Maria Laura Rodotà, Corriere della Sera 17/8/2014, 17 agosto 2014
QUEI CAMION ITALIANISSIMI CHE RIFORNISCONO GLI AMBULANTI
«Ehi!», ha indicato S. «Quei furgoni che scaricano roba per gli ambulanti hanno tutti sulla fiancata la scritta “Cannavacciuolo”. Non mi pare tanto un cognome senegalese». Insomma, il cognome non era Cannavacciuolo, ma era simile. Dagli italianissimi furgoni uscivano manufatti di origine incerta, lì al limitare di una pineta alto-maremmana, e venivano consegnati a signori dall’aria africana. Quelli che il ministro dell’Interno definisce «vu’ cumprà». Quelli che i commercianti avversano, a ragione, loro emettono scontrino, spesso. Che i benpensanti accusano di ogni colpa, salvo poi ammazzare il tempo in spiaggia mercanteggiando con loro e dandogli del tu e sentendosi come Miss Rossella in Via col vento. Ogni estate gli ambulanti vengono stigmatizzati; si parla molto di loro sui media. Quasi mai si sente/legge/prende atto con soddisfazione che le forze dell’Ordine hanno sventato un racket della produzione/vendita di merci taroccate. Quando si parla di vendite abusive da spiaggia, tutti sembrano tacitamente convinti che vengano prodotte nottetempo dai venditori stessi nei loro accampamenti disgraziati. Ma forse no. Forse prendersela con la manovalanza che gira sotto il sole carica di false Vuitton è un po’ come accusare gli operai dell’Ilva (loro regolari; neanche loro entusiasti) di aver inquinato Taranto. Qualcuno/a preferirebbe di no. Preferirebbe sentirli chiamare in modo non razzista. Preferirebbe ce ne fossero pochi o zero, anche, esiste una minoranza non irrilevante di femmine che detesta in egual misura le borsette, i parei e i rompiscatole; per dire. Preferirebbe sentire statisti (vabbè) dichiarare di essere stanchi dell’illegalità organizzata, non di venditori poveracci (negli autogrill del Sud i vu’ cumprà che ti assalgono sono italiani, poi; sempre per dire).