però varata solo nel 1945, dal 1964 della Lauro: ha infatti subito incendi nel 1965, 1972, 1981 e 1994; l’ultimo, al largo della Somalia quando già non era più della compagnia napoletana, ne provocò l’affondamento due giorni dopo. De Rosa, terzo di sette figli, non la comandava più.
LA VOCAZIONE
Il mare era la sua vocazione: al comando di una petroliera, poi di una superpetroliera («Tanto enorme, che non poteva entrare in nessun porto italiano», ricordava il fratello Ciro), era «attaccatissimo alla famiglia Lauro», «grande esperienza di fondali in tutti i mari» (un altro fratello). Gli avevano offerto l’Achille Lauro anche se preferiva le petroliere; la comandava appena da un anno prima del dirottamento, in cui si era comportato con un esemplare sangue freddo e immensa professionalità. Diceva allora la moglie Giuliana: «Ha i nervi d’acciaio, se la caverà». Ha tenuto il timone della Lauro fino al 1993; l’anno dopo, quando è affondata, ha pianto: «Il cuore l’ho lasciato su quella nave blu, l’unica ad avere un’anima. Ma lo capisce soltanto chi ha navigato».
Nel dopoguerra, prima di lui l’eroe della marineria non militare italiana era stato Piero Calamai, al timone della Andrea Doria quando affondò il 26 luglio del 1956; e ora, come non pensare alla siderale distanza da Francesco Schettino, in plancia alla Costa Concordia? Ieri se ne è andato uno dei nomi migliori della nostra marineria, che ci riporta ad uno dei momenti più difficili e delicati, ma forse anche più orgogliosi, dei nostri rapporti internazionali.