G. B. Olivero, La Gazzetta dello Sport 15/8/2014, 15 agosto 2014
BUFFON: «TUTTA L’ITALIA PER CONTE»
Le giornate di Gigi Buffon in tournée sono come quelle di un capo di stato in visita ufficiale: decine di impegni programmati, centinaia di mani da stringere. Gigi, in effetti, è l’ambasciatore del nostro calcio: capitano della Nazionale, fuoriclasse apprezzato dovunque, stimato per i suoi atteggiamenti come per le sue parate. All’estero di Optì Pobà speriamo si dimentichino in fretta, di Buffon non si dimenticheranno mai.
Buffon, da più parti (Juventus compresa), Carlo Tavecchio era considerato inadeguato. E’ preoccupato per la sua elezione e per il clima difficile che si respira adesso?
«Mi hanno preoccupato le modalità attraverso cui si è arrivati all’elezione: a volte triviali, altre pittoresche, altre deliranti. Tavecchio lo conosco e non credo sia corretto denigrare in maniera forte attraverso i giornali. Mettiamola così: se ha 71 anni avrà grande esperienza. Mi ha fatto piacere la grande attenzione dei media: si sono schierati con un’idea libera e hanno cercato di far valere le loro ragioni in maniera onesta e per il bene del calcio. Se questa attenzione resterà sempre desta, nessuno potrà permettersi errori».
In un momento come questo servirebbe unita d’intenti e la volontà di remare tutti insieme per portare il calcio italiano fuori dalla crisi. Secondo lei c’è questa volontà o prevalgono gli interessi di bottega?
«In certi casi i voti più che contati andrebbero pesati, ma la democrazia è un valore unico. Bisogna prendere atto di cosa ha detto l’urna e cercare una coesione e unità di intenti per uscire dalla situazione imbarazzante».
Se Tavecchio le telefonasse, cosa gli direbbe?
«Gli farei i complimenti, ma non darei consigli perché... sono troppo giovane».
Conte c.t.: è l’uomo giusto?
«Può fare molto bene a tutto il movimento calcistico e ai singoli giocatori. Seppur lui sia un integralista ha intelligenza e sensibilità per capire e sapersi adattare a una situazione non ideale».
Però è identificato come juventino: un problema ulteriore in un momento in cui serve massima coesione?
«Antonio è un allenatore vincente e di carattere, è normale l’acredine dei tifosi avversari nei suoi confronti. Ma sono sicuro che il 95% dei tifosi italiani vorrebbero averlo come tecnico della propria squadra e lo stesso vale quindi per l’Italia».
Per il calcio italiano è l’ultima occasione? Il gap con i più importanti movimenti calcistici europei rischia di diventare incolmabile?
«L’ultima no: la storia va avanti, la vita va avanti e le occasioni non finiscono mai. Però è un momento storico importante. In occasione delle elezioni mi auguro che tutti abbiano avuto la sensibilità di capire che il protagonista doveva essere il calcio. Capisco che in maniera subordinata ci siano gli interessi di bottega, ma il bene comune è il calcio italiano».
Cosa le piacerebbe vedere realizzato in fretta dal nuovo Consiglio federale?
«La riforma della giustizia sportiva: non è giusto che tu possa essere portato in tribunale a difenderti senza nemmeno sapere perché. E poi, parlo di Lega Pro perché sono proprietario di una squadra, va studiata meglio la norma che riguarda l’impiego dei giovani. Adesso le spettacolo è più deprimente e meno allenante».
Passiamo alla Juve. Qual è il suo valore?
«E’ una squadra da primi due posti in campionato e da prime otto in Europa. Questa è la creatura di Conte, ma Allegri ha l’esperienza per sapere come gestirla, ha idee molto innovative e molto belle. Ci può fare bene il fatto che sia arrivato qualcuno a portare qualcosa di diverso. Ma sarà determinante la nostra disponibilità, la fame e la voglia di vincere avuta gli altri anni».
Lei parlò del rischio della pancia piena nell’estate 2013 a San Francisco.
«Ed era un rischio concreto. Adesso rivincere sarà ancora più difficile. Il campionato dell’anno scorso è irripetibile per noi e per tutti quelli che verranno dopo. Però abbiamo voglia di stupire e dimostrare di saper vincere ed essere diventati grandi a prescindere dall’allenatore».
