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 2014  agosto 15 Venerdì calendario

CONFESSO: SONO UN GUFO E INSIEME AI MIEI SIMILI PORTO JELLA AL PAESE

Questa è la confessione di un gufo. Poiché non si riesce a trovare un responsabile politico del declino italiano di questi venti anni, mi offro spontaneamente: è colpa mia. Per la verità, non solo mia, ma anche della strenua minoranza di italiani che da anni non crede ai miracoli economici propiziati dagli uomini della provvidenza di turno. Fra noi ci chiamiamo gli «apoti», quelli che non se la bevono, per citare Prezzolini. Ma Berlusconi ci chiamava «quelli che remano contro» e Renzi ha trovato una definizione ancora più infantile dunque efficace per i media: i gufi.
Perché questo siamo: gufi, piccoli, antipatici ma potentissimi jettatori. Per vent’anni abbiamo ingannato il popolo raccontando che Berlusconi ci avrebbe portato al disastro, che le sue ricette economiche erano risibili, che il degrado morale e politico del berlusconismo avrebbe portato con sé un inevitabile declino anche sociale ed economico. Ma non era vero. La verità è che se anche noi avessimo creduto alle promesse di Silvio, come la stragrande maggioranza degli elettori, l’Italia sarebbe cambiata e avremmo avuto «per noi e per i nostri figli un nuovo miracolo economico». Se il boom non si è realizzato, con i suoi milioni di posti di lavoro e il dimezzamento delle tasse, non è stato perché i governi Berlusconi non avevano una politica industriale e non investivano sul futuro, perché non combattevano gli antichi mali della corruzione e dell’evasione fiscale, delle mafie e delle burocrazie, perché non erano per nulla moderni e innovatori, ma espressione del peggior status quo oligarchico. Nossignori, è stato soltanto perché noi gufi portavamo sfiga.
L’economia globale, infatti, non è quella faccenda complessa che dicono i professoroni. Si riduce, in sintesi, a una questione di culo o di sfiga. In inglese: good or bad luck. Ti gira bene, sei ottimista e vai come la Germania: ti buttano il malocchio e finisce come Grecia e Argentina. Tutto qui. La riprova è arrivata con l’avvento della crisi.
Se anche noi gufi avessimo creduto a Berlusconi, che diceva di vedere ristoranti e alberghi traboccanti, la crisi non ci avrebbe raggiunto. Ora c’è un altro governo che sta riprendendo il filo dell’ottimismo e della fiducia. Lascia stare che non ha una politica industriale, è composto di dilettanti e per tre mesi s’è occupato d’altro. La colpa è sempre dei gufi. È l’ora di prendere misure serie, altro che spending review. Occorre fare un bel carico e deportarli a Berlino, Pechino, New York, a portare sfiga agli altri. Vedrete che balzo del Pil.
PS. Potendo scegliere, preferisco New York. Potete sempre dire che ero anche antiamericano.
Curzio Maltese, il Venerdì di Repubblica 15/8/2014