Valentina Conte, la Repubblica 19/8/2014, 19 agosto 2014
IL GOVERNO COSTRETTO A RIFARE I CONTI: DEFICIT SU DI 6 MILIARDI
Quattro decimi di punto, ovvero 6 miliardi. Un “buco” non previsto nei documenti economici del governo. E che ora dovrà essere colmato o “tollerato”, con tutte le conseguenze del caso sui conti e nei rapporti con l’Europa. Se non ci sarà, come sembra, una manovrina aggiuntiva sul 2014, negata a più riprese da presidente del Consiglio e ministro dell’Economia, il problema si porrà sul 2015. Se ne dovrà discutere dunque in sede di legge di Stabilità (l’ex Finanziaria) da redigere entro metà ottobre e poi spedire a Bruxelles. Lì, il faldone attenderà qualche settimana però. In attesa cioè di essere vagliato dalla nuova Commissione europea, a guida Juncker, che dovrà soppesarne vizi e virtù. Prima di allora, ribadisce il governo, «l’Italia farà la sua parte rispettando il vincolo del 3% senza aumentare la pressione fiscale». Un 3% che con ogni probabilità l’Italia toccherà proprio quest’anno, come rapporto tra deficit e Pil. E che si discosta di quattro decimi, dello 0,4% appunto, da quanto previsto dal governo sin qui: 2,6%. Quattro decimi che valgono 6 miliardi.
Ci sarà dunque una correzione che renderà più robusta la legge di Stabilità 2015, portandola verso quota 25 miliardi? Oppure si deciderà di camminare sul filo anche il prossimo anno, rischiando però di far salire l’altro parametro così caro a Bruxelles e slittare ancora il pareggio di bilancio? Senza correzioni difatti, il deficit “strutturale” — quello che tiene conto della recessione in cui è ripiombata l’Italia dopo due trimestri di Pil negativo e delle misure una tantum — potrebbe veleggiare ben oltre lo 0,5%, il massimo consentito, e sfiorare nel peggiore dei casi anche l’1%. Detto in altri termini, tenere a bada il 3% non basta, se poi il deficit strutturale si imbizzarrisce. Perché in questo caso addio fiscal compact. E dunque addio a riduzione stabile e progressiva del debito pubblico secondo il ritmo di un ventesimo l’anno per la quota eccedente il 60%. Ora come ora il debito italiano veleggia verso il 135% del Pil. Record storico. «Esistono però anche dei fattori positivi di cui tenere conto», osserva Sergio De Nardis,
capo economista di Nomisma. «Intanto, una minore spesa per interessi, grazie a uno spread più contenuto: dal 5,2% del Pil previsto si potrebbe passare al 4,9-5%. Poi l’Istat rivaluterà il Pil e tutta la contabilità nazionale, in base alle nuove regole europee. Ebbene, un Pil rivalutato del 2%, farebbe abbassare il rapporto deficit/Pil dello 0,1%. E andrebbe ancora meglio al debito pubblico, abbattuto del 2,6%, dunque al 132,4%. Un’ottima notizia». Poi certo bisognerà “pesare” l’effetto del bonus da 80 euro (garantito nel medio e lungo termine dal governo) e della revisione della spesa (tagli da 32 miliardi entro il 2016): due impatti ignoti alla Commissione europea quando ad inizio maggio aveva rivisto al ribasso le sue stime sull’Italia. Ma il nuovo calcolo del Pil messo in pista dall’Istat potrebbe in effetti riservare le maggiori sorprese. Paradossalmente, l’economia sommersa e soprattutto quella illegale – per la prima volta ricompresa nel computo della ricchezza nazionale – potrebbero dare una mano al Paese. Ivi compresi traffico di stupefacenti, prostituzione e contrabbando. Con una piccola polemica di sottofondo: l’aggiornamento Istat arriverà nei primi di ottobre, quando il governo avrà già modificato le cifre del Def, il Documento di economia e finanza (data ultima, il 20 settembre). Con il paradosso di dover aggiornare l’aggiornamento, nel giro di dieci giorni.
Dal nuovo Def – dunque dai nuovi numeri su Pil, deficit,
inflazione, debito – se ne capirà di più. «Se il governo non corregge per quest’anno lo 0,4% in più sul deficit/Pil, come pure la Commissione europea aveva raccomandato ai primi di giugno («sforzi aggiuntivi », ndr), questa zavorra finirà sul 2015, laddove si prevedeva un 1,8%», prosegue De Nardis. «Nel 2015 il deficit salirà dunque al 2,2%, sempre che il Pil cresca dell’1%, come preconizza Bankitalia». Tutto da vedere,
visto che quest’anno, se va bene, il Pil sarà pari a zero. Stagnazione. «Non esiste un problema Italia in Europa», stempera il governo. «Esiste un problema dell’Eurozona che l’Italia contribuirà ad affrontare». Flessibilità in cambio di riforme, dunque, non come sconto ad hoc ma come decisione comune.