Filippo Ceccarelli, il Venerdì di Repubblica 15/8/2014, 15 agosto 2014
STRANEZZE E MERAVIGLIE: LE CARTOLINE ROMANE CHE FANNO ESCLAMARE AHÒ!
Ecco, proprio qui sotto, ai piedi della finestra che si vede nella foto, diversi secoli orsono, anno 750 a.C. più o meno, secondo le scoperte dell’archeologo Andrea Carandini, è stata fondata Roma, ahò! In questo caso l’interiezione suona come uno sparo di meraviglia, ma nella Città Eterna finisce anche per inoltrarsi nei territori del richiamo, dell’orgoglio, dell’ironia, della rassegnazione, del sarcasmo e dell’allegra malinconia di questo tempo insieme fermo e mutevole, ahò!
E in tal modo, Ahò! Roma, s’intitola una piccola e preziosa collezione di enigmatiche cartoline romane che Carlotta Mismetti Capua si è autopubblicata on line (Blurb, una ricca anteprima: http://it.blurb.com/books/5390645-aho-roma). Immagini realizzate a ridosso del passaggio di millennio, in era pre-iPhone, «andando a zonzo, anche per lavoro, un po’ sgomenta dei molti cantieri e dei cambiamenti che portava il Giubileo: primo fra tutti i colori caramelle (giallino, azzurrino, grigino) ed i cancelli intorno ad ogni cosa fino a quel momento libera o abbandonata».
Ahò! Qui la fatidica visuale abbraccia il campanile di Santa Maria in Cosmedin (la Bocca della Verità, che attrae torme di giapponesi e che Berlusconi si è fatto ricostruire ad Arcore), uno spicchio del tempio di Vesta, un’ombra del Ponte rotto, un ciuffo di pini marittimi. Questo si vede dall’ultimo piano del Laboratorio Scenotecnico dell’Opera di Roma, le cui sorti sono appese a un filo.
Il palazzo da cui Mismetti ha acchiappato l’immagine doveva diventare sede del Museo del Costume e della Moda; poi, per quanto virtuale fosse, gli venne mutata destinazione e avrebbe dovuto ospitare il Museo della Storia di Roma; adesso non si sa, o meglio non si sa più (ahò?).
E così, come spesso capita nell’Urbe, anche ciò che si frappone alle immagini, e quindi le sagome di quegli oscuri e antiquati oggetti per pulire i vetri e spegnere gli incendi, non solo entrano nel quadro, ma qui assumono un temerario rilievo simbolico; ingombrano il paesaggio e l’arricchiscono, richiamano l’incuria, i pericoli e quel naturale scetticismo che dei nativi romani, ahò!, rappresenta l’acuta virtù e la perenne dannazione (anvedi).
Filippo Ceccarelli, il Venerdì di Repubblica 15/8/2014