Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  agosto 19 Martedì calendario

SE LA STORIA NASCE DAI MALINTESI

La fine della Prima guerra mondiale pro­vocata da una parola sussurrata male. La vittoria degli inglesi sui francesi alla bat­taglia di Waterloo dovuta alle emorroidi di Napoleone. Il disastro del Titanic sca­tenato dalla chiave dimenticata di un ar­madietto che conteneva il binocolo per vedere l’iceberg. E, nella Francia occupata dai nazi­sti, una catena di lavanderie amate dalle SS che con­sentivano ai servizi segreti alleati di conoscere gli spostamenti delle truppe tedesche. Gareth Rubin, giornalista dell’Observer, ha riscritto il passato in­glese attraverso errori e dettagli sconosciuti che han­no cambiato il corso della storia. Il risultato è il vo­lumetto Il grande massacro dei gatti. Una storia del­la Gran Bretagna in cento errori pubblicato dalla ca­sa editrice John Blake.
Scopriamo così che, nell’agosto del 1914, un treno pieno di soldati arrivò in una stazione di campagna inglese. Il facchino chiese alle truppe da dove veni­vano e fraintese la risposta «Ross-shire», il nome di una contea scozzese, per «Russia». La notizia che si trattasse di truppe russe in viaggio verso il fronte oc­cidentale arrivò a Carl Hans Lody, una spia tedesca, che avvertì il generale Von Moltke. Due divisioni del­l’esercito guglielmino furono tolte dalla battaglia della Marna per essere usate come riserve contro questo contingente russo, danneggiando l’avanza­ta su Parigi e avviando quella guerra di trincea che avrebbe portato alla sconfitta della Germania.
«È l’episodio preferito del mio libro, il più incredibile. La fine di una guerra dovuta al fraintendimento di una parola», spiega Rubin che ebbe l’idea del libro quando sbagliò l’orario di un treno e arrivò in ritar­do al matrimonio di un amico interrompendo la ce­rimonia tra il suo enorme imbarazzo e gli sguardi i­norriditi degli ospiti. «Cominciai così a pensare che cosa sarebbe successo se fossi stato un chirurgo che doveva fare una operazione importante o un esper­to aspettato a un convegno internazionale. Conclu­si che errori banalissimi devono aver avuto un ef­fetto valanga sulla storia inglese. Di solito i libri di storia raccontano gli effetti dei disastri. La cronaca dell’affondamento del Titanic comincia tardi, prima che la nave si scontri con l’ice­berg. Nessuno racconta che il vi­cecomandante venne sostituito sul ponte all’im­provviso e si di­menticò di con­segnare al suo so­stituto le chiavi dell’armadietto del binocolo», di­ce Rubin.
Secondo l’autore la storia andreb­be riscritta attraverso gli errori e il risultato sarebbe molto più interessante, per gli studenti del Regno U­nito, delle cronache attuali. Scoprirebbero, per e­sempio, che l’Inghilterra è stata invasa moltissime volte e non soltanto dai Romani e dai Normanni, come c’è scritto sui libri di storia: «Napoleone ven­ne qui alla fine del XVIII secolo, con un gruppo di cento uomini, che vennero attaccati da una donna gallese con un forcone. Nessuno sa che eravamo in guerra con l’America nel 1812, e che truppe britan­niche hanno bruciato la Casa Bianca».
Per non parlare delle Falkland. Nel 1983 un’inchie­sta del governo britannico rivelò che, paradossal­mente, fu proprio la decisione della Gran Bretagna di ritirarsi dalle isole a provocare la guerra per di­fenderle. Margaret Thatcher aveva, infatti, deciso, nel 1981, di ritirare l’Endurance, l’unica nave che per­lustava il Sud Atlantico, per risparmiare. Era la pri­ma mossa di un piano per trasferire le isole agli ar­gentini a condizione che questi ultimi lasciassero sopravvivere un’amministrazione britannica per pro­teggere gli abitanti inglesi. La mossa mandò alla giun­ta militare argentina il messaggio sbagliato, ovvero che il Regno Unito non era interessato a difendere le isole e che una occupazione militare era possibile. Ne seguì una guerra che era possibile evitare se gli argentini avessero negoziato anziché invadere.
«Vorrei che questo libro faccia pensare a fatti mino­ri che hanno un effetto sugli eventi più importanti e che, dentro la storia principale, c’è una storia se­condaria che è stata ignorata perché ci si concen­trava su cose più importanti – continua Rubin –. Purtroppo ci piacciono le semplificazioni, una sto­ria che possiamo leggere una volta sola senza ritor­nare sulla stessa pagina. Le cose sono più compli­cate. Il mondo non è diretto da primi ministri che sanno sempre che cosa stanno facendo e non fan­no mai errori. Ai lettori il mio libro piace perché si possono identificare con i protagonisti e tutto vie­ne portato a un livello più umano, più caotico, e, in­sieme, più rassicurante, senza ideologie e fanati­smo, con tanto grigio. Mi piace pensare che i nostri leader hanno gli stessi limiti di ciascuno di noi».