Maurizio Porro, Corriere della Sera 19/8/2014, 19 agosto 2014
NELL’ETERNO «POSTINO» L’AMERICA EREDE DEL ’68
Vale la pena rivedere Il postino suona sempre due volte, versione 1981, perché contiene molti elementi oggi classici della Hollywood post 68, post Easy rider. Ad esempio la recitazione di Jack Nicholson e Jessica Lange, 44 anni lui e 32 lei, visti e presi nel periodo del maggior furore erotico ed eretico da Bob Rafelson, il miglior regista della nouvelle vague americana, autore nei primi 70 di Il re dei giardini di Marvin e Cinque pezzi facili , titoli fondamentali per l’esistenzialismo stile Hopper e tesoro nascosto nella filmografia di Nicholson.
Il postino è la cronaca di un tradimento e di omicidio premeditati tra gli ansimi delle lenzuola: il film racconta, come dalle pagine del romanzo di James Cain, giallo on the road a cavalcioni sul melò, l’innamoramento e amore cruenti del vagabondo Frank che sbandando nell’America della Grande Depressione, si fa amico di un benzinaio di origine greca, gli seduce la moglie che non aspettava altro e premedita un omicidio che si vedrà come andrà a finire: delitto e castigo con probabilità e imprevisti.
La materia è nota perché questi due amanti assoluti alla Truffaut e infelici sono stati additati al comune senso del pudore già da un film di Tay Garnett del ‘46 che rendeva Lana Turner e John Garfield peccatori rispetto al codice Hays di Hollywood; poi perché, prendendo spunto dallo stesso best seller che ispirò anche il francese Chenal, Luchino Visconti costruì le fondamenta del suo impero espressivo dei sensi con Ossessione , 1943, agli albori del neo realismo ma ancora sotto il regime. Con la Calamai in vestaglietta (la Magnani rinunciò perché incinta) e il bel Girotti in canotta, un film così maledetto dall’establishment cattolico che le sale dove veniva proiettato, e da dove si usciva in fretta, venivano poi benedette con l’acqua santa per scacciare il demonio del regista marxista e omosessuale.
Il film di Rafelson non è solo quel veicolo morboso con sesso violento da Actor’s Studio sul tavolo di cucina che i media hanno imposto: dentro c’è l’ansia e la disperazione di vivere, la piccola grande e media depressione, un teatrino di Sabbath alla Roth ma nell’architettura di un gangster movie in cui si intrecciano tutti i capisaldi della cultura americana.