Conchita Sannino, la Repubblica 17/8/2014, 17 agosto 2014
CESARO: «ESCO DALL’INCUBO E ADDIO POLITICA»
«Scusi, sono stato travolto dalle telefonate. E il primo è stato Renato Brunetta: mi ha chiamato ancora prima che fosse ufficiale la decisione del Riesame». Luigi Cesaro ora sorride, riceve, ha appena abbracciato i due fratelli neo scarcerati, e i genitori ottantenni. Ma non vuole stravincere. Sa che «con le inchieste e i processi ci vuole anche fortuna». Poi sottolinea che pensa di lasciare la politica: nel 2018, beninteso, alla scadenza del quinto mandato da parlamentare. «Ho sempre avuto fiducia nella magistratura. E sono davvero sereno. L’incubo è finito, ma sono stati pesanti questi anni».
Deputato Cesaro, al di là di questa sua vittoria, non pensa di dover rispondere di alcune condotte? Anche per il Riesame, il pentito Vassallo dice che tra Lei e il potente camorrista Luigi Guida c’era «una pregressa e consolidata familiarità».
«Ma non scherziamo: io, questi personaggi, Guida o Vassallo, non li ho mai visti. Ora il Riesame ci dà ragione».
Sicuro di aver mai incrociato Guida, detto ‘o Ndrink, e Vassallo, l’imprenditore dei rifiuti?
«No, assolutamente».
È più sollevato per com’è andata adesso o più cauto per quello che potrebbe ancora arrivare dalle indagini?
«Mah. Mi auguro che non succeda più niente. Sto a posto con la coscienza».
Lei è ancora molto potente, ma un ciclo è finito e forse lo sa. Due giorni prima dell’invio alla Camera della richiesta di arresto, aveva chiesto ai suoi colleghi di autorizzare il carcere. È sempre dell’idea di ritirarsi dalla politica?
«Ah sì. Ho avuto e dato tanto alla politica. Sono al quinto mandato, ho fatto il parlamentare europeo, il presidente di Provincia, il coordinatore. Cosa voglio di più?».
Solo un erede, suo figlio Armando: che è già l’ombra del coordinatore regionale De Siano, è tra i coordinatori dei giovani di Fi, punta a un seggio in Regione l’anno prossimo ed è nel cerchio magico per intercessione di lady Pascale.
«A mio figlio Armando la politica piace, sì. Però è rimasto segnato anche lui, da quello che è accaduto a me e agli zii».
Cesaro, lei era un giovane avvocato di Sant’Antimo quando fu accusato di collusioni con i “cutoliani”. Condannato in primo grado, assolto in appello e in Cassazione. Non pensa di aver intrapreso la politica frequentando gente pericolosa? L’ergastolano Raffaele Cutolo dice in un’intercettazione che Lei gli faceva da autista.
«Ma che sciocchezza, ho già risposto a queste cose. Invece quegli anni Ottanta furono anni tremendi. Fecero un attentato a mio zio, tenevano nel mirino mio padre. Io certo, potevo evitarmi qualche contatto, ma come avvocato ero quasi obbligato ad averci a che fare. Ovviamente, se tornassi indietro non lo rifarei. Ma stiamo in territori particolari, difficili».
Intende: sotto il dominio della camorra.
«Eh, sì».
Cesaro, non sarebbe stato meglio se i suoi fratelli imprenditori avessero fatto affari lontano da lei?
«Un po’ l’avevo detto ai miei fratelli: ma siete sicuri?, cercate di lavorare più fuori che qui, voi sapete com’è il mio ambiente».
A giugno scorso, qualcuno ha piazzato una bomba sotto il facoltoso centro diagnostico Igea, di proprietà di suo fratello. Possibile che da quando la sua famiglia è finita sotto inchiesta non siete più intoccabili, per la camorra?
«No, escludo ogni collegamento. Ma, certo, quell’attentato ci ha sconvolto tutti. Mio fratello pensa anche di lasciare Sant’Antimo e non è escluso che lo faccia anche io».
Pensa mai all’opposto destino processuale toccato al suo ex sodale Cosentino, ancora in carcere per la seconda volta?
«Sapesse come ci ho pensato, in questi giorni. Sono proprio dispiaciuto per lui. Abbiamo fatto insieme un percorso di tutto rispetto. Che devo dire? Nella vita ci vuole fortuna, anche in queste cose ce ne vuole, tanta».