Marco Nese e Guido Olimpio, Corriere della Sera 17/8/2014, 17 agosto 2014
MITRAGLIATRICI, NIENTE BLINDATI: COSA PUÒ INVIARE L’ITALIA
L’11 agosto l’aviazione del generale libico Haftar ha colpito al largo della costa di Derna una nave con un carico di armi. Venivano dalla Siria ed erano destinate agli islamisti di Al Ansar. Rotta inversa a quella seguita fino a un paio d’anni fa, quando il materiale per gli insorti siriani arrivava proprio dagli arsenali saccheggiati di Gheddafi. Un episodio che spiega quanto possa essere articolato il traffico bellico. Un giro destinato ad aumentare con la necessità di aiutare i curdi dell’Iraq.
Molti Paesi occidentali sono pronti a dotare i peshmerga di nuovi armamenti per contrastare i jihadisti dell’Isis. Il Kurdistan iracheno ha comprato da tempo equipaggiamento di origine mista. Ci sono gli anti-carro Tow, i fuoristrada Humvee e blindo Mrpa di concezione statunitense accanto ai carri armati T-55 dell’era russa. I militari usano l’eterno kalashnikov ma anche l’M4 americano. Dunque la risposta deve essere per forza diversificata. Per questo gli alleati contano su fonti di approvvigionamento complesse: 1) Il mercato «libero» che poggia essenzialmente sulle fabbriche dell’Est Europa. Molto citate Bulgaria, Croazia e Serbia. 2) Gli stock gestiti dall’intelligence. Famoso Camp Stanley, in Texas, a disposizione della Cia. 3) I depositi costituiti in vista di un aiuto agli insorti siriani e dai quali è possibile pescare. Sembra che la Giordania ne abbia aperto qualcuno. Una cornice larga, che lascia spazio ai mediatori indispensabili per accelerare i passaggi.
Gli Stati Uniti dovrebbero fornire all’esercito curdo mezzi blindati — oltre a quelli ceduti da un paio d’anni — sistemi anticarro, apparati di comunicazione e probabilmente piccoli droni. La Gran Bretagna ha promesso molto: si parla di Javelin antitank, giubbotti antiproiettile. La Germania invierà mezzi blindati, caschi, radio e rilevatori di mine. La Francia, scattata per prima, ha assicurato «materiale sofisticato» ma non ha rivelato per ora di cosa si tratti. La Repubblica Ceca e il Canada hanno approntato 4 aerei cargo: saranno riempiti di fucili d’assalto e munizioni.
Anche l’Italia si sta muovendo. L’arma principale che Roma è pronta a consegnare ai curdi è la mitragliatrice Beretta Mg 42/59. È un’arma di antica concezione tedesca e sviluppata in seguito dalla «casa» italiana in una versione più moderna. Attualmente è usata solo da unità di carabinieri e polizia in servizio lungo le coste che la montano su veicoli e su mezzi navali. Invece l’Esercito ha sostituito la Mg con la più maneggevole mitragliatrice Minimi. Di conseguenza sono disponibili nei magazzini numerose Mg che potrebbero formare il grosso degli armamenti offerti ai curdi. Per il momento allo stato maggiore della Difesa hanno compilato un quadro del materiale disponibile, ma avvertono di essere «in attesa di una decisione politica sia di Bruxelles che di Roma per capire bene quanto armamento e di che tipo si attende che l’Italia fornisca». È comunque esclusa la possibilità di inviare blindati e mezzi pesanti. È presa invece in considerazione l’ipotesi di mandare sistemi d’arma terra-aria da impiegare, ad esempio, per colpire elicotteri.
Su questa filiera peserà in qualche modo il giudizio di due governi interessati. Il primo è, ovviamente, quello dell’Iraq che per oltre un anno aveva posto il veto sulle forniture ai curdi. Ora hanno dato il permesso in quanto non avevano scelta davanti alla progressione dei seguaci del Califfo. Il secondo è l’esecutivo turco che, oltre ad appoggiare discretamente gli islamisti, ha sempre manifestato grandi timori verso un riarmo curdo. Questo perché in alcune zone nel nord dell’Iraq agiscono i guerriglieri del Pkk, simbolo del separatismo curdo in Turchia e duri avversari dell’Isis. Ad Ankara, che pure ha avviato un difficile dialogo con i ribelli di Ocalan, non vogliono che le vie infinite delle armi finiscano per rafforzare anche il Pkk. Tutto è possibile. L’episodio di Derna che abbiamo raccontato ne è la prova.