Daniela Polizzi, Corriere della Sera 17/8/2014, 17 agosto 2014
ZHOU, BANCHIERE DA TOP TEN DOPO LA CORSA AL MADE IN ITALY
Zhou Xiaochuan, 66 anni, da dodici è il governatore della People’s bank of China. Avrebbe dovuto andare in pensione nel 2012, come previsto per i dirigenti delle istituzioni pubbliche. Ma il premier Li Keqiang e il presidente Xi Jinping lo hanno trattenuto al vertice della banca centrale perché lo ritengono un grande talento al servizio dello Stato. In effetti Zhou ha colto tutte le migliori occasioni in Europa, ritenuta da Pechino un mercato più «simile» rispetto agli Stati Uniti. In Italia ha fatto caccia grossa. Nel giro di sei mesi la sua People’s bank ha messo sul piatto 3,1 miliardi su Piazza Affari. Prima con la strategia dei piccoli passi per non far lievitare il prezzo delle azioni. Poi, ha scoperto le carte e a raffica ha investito in Eni, Enel, Fiat-Chrysler, Telecom Italia, Prysmian. L’ultimo affare è di dieci giorni fa, con una puntata da 460 milioni su Generali di cui ha messo in portafoglio il 2,014%. Tanto che la Banca del Popolo è stata la new entry della classifica «Borsa 2014» pubblicata da MF-Milano Finanza (in base ai valori del 6 agosto). Un ranking scalato fino a piazzarsi all’ottavo posto.
Difficile fare i calcoli complessivi, perché non tutti gli investimenti in Borsa superano il 2%, la prima soglia rilevante per le comunicazioni alla Consob. Ma si stima che il valore del portafoglio di aziende quotate italiane arrivi a sfiorare 8 miliardi. È probabile che il flusso continui, alimentato da un’altra tappa politica prevista a metà ottobre con l’arrivo del premier Li Keqiang. Incontro che segue a ruota la trasferta a Pechino del presidente del consiglio Matteo Renzi e del ministro Pier Carlo Padoan. Già, perché per Pechino l’incrocio tra investimenti e incontri politici è sempre stato il presupposto chiave. Soprattutto adesso che la Cina non vuole fare solo affari borsistici ma tratteggiare con il Paese scelto una strategia di investimenti.
Keqiang e Jinping hanno visto giusto a scommettere su Zhou. Ha spinto la banca centrale a investire nei paesi che escono a stento dalla crisi e le cui aziende in Borsa hanno ancora molto margine di guadagno, com’è successo in Italia. Oppure a fare investimenti da miliardi di euro in Grecia per comprarsi i lotti migliori del nuovo Porto del Pireo, prescelto come testa di ponte per gli scambi con l’Europa. Natali nella provincia dello Jiangsu, a nord di Shanghai, il governatore è figlio d’arte, o meglio, comne viene definito, un «principe rosso». Il padre Zhou Jiannan è stato uno dei primi aderenti al Partito comunista cinese, poi dirigente dello statale Ufficio industriale del Nord est. E dopo la Rivoluzione culturale, è diventato ministro del Dipartimento industriale. Il figlio Xiaochuan è entrato all’ Istituto di tecnologia chimica di Pechino, selezionato come Gong Nong Bin , cioè come migliore studente tra lavoratori, agricoltori e militari, secondo i criteri della Rivoluzione. Da lì, l’ascesa: dottorato in ingegneria economica alla Tsinghua University, la più prestigiosa della Cina. È nato troppo presto per studiare negli Usa ma oggi il manager recluta soprattutto giovani con lauree d’Oltreoceano. Fa parte di quella che viene chiamata la «seconda generazione rossa». Dirigenti statali pragmatici, aperti al mercato, abituati a pensare «outside the box», fuori dagli schemi del passato. Tutti chiamati a riformare il Paese, aumentare i consumi interni, dipendere meno dagli Usa e approfittare delle occasioni nei Paesi d’Europa che hanno un enorme bisogno di investimenti stranieri.