Le sensazioni sono buone?
«Siamo concentrati sull’aspetto fisico. Qualche brutta figura in amichevole ci può stare, ma la bravura dei campioni è attaccare la spina quando conta. E capire quando potersi riposare».
Com’è Allegri?
«Ha idee completamente diverse di calcio: sul modulo, su come sviluppare la manovra. Allegri è un tecnico capace e ci divertiamo ad apprendere i suoi metodi. La grande differenza la farà la nostra predisposizione».
Anche in Europa?
«Lo spirito è quello di eguagliare almeno il percorso di due anni fa quando arrivammo nei quarti di Champions. Seppure ci sia un gap con i più forti, la Juve ha un potenziale da prime otto. Piuttosto, per quanto riguarda l’anno scorso, sottolineo che arrivava da più parti un messaggio svilente sull’Europa League che era vista come una coppetta. Noi italiani a volte siamo presuntuosi e ci meritiamo di fare brutta figura».
Com’è il rapporto tra Allegri e Pirlo?
«Si confrontano sempre, anche nello spogliatoio. Sono due persone intelligenti che in un certo momento hanno avuto idee diverse».
Vidal lo vede ancora bianconero?
«Arturo lo viviamo tutti i giorni, è protagonista nello spogliatoio: un ragazzo incredibile. Oggi è uno di noi».
Galliani ha detto che Diego Lopez è il miglior portiere d’Europa.
«Fa bene a dirlo. Diego Lopez mi piace molto. Adesso ci sono tanti portieri stranieri in Serie A: penso che faccia bene alla nostra categoria confrontarci con altri tipi di scuole».
Il suo contratto scade a giugno 2015. La Juve è stata chiara: non è un problema, quando vuole Gigi può passare in sede.
«E’ vero, non è un problema. I contratti della vita li ho già fatti. Quando uno ha una carriera alle spalle come la mia deve avere la sensibilità di rispettare la propria storia. Ho fatto 13 stagioni alla Juve e sarà bello proseguire se anche la società sarà d’accordo».
Vorrebbe chiudere a 41 anni come Zoff?
«Non ho mai guardato agli altri per emularli o superarli. Gli obiettivi li ho sempre posti per me stesso, per cercare di essere felice, per scrivere pagine importanti per il calcio. Io ho cominciato molto prima di Zoff. Se arrivo a 40 e non a 41 è lo stesso».
Avrà un futuro dirigenziale?
«Noi giocatori abbiamo la presunzione di pensare che se sei stato grande in campo devi pensare di avere un ruolo dirigenziale importante. Sbagliato. Bisogna fare ciò che si merita e si è capaci. La prima cosa che farò quando smetterò di giocare sarà dedicarmi a me stesso, cioè approfondire gli studi per un lavoro futuro. E per certi versi non vedo l’ora di smettere. E’ un’urgenza di vita che per adesso devo rimandare perché ho una missione più importante: onorare la mia carriera e il mio impegno con la Juve. Ma io ho voglia di conoscere, scoprire, migliorarmi. Voglio essere competitivo e pronto a tutto fuori dal campo. La vita è una e più riesci a viverla e a formarti, più diventi migliore».
Nel 2018 potrebbe partecipare al suo sesto Mondiale: sarebbe un record assoluto. Dopo la brutta fine del Mondiale brasiliano è aumentato il suo desiderio di arrivare fino a lì?
«Dall’infortunio del 2010 non faccio programmi a lunga scadenza ma anno per anno. E’ un buon modo di ragionare: l’emozione, la grinta e la cattiveria sportiva migliorano le mie prestazioni. Se dovessi arrivare a 40 anni e fare il sesto Mondiale sarebbe davvero una cosa incredibile. Siamo in tre ad averne giocati cinque, ma sei Mondiali non li ha fatti mai nessuno. Meglio non pensarci, anche perché questi quattro anni saranno molto duri. Mi perdonavano già poco prima dicendo che ormai ero vecchio. Adesso ho 36 anni e vedere che non peggioro rompe le scatole a qualcuno».