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 2014  agosto 19 Martedì calendario

CASADEI, DA SESSANT’ANNI «VAI COL LISCIO»

Il ballo liscio dilagò curiosamente in tutta Italia mentre si affacciava il terrorismo. Anni ’70 prima del punk. Romagna Mia, Ciao Mare, e sul palco una Rita coscialunga che faceva sognare. Ora che le note si son fatte d’aria, il clarinetto è uno strumento vintage, la mazurka è parola sconosciuta ai più, è doveroso ricordare una dinastia che affonda le radici nella rielaborazione dei balli della Corte austriaca, e ancora persegue imperterrita il business, mescolando Romagna mia e guizzi di tunz tunz, ma ballabili. Bisogna essere elastici.
I Casadei, folto e complesso grumo famigliare titolare del fenomeno del liscio, sono la storia di una certa Italia di provincia verace e abbarbicata alle tradizioni, che anche così si conservano: ballando. Nei giorni di Ferragosto, per esempio, è stata un’apoteosi. Fra Gatteo e Cesenatico, la culla di tutto, si sono festeggiati i 60 anni di Romagna mia di Secondo Casadei, il capostipite, definito «l’uomo che sconfisse il boogie». Artista cortese fin dai ‘40, fu ispirato dalla nostalgia di casa mentre girava a far ballare gli italiani di tutte le classi sociali: un boom terrificante, un pezzo suonato dovunque. Tradotta in giapponese, omaggiata da Guccini, rappeggiata da Jovanotti, girata in balcanico da Samuele Bersani con Bregovich a Sanremo, non si può non conoscere.
Festeggiamenti fragorosi, ma di scuole separate: una più di approfondimento storico e celebrazione del maestro Secondo, a cura della figlia Riccarda che è titolare dei diritti Siae (e hai detto niente, «anche se non è più come un tempo»). Qualche chilometro più in là si balla invece alla grande con l’altro ramo della dinastia: Raoul Casadei, il re del marketing di questa lunga storia, proprio a Ferragosto ha compiuto 77 anni, ed è salito sul palco eccezionalmente, con l’orchestra da tempo condotta dal figlio Mirko, che a 42 anni è già nonno di Noa, 8 mesi. Riccarda Casadei e figlie coltivano la memoria del padre, girano le piazze con il libro Tu sei la stella, tu sei l’amore, scritto da Paola Sobrero: diari inediti, un’accurata descrizione di terre luoghi storia. Hanno un «Liscio Museum» virtuale, curano la trasmissione Romagna mia in Italy che distribuiscono a 60 emittenti. L’anno scorso il maestro Muti le ha prestato l’orchestra Cherubini: «Hanno fatto un arrangiamento sinfonico, Muti era in prima fila». Romagna mia, Romagna di tutti, ma la strada di Riccarda non s’incontra con quella dei cugini: «Insieme saremmo stati una forza».
Invece è andata diversamente. Secondo non aveva figli maschi, ma questo nipotone estroverso e tenace, Raoul, con cui divideva il palco: «Lo zio era un maestro, un precursore del liscio che si ispirava alle orchestre austroungariche e ai valzer di Strauss. Ero come suo figlio. Ho fatto per 17 anni il maestro elementare, anche al Sud. Poi lo zio è morto e ho preso in mano l’orchestra. Ho scritto subito Ciao Mare, per poco non ho vinto il Festivalbar». Raoul è ancora vulcanico: «Da 35 anni non salgo sul palco, ma la gente neanche se n’è accorta. Ho fatto molta tv, però. Ho inventato io la parola “liscio”, nel ‘72 alle Rotonde di Garlasco, quando ho detto “Vai col liscio” a una folla felice in movimento. Ben prima di giornalismo e politica spettacolo, ho inventato “Orchestra spettacolo”».
Casadei all’epoca fatturava il 50% della ditta del produttore Roberto Dané, che in scuderia vantava De André e Venditti. Snocciolava Simpatia, Romagna e Sangiovese, organizzava crocierine al largo di Gatteo con orchestra a bordo e c’era sempre il pienone. Ci fu l’immensa Cà del Liscio a Ravenna, poi naufragata: «Del liscio si sono impossessati gli anziani, a forza di insistere con il clarinetto è finita così». Ora coltiva l’orto biologico, vive con figli e nipoti nel Recinto: «Un ampio ranch dove ognuno ha la propria casa, e il verde in comune». Di Romagna Mia resta poco, caro Mirko... «Le nostre canzoni le cantiamo sempre. Non siamo i puristi di una volta, la band si è evoluta ma la tradizione è nel cuore. Questa orchestra non muore mai, dal 1928. Quello che ci lega è la voglia di festa anche in momenti un po’ così. Dischi non se ne vendono ma la gente balla ancora, andiamo a suonare in tutta Italia. Io coverizzo mio papà, i giovani si stanno riavvicinando, un po’ come per la Taranta...». E Raoul si toglie i sassolini: «Però, un libro su Secondo e non mi hanno neanche intervistato».