Silvia Guzzetti, Avvenire 19/8/2014, 19 agosto 2014
SE LA STORIA NASCE DAI MALINTESI
La fine della Prima guerra mondiale provocata da una parola sussurrata male. La vittoria degli inglesi sui francesi alla battaglia di Waterloo dovuta alle emorroidi di Napoleone. Il disastro del Titanic scatenato dalla chiave dimenticata di un armadietto che conteneva il binocolo per vedere l’iceberg. E, nella Francia occupata dai nazisti, una catena di lavanderie amate dalle SS che consentivano ai servizi segreti alleati di conoscere gli spostamenti delle truppe tedesche. Gareth Rubin, giornalista dell’Observer, ha riscritto il passato inglese attraverso errori e dettagli sconosciuti che hanno cambiato il corso della storia. Il risultato è il volumetto Il grande massacro dei gatti. Una storia della Gran Bretagna in cento errori pubblicato dalla casa editrice John Blake.
Scopriamo così che, nell’agosto del 1914, un treno pieno di soldati arrivò in una stazione di campagna inglese. Il facchino chiese alle truppe da dove venivano e fraintese la risposta «Ross-shire», il nome di una contea scozzese, per «Russia». La notizia che si trattasse di truppe russe in viaggio verso il fronte occidentale arrivò a Carl Hans Lody, una spia tedesca, che avvertì il generale Von Moltke. Due divisioni dell’esercito guglielmino furono tolte dalla battaglia della Marna per essere usate come riserve contro questo contingente russo, danneggiando l’avanzata su Parigi e avviando quella guerra di trincea che avrebbe portato alla sconfitta della Germania.
«È l’episodio preferito del mio libro, il più incredibile. La fine di una guerra dovuta al fraintendimento di una parola», spiega Rubin che ebbe l’idea del libro quando sbagliò l’orario di un treno e arrivò in ritardo al matrimonio di un amico interrompendo la cerimonia tra il suo enorme imbarazzo e gli sguardi inorriditi degli ospiti. «Cominciai così a pensare che cosa sarebbe successo se fossi stato un chirurgo che doveva fare una operazione importante o un esperto aspettato a un convegno internazionale. Conclusi che errori banalissimi devono aver avuto un effetto valanga sulla storia inglese. Di solito i libri di storia raccontano gli effetti dei disastri. La cronaca dell’affondamento del Titanic comincia tardi, prima che la nave si scontri con l’iceberg. Nessuno racconta che il vicecomandante venne sostituito sul ponte all’improvviso e si dimenticò di consegnare al suo sostituto le chiavi dell’armadietto del binocolo», dice Rubin.
Secondo l’autore la storia andrebbe riscritta attraverso gli errori e il risultato sarebbe molto più interessante, per gli studenti del Regno Unito, delle cronache attuali. Scoprirebbero, per esempio, che l’Inghilterra è stata invasa moltissime volte e non soltanto dai Romani e dai Normanni, come c’è scritto sui libri di storia: «Napoleone venne qui alla fine del XVIII secolo, con un gruppo di cento uomini, che vennero attaccati da una donna gallese con un forcone. Nessuno sa che eravamo in guerra con l’America nel 1812, e che truppe britanniche hanno bruciato la Casa Bianca».
Per non parlare delle Falkland. Nel 1983 un’inchiesta del governo britannico rivelò che, paradossalmente, fu proprio la decisione della Gran Bretagna di ritirarsi dalle isole a provocare la guerra per difenderle. Margaret Thatcher aveva, infatti, deciso, nel 1981, di ritirare l’Endurance, l’unica nave che perlustava il Sud Atlantico, per risparmiare. Era la prima mossa di un piano per trasferire le isole agli argentini a condizione che questi ultimi lasciassero sopravvivere un’amministrazione britannica per proteggere gli abitanti inglesi. La mossa mandò alla giunta militare argentina il messaggio sbagliato, ovvero che il Regno Unito non era interessato a difendere le isole e che una occupazione militare era possibile. Ne seguì una guerra che era possibile evitare se gli argentini avessero negoziato anziché invadere.
«Vorrei che questo libro faccia pensare a fatti minori che hanno un effetto sugli eventi più importanti e che, dentro la storia principale, c’è una storia secondaria che è stata ignorata perché ci si concentrava su cose più importanti – continua Rubin –. Purtroppo ci piacciono le semplificazioni, una storia che possiamo leggere una volta sola senza ritornare sulla stessa pagina. Le cose sono più complicate. Il mondo non è diretto da primi ministri che sanno sempre che cosa stanno facendo e non fanno mai errori. Ai lettori il mio libro piace perché si possono identificare con i protagonisti e tutto viene portato a un livello più umano, più caotico, e, insieme, più rassicurante, senza ideologie e fanatismo, con tanto grigio. Mi piace pensare che i nostri leader hanno gli stessi limiti di ciascuno di noi».