Luigi Zingales, Il Sole 24 Ore 17/8/2014, 17 agosto 2014
LA LOGICA DELL’INVESTITORE E I CONTI DEL «CASSETTISTA»
Enrico Cuccia amava lanciare gli aumenti di capitale più controversi in Agosto. Con la maggior parte degli operatori in località esotiche, i giornalisti sotto l’ombrellone e gli investitori distratti dalle ferie, nessuno seguiva i dettagli delle operazioni. E così Cuccia era in grado di fare (più del solito) quello che voleva. Sarà un caso ma la fusione di Fiat con Chrysler vive il suo momento cruciale proprio a cavallo di Ferragosto.
La tanto annunciata operazione è stata approvata il primo di agosto, con il voto favorevole di più dell’80% dei presenti. Ma la vicenda non è conclusa. Il codice civile dà agli azionisti dissenzienti (o anche solo assenti al voto) il diritto di recedere dalla società, ricevendo un prezzo pari alla media delle quotazioni degli ultimi sei mesi, ovvero 7,727 euro per azione. Solo gli azionisti che possedevano le azioni al primo di agosto, però, possono farlo. Quindi dal primo di agosto il prezzo di Fiat non include più il valore di questa opzione. A complicare le cose, la delibera assembleare di fusione mette come condizione che non recedano azioni per un controvalore superiore ai 500 milioni di euro. Dopo quel livello la fusione salta.
Indipendentemente dal giudizio sul valore della fusione, i cassettisti Fiat si trovano di fronte ad un interessante dilemma. Conviene loro esercitare il diritto di recesso? Da un lato la risposta sembrerebbe banale: fintantoché il prezzo di mercato è inferiore al valore di recesso (come lo era alla chiusura di giovedì), sì; altrimenti no. In realtà è un po’ complicata. Se un numero sufficiente di azionisti esercita il diritto di recesso, la fusione salta ed il titolo Fiat potrebbe scendere. Vale la pena di rischiare?
La teoria dei giochi ci dice che, per un piccolo investitore, la risposta banale è quella giusta. Difficilmente un piccolo investitore con le sue azioni può fare pendere la decisione finale da una parte o dall’altra. Pensate veramente che se il numero di azioni per cui viene chiesto il recesso eccede di qualche unità quello massimo una simile operazione verrebbe fatta saltare? No. Quindi il piccolo investitore deve solo considerare due casi. Il caso in cui, indipendentemente dalla sua decisione, il limite massimo non viene raggiunto (e quindi ci guadagna a chiedere il recesso) e il caso in cui, indipendentemente dalla sua decisione, il limite massimo viene superato, e quindi la fusione salta. In questo caso, che lui abbia chiesto il recesso o no, non fa alcuna differenza. Se in un caso guadagno e nell’altro non perdo (se non il costo della raccomandata), esercitare il recesso è la decisione ottimale.
Che la risposta non sia banale lo dimostra la prestigiosa rubrica Lex del Financial Times, che su questo punto si sbaglia. Il 10 di Agosto scriveva che «uno dei fattori da tener presenti per la decisione è se le azioni recupereranno quest’anno». In realtà, la decisione di esercitare il recesso è indipendente dalle aspettative sul titolo. Se un azionista Fiat crede in un recupero del titolo Fiat dopo il 20 di agosto, quello che dovrebbe fare è contemporaneamente esercitare il diritto di recesso e comprare in Borsa un numero equivalente di azioni Fiat. In questo modo ha la stessa posizione in titoli, ma guadagna la differenza tra valore di borsa e valore del diritto di recesso. Ci possono essere dei costi se l’investitore deve pagare un’imposta sui capital gain. Ma se la differenza tra corso del titolo e prezzo di recesso è sufficientemente ampia, anche questa considerazione svanisce. E quindi tutti coloro che non hanno votato a favore dovrebbero esercitare il diritto di recesso.
Paradossalmente, questo risultato potrebbe ottenersi anche se tutti costoro dovessero ritenere che la fusione sia la decisione migliore per la società. Questa divergenza tra interesse collettivo ed interesse individuale è tipica di queste situazioni di interdipendenza strategica tra le parti. Se così fosse, dovrebbe l’azionista Fiat, interessato al benessere della società, sacrificare il proprio interesse individuale in nome del benessere collettivo? Questa non è una decisione economica, ma personale, che lascio al lettore.
Per creare maggiore pressione sugli azionisti il 12 Agosto la Fiat ha comunicato che non ha intenzione di alzare il limite dei 500 milioni, fugando una voce che si era ingenerata dopo il suo precedente comunicato. Il comunicato lascia però aperta la possibilità che ci possa comunque essere una fusione con termini diversi. Dal punto di vista dell’azionista quindi la domanda è: se questo progetto di fusione dovesse fallire, cosa succederà? La risposta dipende molto da cosa ci aspettiamo Fiat faccia in quella situazione, risposta che, a sua volta, è funzione della nostra opinione sul valore dell’operazione stessa.
La fusione tra Fiat e Chrysler è un’ottima cosa dal punto di vista industriale. Entrambe le case automobilistiche da sole hanno una dimensione troppo piccola per competere su scala mondiale. La fusione aiuta entrambe a risolvere questo problema. Ma l’operazione di fusione non si limita a questo. Trasforma anche la Fiat in una società di diritto olandese con azioni a voto plurimo assegnate agli azionisti stabili (le famigerate "loyalty share" che il recente Decreto Competitività ha introdotto anche nel nostro Paese). E’ una furbata, che rafforza il potere della famiglia Agnelli a scapito di tutti gli altri azionisti. Le due operazioni non sono necessariamente legate. Ci aspettiamo veramente che una buona operazione industriale sia mandata a monte se troppi azionisti recedono? Io penso di no. L’operazione verrebbe riproposta, probabilmente con termini migliori per gli azionisti. Una ragione in più per recedere.
Nonostante questo, io penso che alla fine questa operazione riuscirà. La differenza tra prezzo di Borsa e prezzo del titolo, che aveva raggiunto il 26%, si è ridotta giovedì a solo il 5%. Il pagamento avviene entro 180 giorni. Anche su un rendimento del 10% su base annua è oggi fantastico, per molti cassettisti che detengono poche azioni il disturbo è superiore al beneficio monetario. Se anche così non fosse, il Generale Agosto – come Cuccia sapeva bene – avrà la meglio su qualsiasi ragionamento logico. Per quelli che in vacanza non ci sono andati e che hanno tempo, però, l’opportunità resta. La lettera raccomandata per chiedere il recesso deve essere spedita entro il 20 di Agosto.
P.S: Per totale trasparenza, io detengo 3000 azioni Fiat sotto forma di American Depositary Receipts e sto cercando di far valere il mio diritto di recesso.