Francesco Merlo, la Repubblica 17/8/2014, 17 agosto 2014
IL KISSINGER DI BEPPE
Meglio i diavoli o i minchioni? C’è anche l’elogio babbione del terrorismo dell’Isis («sola arma rimasta a chi si ribella») adesso. C’è anche l’elogio babbione del terrorismo dell’Isis dentro ai lunghi e scombiccherati manifesti di politica estera di Alessandro Di Battista, il Kissinger di Beppe Grillo, ispirato alle e-patacche del Web, università Casaleggio Associati. Nulla a che vedere con i mille Satanasso d’antan a cui eravamo abituati e che erano ispirati a cattivi maestri blasonati d’accademia. Gli amici di Gheddafi, di Saddam, di Khomeini, di Fidel Castro e del sub comandante Marcos, ma anche
i nazimaoisti, i Nar filo falangisti libanesi, e gli antisomozisti di Terza Posizione, i filobrigatisti e i simpatizzanti di Pol Pot sino ai troskisti e ai figli di Stalin erano tutti armati di libri veri, dai classici maltrattati di Gramsci e Togliatti, e poi Foucault ed Althusser, passando per la tigre Evola, per De Benoist e per I Proscritti di Von Solomon sino ai Nomadi di Attali e all’ Impero di Toni Negri.
E invece Di Battista che è, nientemeno, il vicepresidente della Commissione Esteri della Camera, ritrova nel messianesimo squinternato di Casaleggio il brodo della destra antiamericana contro le multinazionali e contro l’Occidente dentro al quale era cresciuto grazie al papà ultramissino. E frullandolo con vecchi fantasmi di sinistra e con l’antisemitismo di Grillo qua e la persino si imbatte – per errore – in qualcosa di vero, ma non ha più bisogno di citare Marx o Heidegger perché ha ben altri maestri: «come disse Beppe Grillo in uno dei suoi spettacoli illuminanti...».
Dunque Di Battista, che ha raccontato le sue avventure d’autostop in Centroamerica con un libro inchiesta intitolato Sicari a cinque euro edito da Casaleggio, ieri ha appunto pubblicato sul blog della casa il libretto rosso della politica estera grillina che, senza offesa, non è possibile prendere sul serio né con l’indignazione né con l’analisi critica neppure per demolirlo benché cominci subito con un errore blu definendo «tre popolazioni» i curdi, i sunniti e gli sciiti, che in geopolitica è come scrivere squola con la q.
La verità è che si tratta di un insaccato misto del cattivo umore e dell’irresponsabilità del web, dove c’è ovviamente la Cia, perché non c’è bomba e non c’è delitto e non c’è dittatore che Di Battista non attribuisca alla k di Amerika: «Mi domando per quale razza di motivo si prova orrore per il terrorismo islamico e non per i colpi di stato della Cia». E così evoca un gorgo, un maëlstrom di schifezze, che coinvolge Opec, United Fruit company, Eni, Cosa Nostra, Enrico Mattei, Buscetta, Giovanni Falcone, Mauro De Mauro, Donald Rumsfeld, l’11 settembre «che è panacea per il grande capitale americano»... È una grandine di acronimi, sigle e nomi che piovono come droni: i Paesi dell’ALBA, il Ttip, l’Iraq Petroleum Company, Qasim, le sette sorelle, il Desert storm, e ancora Lockheed Martin, Boko Haram, Al-Bakr... È insomma una specie di parodia del linguaggio da Foreign Office a cura di Beppe Grillo, un goliardico copia-incolla alla Travaglio, che è forse l’unico tazebao a cui questi jihadisti a 5 stelle si appoggiano, la sola prosa scritta fuori dal web che frequentano: Travaglio è il loro Althusser.
Senza addentrarci nel già noto antisemitismo di Grillo, ovviamente riecheggiato da Di Battista, e nel solito, ormai scontato verminaio di disprezzo, insulti e gogne, è giusto ricordare come attenuante clinica l’autobiografia da Chatwin samaritano di cui va fiero questo povero deputato che al posto dei terroristi dell’Isis avrebbe «una sola strada per difendermi a parte le tecniche non violente che sono le migliori: caricarmi di esplosivo e farmi saltare in aria in una metropolitana».
Sempre in giro in Patagonia, Cile, Bolivia, Amazzonia, Ecuador, Colombia, Perù e Nicaragua... è stato «cooperante in Guatemala » e nessuno sa cosa significa ma ha un bel suono da grillino planetario, ovviamente in
autostop, ben al di là del famoso «giro e vedo gente» di Nanni Moretti. Ancora più denso di umanità grillina è l’autoqualifica di «specialista di microcredito in Congo». Ma ecco il più misterioso e dunque affascinante lavoro di Di Battista: «Ho curato progetti di sviluppo nei Paesi australi».
Laureato in spettacolo a “Roma Tre”, avrebbe voluto fare l’attore e dunque tentò, purtroppo invano, un provino per Amici. Gli è però rimasta la voglia di farsi protagonista: «Sono pronto a fare il premier» disse a Daria Bignardi. E ha infatti partecipato a tutte le zuffe politiche riprese dalla televisione. Provocare per apparire è il disturbo catodico che lo rende mattacchione, pronto a dare dell’indecente alla Boldrini o a scrivere appunto l’elogio dei macellai dell’Isis, di cui vi risparmiamo altri particolari, ma anche a battersi per fare una legge «contro la bistecca», «perché la carne fa male», e può ben dirlo lui che dice di essersi «occupato di Diritto dell’alimentazione per conto dell’Unesco».
Tutti lo ricordiamo quando al troppo mite Roberto Speranza ripeteva, come un invasato: «Tagliati lo stipendio, tagliati lo stipendio, tagliati lo stipendio. Gli italiani hanno fame e voi gli avete tolto il pane». E subito dopo, fisso sulla telecamera, con un’intransigenza da eroe nazionale: «Guardategli gli occhi, io li ho visti. Bisogna guardare gli occhi a questa gente per capire che vogliono fare gli interessi dei banchieri». Insomma è un picchiatello il grillino al quale ora piace il Califfato e vorrebbe «trattare con i tagliagole, elevarli a interlocutori» perché il terrorista «non è un soggetto disumano con il quale non si può parlare...». Ecco: con la mafia no, con Berlusconi mai, ma con l’Isis Di Battista offre lo streaming...
Abbiamo avuto nel nostro Parlamento diavoli in forma di ladri e di mafiosi, ora abbiamo i Giufà e i Bertoldo di cui Di Battista è in fondo il caso limite, il più goffo e il più ingenuo nella nuova classe dirigente di pasticcioni e di inadeguati velleitari. Ed è il solo che nessuno prenderà sul serio nella dilagante minchioneria infantile che è la fase terminale della crisi italiana. Meglio i diavoli dei minchioni.