Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  agosto 17 Domenica calendario

MORTI IN OSPEDALE, DENUNCE RADDOPPIATE

Raddoppiati in un anno i casi di malasanità denunciati alla Procura di Roma. Due esposti su tre sono stati archiviati ancora prima di arrivare a processo. Secondo i pm dietro questo trend si nasconde spesso la ricerca di un mero interesse economico da parte dei familiari dei pazienti. «Negli ultimi anni è aumentato in modo esponenziale il numero delle denunce per colpe mediche - spiega il procuratore aggiunto Leonardo Frisani - Una grossa fetta di questi esposti sono finalizzati a ottenere esclusivamente un risarcimento del danno. Eppure la giurisprudenza sulla materia è stringente. Non è sufficiente che i medici abbiano commesso un errore nell’esercizio della loro professione. È necessario che le lesioni arrecate al paziente o il suo decesso siano causate da quell’errore. Serve in sostanza un nesso di casualità tra la morte e l’errore medico».

Nel 2013 ci sono state 136 denunce per presunti casi di malasanità, sfociati nell’apertura di 71 fascicoli per omicidio colposo e 65 per lesioni colpose. Per la prima e più grave fattispecie di reato, 40 procedimenti si sono conclusi con l’archiviazione e 31 con il rinvio a giudizio. Per la seconda fattispecie di reato, solo il 37% dei casi è arrivato a processo, gli altri sono stati archiviati. I dati relativi al primo semestre del 2014 sono ancora più significativi della crescita del numero delle denunce a carico delle strutture sanitarie e del contestuale aumento dei procedimenti che si concludono con un’archiviazione. Da gennaio a giugno sono arrivati in Procura 142 esposti: in soli sei mesi è già stato superato il totale dell’anno scorso. Dei fascicoli in cui i camici bianchi erano indagati per omicidio colposo, il 60% è già stato archiviato. La percentuale sale ancora di più quando ai medici viene addebitato il reato di lesioni colpose. Su 74 procedimenti aperti, soltanto il 28% ha portato a un rinvio a giudizio. Questa cifra va poi scremata ulteriormente, con i dati dei processi che in sede di dibattimento davanti al Tribunale si concludono con l’assoluzione degli imputati.

«La pioggia di denunce per presunte malpractice - spiega il procuratore aggiunto di Roma Leonardo Frisani - ha portato i camici bianchi ad applicare la strategia della medicina difensiva. Per mettersi al riparo da un eventuale incriminazione per lesioni o omicidio colposo vengono prescritti ai pazienti tantissime analisi cliniche e accertamenti diagnostichi spesso inutili, con inevitabili costi sul Servizio sanitario». A tutto ciò si somma il fatto che le polizze assicurative contro gli errori medici sono sempre più salate, tanto che alcuni ospedali italiani si auto-assicurano, accantonando per proprio conto dei fondi per gestire le richieste di risarcimenti. E, anche quando si rivolgono ad un assicuratore, lo fanno ormai solo per coprire i sinistri di maggiore entità.

Il sospetto è che dietro l’incremento di denunce contro i medici si nasconda una lobby che lucra sulla disperazione. Proliferano le pubblicità di associazioni e studi legali specializzati in questo ramo che prospettano un lauto risarcimento. «È aumentata la conflittualità - conferma Roberto Crea, segretario di Cittadinanzattiva Lazio - Da un lato, in un momento di crisi, la gente è più arrabbiata e vuole farla pagare al medico. Dall’altro lato c’è una spinta a fare ricorso alla giustizia da parte di associazioni di consumatori o gruppi di avvocati. Tutto questo porta alla medicina difensiva, che costa miliardi al Servizio sanitario, e alla fine il paziente non è che si salva, ma costa di più». «Occorre ripartire dal principio - aveva spiegato il procuratore della Corte dei conti del Lazio, Raffaele De Dominicis, durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2014 - che il diritto alla salute non implica sempre il diritto alla guarigione e che la responsabilità medica resta comunque obbligazione di mezzo e non di risultato».