Gaia Piccardi, Corriere della Sera 19/8/2014, 19 agosto 2014
SPORT E UNIVERSITÀ, LA DOPPIA FATICA DI MEUCCI
&C. –
DALLA NOSTRA INVIATA ZURIGO — In principio fu «il ragioniere», di soprannome e di fatto: nostro signore del mezzofondo, from Inverigo (Como) con furore e diploma, Alberto Cova. Nell’estate 2014 — oddio, estate... — l’evoluzione della specie ha prodotto un ingegnere dottorando all’Università di Pisa in ingegneria dell’automazione dei sistemi idraulici capace di correre 42.195 metri in 2h11’08’’, giusto in tempo per vincere l’oro europeo. Daniele Meucci, il re del continente che sarebbe stato in grado di manovrare i robot che hanno contribuito a disincagliare la Concordia al Giglio: «Lo sport mi dà una certa indipendenza economica e mi permette di continuare a studiare. E poi devo ringraziare la mia compagna, Giada, che si occupa di Dario e Noemi, della casa di Cecina e dei due cani, consentendomi di concentrarmi sulle mie passioni».
L’atletica non è il calcio, in tutti i sensi. E anche se molti azzurri della spedizione a Zurigo (bilancio due ori e un argento, Italia dignitosa nona nel medagliere) prima di arrivare in pista hanno indossato i parastinchi (lo stesso Meucci, Benedetti, Fofana, Greco, Kirchler, Marani, Obou, Desalu fino al 2008 era essenzialmente un calciatore), i ragazzi sanno che se non diventeranno Mennea o la Simeoni (e magari anche in quel caso) diploma o laurea potranno tornare utili nella vita, perché i corpi militari spesso vedono e provvedono ma poi arriva una peperina come Federica Del Buono, figlia d’arte, 19 anni, quinta al debutto (e con quale sfrontatezza) nei 1500 che hanno fatto scomodare paragoni importanti con Gabriella Dorio, e su scuola e sport ti chiarisce le idee in un battibaleno: «Molti si sbilanciano nel predirmi una carriera luminosa — spiegava ieri, reduce dal Letzigrund dove si è sgolata tifando i compagni —, ma io credo che un vero campione debba essere acculturato. Conciliare atletica e studio, adesso che ho cominciato ad allenarmi da vera professionista in vista dei Giochi di Rio, non sarà affatto facile. Ma io all’Università tengo: non voglio metterla da parte. Per fortuna mi allena mamma (Rossella Gramola, ex mezzofondista; il papà è Gianni Del Buono, primatista italiano sulle medie distanze ndr ), che sa quanto per me la scuola è importante: se mi seguisse un’estranea sarebbe più complicato. Meucci, con il suo bellissimo oro nella maratona, è l’esempio da seguire: la dimostrazione lampante che, volendo, si può tutto». Federica frequenta da un anno la facoltà di scienze della comunicazione a Verona, sogna di fare la giornalista sportiva, finora — mentre abbassava il personale a 4’07’’49, terzo tempo azzurro all time dietro Dorio e Trabaldo — ha dato due esami: «Meno di quanti avrei voluto, però ho la media del 29 ed è chiaro che, preparando l’Europeo di Zurigo, ho un po’ accantonato i libri. Ora voglio recuperare: i compagni di corso mi danno una mano passandomi gli appunti però i prof non sanno che corro in nazionale, non mi va di dirglielo, non voglio favoritismi...». Federica vive a Vicenza e studia a Verona. «Tra tram, treno e scarpinata dalla stazione alla facoltà, mi vanno via tre ore. Al ritorno meno perché mamma viene a prendermi al binario. Quando ho lezione riesco a correre 40-50 minuti, non di più, e nei giorni in cui riesco a fare doppio allenamento la sera sono troppo cotta per mettermi a studiare. Mamma non mi mette pressione, è comprensiva, però a volte me la metto da sola!».
Dura la vita dello studente-lavoratore dell’atletica. Pista e strada sono fatte di ripetizioni meticolose, allenamenti mirati a limare un centesimo o un centimetro, giornate spesso tutte uguali a se stesse, in attesa del salto di qualità in grado di fare la differenza con l’Europa o con il mondo. L’Italia (81 azzurri: 48 uomini, 33 donne) si è portata in valigia a Zurigo il diploma di geometra (El Kabbouri 1500, Fofana 110hs), molti libri (Caporaso, marcia, studia ingegneria energetica a Benevento, Perini, 100hs, farmacia a Milano e Re, 400 m, a Torino; la Amidei, 200, economia, la Bazzoni, 400, scienze statistiche a Siena) e qualche laurea: Bonvecchio (giavellotto, economia), Severi (4x400, scienze naturali), la Magnani (1500, giurisprudenza) addirittura con lode. Maria Elena Bonfanti, staffettista milanese, al Mondiale di Nassau aveva i libri di medicina persino nella call room, cioé la stanza dove gli atleti aspettano di essere chiamati in pista per la loro gara. Obiettivo centrato, come Emma Quaglia. E la prossima laureanda è Eleonora Giorgi, 24 anni, quinta nella 20 km di marcia di Zurigo, tornata precipitosamente a Milano per scrivere la tesi in economia delle pubbliche amministrazioni che discuterà in autunno alla Bocconi dopo oltre 50 esami: «La Bocconi è la mia seconda mamma — dice —, pochi sanno che marcio: non mi piace darmi delle arie...».
Corri che ti passa. È l’atletica italiana dei record sui libri. In questo, almeno, prima nel medagliere.