Vittorio Sabadin, La Stampa 17/8/2014, 17 agosto 2014
FRA QUEI TAVOLI IN MEZZO AI FUMI È STATA SCRITTA LA STORIA DEL REGNO
Al numero 145 di Fleet Street c’è uno dei luoghi più suggestivi di Londra. Lo «Ye Olde Chesire Cheese» era lì già nel 1530, fu distrutto dal Grande Incendio del 1666 e ricostruito un anno dopo. Fuori dalla porta è appeso il lungo e fugace elenco di monarchi che hanno regnato in Inghilterra da quando il pub esiste. Ha piccole stanze buie, collegate da ripide scale. D’inverno è riscaldato da piacevoli caminetti accesi. Quando in Fleet Street c’erano i giornali era tra i luoghi preferiti dai giornalisti, ma anche dai giudici e dagli avvocati che abitano o hanno lo studio nel vicino Temple, un altro dei posti più affascinanti e misteriosi della città.
E’ incredibile quanta storia e arte e letteratura siano passate nei pub di Londra. Ci si siede per una birra e si possono immaginare i propri scrittori e poeti preferiti, ancora seduti al tavolo vicino. «Ye Olde Chesire» era frequentato da Samuel Johnson, che abitava a pochi passi, vicino a dove è stato eretto il monumento a Hodge, il suo gatto. Ci andava Charles Dickens, che vi ha ambientato un episodio di «Una storia tra due città» e stava seduto per ore a studiare volti e modi della gente, per ricopiarli poi su Fagin, Bill Sikes, Scrooge. Ci si fermava sempre Mark Twain, quando era a Londra, e lo frequentava Arthur Conan Doyle, il cui Sherlock Holmes indagava spesso nei vicini dock del Tamigi. Per 40 anni, all’ingresso, un pappagallo chiamato Polly ha salutato i visitatori. E’ morto nel 1926, ed era così famoso che più di 200 giornali nel mondo ne hanno pubblicato un commosso necrologio.
Lungo il fiume, dopo il Tower Bridge, è ancora aperto al numero 62 di Wapping High Street il «Town of Ramsgate», dove si incontrarono il capitano William Bligh e Fletcher Christian prima di partire sul Bounty, la nave che li vide protagonisti del più famoso ammutinamento della storia. Poco lontano, visibili anche dal battello che porta a Greenwich, ci sono «The Shippe», ribattezzato banalmente «Mayflower» negli Anni 50, dal quale nel 1620 salparono verso l’America i Padri pellegrini, e la terrazza di un pub dal quale si assisteva alle impiccagioni dei pirati. Captain Kidd ha dato il suo nome al locale e vi ha bevuto l’ultima ale della sua vita.
Londra è piena di pub imperdibili. Nella «Fitzroy Tavern», a Fitzrovia, scrivevano George Orwell e Dylan Thomas. Al «Crown and Anchor», ora «Crown Tavern», a Clerkenwell Green, si sono incontrati Josef Stalin e Vladimir Lenin. Al «Ten Bells» di Spitalfields Annie Chapman sorseggiò il suo ultimo bicchiere, prima di essere uccisa da Jack lo Squartatore.
In tutto il paese, molte insegne dei pub sono misteri lessicali divertenti da risolvere. Spesso, sono traduzioni maccheroniche di parole straniere. La vittoria di Enrico VIII sui francesi a Bouologne Bouche fece nascere molti «The Bull and the Bush»; l’Infanta di Castiglia venne storpiata in «Elephant and Castle»; «The Bag o’Nails» è una spassosa alterazione di «baccanali».
I vetri di quasi tutti i pub inglesi sono oscurati perché non si possa vedere all’interno: ancora sopravvive quell’immeritata fama di luoghi equivoci e scioperati, nei quali ogni vizio, dall’alcol al gioco, può trovare sfogo. Ma non è così: le licenze sono state concesse per lungo tempo solo a persone di provata moralità, i “landlord”, in gran parte ex poliziotti o militari che avevano lasciato il servizio. Dovevano gestire i locali personalmente ogni giorno e assicurare che decoro, pulizia e tradizioni fossero rispettati.
Oggi i grandi produttori di birra stanno acquistando i pub a dozzine e li fanno gestire da manager in carriera che spesso ne vendono l’anima in cambio di soldi. E’ un peccato: anche un vecchio tavolo e una birra possono raccontare più cose dei libri e dei musei, se si ha voglia di ascoltarli.