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 2014  agosto 17 Domenica calendario

DA HITLER ALLE SIRENE LE SPARATE M5S MA IL MOVIMENTO È SEMPRE PIÙ ISOLATO


ROMA Cosa resterà del grillismo? Un campionario sterminato di sfondoni, sparate, gaffe. Dalle Sirene a Hitler: un lungo elenco di scivoloni, un tratto distintivo di questo passo del carattere 5Stelle. L’uscita a piede libero del deputato romano Alessandro Di Battista, e che a molti è sembrato un sostengo ai terroristi, è insomma l’ultima di una lunga serie. E se fino a qualche mese fa certe uscite sgangherate potevano passare inosservate, messe in secondo piano, catalogate come l’assalto della «stampa nemica», dal tonfo delle Europee in poi gli sfondoni dei parlamentari grillini sono diventati un tormentone anche per gli iscritti del web. Chi un anno e mezzo fa li ha votati con un clic, se potesse tornare indietro, chissà, forse opterebbe per il comando elimina file.
OLTRE IL MITO
É come se alla comicità volontaria del «capo», all’istrionismo di Beppe Grillo, qualcuno avesse voluto aggiungere nel copione la comicità involontaria dei suoi seguaci. Ecco allora il leader che si paragona al Furher, «io oltre Hilter» e l’ex capogruppo alla Camera Roberta Lombardi che gli fa il verso salvando il fascismo buono da quello cattivo. Esempio compiuto di revionismo last-minute. Ma lì dove il tasso di inafferabilità raggiunge il suo zenit è quando la deputata Tatiana Basili, chiede se non è arrivato forse il momento «di ammettere che le Sirene esistono davvero». Stop. Fine e riscrittura del Mito. E per fortuna nessuno l’ha presa sul serio proponendo magari una commissione d’inchiesta: le Sirene nel calderone dei misteri italiani rimasti senza colpevole.
E che dire di Salvatore Gallina che chiese lo stop all’import del grano saraceno? E di Vito Crimi, per tutti «Vito lo smentito», che arrivato in ritardo alla Commissione per le Immunità si giustificò dicendo «mi sono perso nel Palazzo».
NON PERVENUTI
Ecco. L’idea del parlamentare smarrito, del pianeta disperso, non pervenuto, è quella che forse più si addice ai grillini. Roberto Cotti, anche lui in ritardo, ma questa volta «perché non si trova in tutto il quartiere un posto dove parcheggiare la bici». Alessandro Tacconi che si lamenta, perché «5 mila euro per vivere in Svizzera sono pochi», Bartolomeo Pepe che inventa «il pallometro», sfera che si illumina quando il tempo delle assemblee si allunga all’infinito. Sara Paglini che condannò «il regime violento del dittatore cileno Pino Chet». Con i grillini in Parlamento si sconfina nel metafisico, ci si libera dall’impaccio del reale. Sentire Paolo Bertini dire che «in America hanno già cominciato a mettere i microchip all’interno del corpo umano» e pensare ai 5 Stelle come a degli Avatar è un tutt’uno. Il livello di sopportazione digitale in certe periferie del web frequentate assiduamente dai 5 stelle più critici ormai è pari a zero. Il carosello di portavoce che si avvicendano a rotazione alla Camera e in Senato, prima di essere un esempio di moto perpetuo e di democrazia rappresentano la certezza che il capo è uno solo: lui Beppe Grillo, il re dei sermoni. Colui che dice: «Non venite a rompermi i coglioni sulla democrazia, io mi sto stufando, mi sto arrabiando seriamente. Abbiamo una guerra da qui alle elezioni, se c’è qualcuno che dice che io non sono democratico, che Casaleggio si tiene i soldi, che io sono disonesto, allora prende e se ne va fuori dalle palle. Se ne va, se va dal Movimento». E ci sarebbe anche Nick il Nero, l’ex camionista trasformato in comunicatore che mette la mordacchia al senatore Airola intimandogli di tacere. E Claudio Messora, il blogger più temuto dai senatori grillini che lo accusano di controllarli, per il quale Preiti, lo sparatore che ferì un poliziotto a palazzo Chigi, sarebbe solo un sicario della ‘ndrangheta assoldato per infangare i grillini.
L’INTIFADA VERBALE
Il fallimento della linea dialogante, quella interpretata per intenderci dal vice presidente della Camera, Luigi Di Maio, ha fatto il resto. All’apertura a Renzi è seguita la chiusura ermetica. E alla chiusura la strategia dell’insulto, l’intifada verbale che ha spinto di nuovo verso l’isolamento. La linea - se di linea di può parlare - la dettano sempre i due guru, Grillo e Casaleggio. Più che una sovrapposizione al Movimento, una presenza extracorporea. Arginata la crisi di rigetto, esposti al castigo biblico, espulsi e messi alla gogna come disertori i dissidenti, a ubbidire sono rimasti i più docili e servizievoli, pronti a piegarsi all’affabulazione nevrotica del blog parlante, al controllo dei talebani. I pochi che avevano osato contestare i «capi», mettere in discussione la scelta inconcludente dell’Aventino, sono stati costretti a mimetizzarsi tra i duri e puri. Mimetismo da salamadra. Confessato in privato e negato un secondo dopo. Il nemico ti ascolta.