Marco Ventura, Corriere della Sera 17/8/2014, 17 agosto 2014
IL MARCHIO DI STERMINIO SULLE PORTE DEI CRISTIANI E L’INFAMIA DEGLI ISLAMISTI
Una «U» sormontata da un punto, chiusa in un cerchio. Per lo più in vernice rossa. È la sigla usata per marcare le case abbandonate dai cristiani in fuga a Mosul, a Qaraqosh e in altre località cadute sotto il controllo del «califfato» dell’Isis. Il segno corrisponde a una «N» araba che sta per «nasrani» e intende designare i nazareni, i cristiani. È spesso accompagnato dalla scritta «Proprietà dello Stato islamico dell’Iraq». La legge islamica interpretata dagli uomini dell’Isis a uso del proprio delirio di purezza nega ogni diritto all’infedele. La violenza alle cose è parte integrante della violenza alle persone. Si profanano i luoghi sacri, si rimuovono le croci, si confiscano le case, si condonano i debiti dei sunniti verso i «nazareni». Sotto le «N» rosse scorre la colonna sonora della persecuzione: il frastuono delle armi e dei proclami fondamentalisti; ma anche il silenzio delle suppellettili lasciate indietro da chi è fuggito, delle campane che non suoneranno più. Il giorno di Ferragosto alcuni profughi di Qaraqosh hanno celebrato l’Assunzione della Vergine nella chiesa cattolica londinese di Brook Green. La loro devozione a Maria protettrice, custodita per secoli dalle comunità della piana di Ninive, si fonda su una sapienza antica. Nella notte dell’Esodo, il sangue dell’agnello cosparso sugli stipiti delle porte preservò le case degli israeliti dal passaggio dell’Angelo del Signore. E condannò le case degli egiziani. I cristiani di Mosul e di Qaraqosh abitano la Storia della Salvezza. È più forte delle «N» di vernice rossa chi è sfuggito all’Angelo sterminatore.