Claudio Marincola, Il Messaggero 18/8/2014, 18 agosto 2014
RAIWAY, VIA ALLA QUOTAZIONE
Un «pezzo» del servizio pubblico radiotelevisivo si prepara ad andare sul mercato. Nel pacchetto Sblocca Italia, all’esame il prossimo 29 agosto del Consiglio dei ministri, ci sarà infatti la norma in cui si autorizza la cessione, «anche in più soluzioni», di RaiWay, la società proprietaria degli impianti di trasmissione del segnale. È la prima volta che l’azienda di viale Mazzini, con il placet e sotto la spinta del governo, imbocca la strada delle privatizzazioni. Scelta in parte obbligata per far fronte al taglio di 150 milioni imposto dal decreto Irpef.
In realtà il tema della «vendita» nell’azienda di viale Mazzini è sempre stato all’ordine del giorno. Dalla «Tv dei professori» a quella di oggi. Dal giorno in cui il servizio pubblico si è dovuto misurare con i privati, galleggia l’idea di cedere almeno un canale. Idea sempre stoppata per un motivo o per l’altro.
Ecco che ora la scelta è caduta su RaiWay, la società a cui nel 2000 la casa-madre ha ceduto la proprietà degli impianti. Per la quotazione in Borsa, la Rai si farà assistere da Leonardo&Co, la società di consulenza di proprietà di Banca Leonardo guidata da Gerardo Braggiotti, banchiere cresciuto in Mediobanca. Secondo una stima molto attendibile il valore delle strutture di RaiWay si aggira intorno al miliardo di euro. Incassarne una parte sarebbe un toccasana per le casse Rai, tornate in attivo nel 2013, ma di nuovo verso il rosso.
QUOTAZIONE LAMPO
La norma stabilisce che il 51% di RaiWay, società interamente partecipata Rai, dovrà rimanere in mani pubbliche. In nessun modo i privati la potranno scalare. Via libera invece alla cessione del restante 49% del capitale, quota molto più alta di quella prevista (si parlava di un 30/40%). Ai dipendenti Rai saranno riservate agevolazioni. Il dg Luigi Gubitosi ha sempre parlato di «quotazione lampo» e fatto di tutto per accelerare le operazioni. Favorevole alla vendita delle azioni anche il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli, per il quale, anzi, «si doveva fare prima». Si procederà con un’offerta pubblica di vendita (opv). Leonardo&Co ha già avviato la selezione delle banche che faranno da global coordinator.
GLI INTOCCABILI
Nel 2013, il giro d’affari di RaiWay risulta pari a 219,2 milioni di euro (-2,4% rispetto al 2012, l’83% garantito dal contratto con la Rai), l’utile è fissato a 11,8 milioni. L’autorizzazione del governo non rappresenta l’avvio delle procedure. Ma di fatto “sblocca” la vendita fissandone il paletto principale, il passaggio necessario per mettersi a riparo da sorprese. C’è un infatti un particolare non da poco di cui tener conto: le 2.300 postazioni di RaiWay ospitano i sistemi di trasmissione di polizia, carabinieri, vigili urbani, Viminale. Un “diritto di ospitalità” intoccabile.
LE ANTENNE DEL CAV
Dopo le privatizzazioni promesse, quelle mancate, quelle sventate in extremis, ecco dunque la prima quotazione in Borsa di un asset della Rai. Un gioiello che fa gola a molti. Con potenzialità di espansione. Tra i possibili acquirenti c’è anche Ei Towers, l’omologa società di cui Mediaset detiene il 40%, e che tra i suoi soci ha anche BlackRocker, il Fondo americano, principale azionista di Unicredit. Attivissimo a Piazza Affari, con un piede anche in MPS e Fiat.
Tra i potenziali soggetti interessati all’acquisto di RaiWay gli operatori della telefonia e gli spagnoli di Abertis, molto aggressivi nel business delle Torri. I sindacati Rai sono da sempre critici, «è una svendita», dicono. E temono per le possibili ricadute occupazionali che l’operazione potrà avere. In Europa, l’anomalia non è però la cessione degli impianti, casomai il contrario: la possibilità che fornitore di contenuti e fornitore di Rete siano uno stesso soggetto. In un certo senso, dunque, il sistema italiano con la cessione ai privati di una quota di minoranza si va normalizzando. In passato, l’ex ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri disse no alla cessione del 49% di Raiway ai texani della Crown Castle rinunciando così a 856 miliardi lordi di lire. Decisione del ministro, non del governo, che fece molto discutere. Molti scorsero in quella scelta l’ombra di Berlusconi. Ombra che fatalmente riappare.