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 2014  agosto 15 Venerdì calendario

L’ITALIA NON È PIÙ IL PAESE DEL TURISMO PRESTO CI SUPERERÀ ANCHE LA TURCHIA


IL RAPPORTO
ROMA Francia, Stati Uniti, Spagna, Cina. E, solo al quinto posto, l’Italia. Il Bel Paese, agli occhi dei turisti, sembra non essere più così bello. L’uscita dal podio delle mete predilette, che in passato era parsa un’eccezione, si conferma “regola” nel rapporto 2014 di World Tourism Organization. L’Italia piace meno, a giudicare dai dati: se la Francia registra 84,7 milioni di visitatori, con un aumento del 2% sul 2012, in Italia la quota scende a 47,7 milioni, in crescita di 0,3%.
GLI SCENARI
I dati nazionali Federalberghi sono più confortanti e documentano un aumento del 2,5% di presenze dall’estero: «I francesi contano gli ingressi, transiti inclusi, noi le presenze». Il problema però rimane, soprattutto per gli scenari futuri. Il trend di viaggio, entro il 2017, accenderà a pieno i riflettori su Paesi turisticamente “nuovi” come Cina, Russia, India e Turchia. Quest’ultima, secondo gli esperti, potrebbe essere la diretta rivale dell’Italia, pronta a scalzarla dalla posizione. D’altronde, sono gli stessi italiani a preferire l’estero. L’aumento di partenze registrato quest’anno da Federalberghi delinea un profilo chiaro: se è vero che nel 2013, l’87% degli italiani è rimasto in Italia mentre quest’anno è stato l’81%, è vero anche che il 18% è partito per una meta estera, mentre nel 2013 era il 13%. Il capitolo turismo è comunque in crescita, ma accusa “lentezza” nella riconquista delle posizioni internazionali, imponendo una riflessione articolata sul settore.
LE REAZIONI
L’Italia - commenta Bernabò Bocca, presidente Federalberghi – mantiene un forte appeal nel mondo e confidiamo nei mercati emergenti. Alcune difficoltà però sono evidenti. La tassazione ha raggiunto il 70/80%. Servono infrastrutture adeguate aeree e ferroviarie. Negli ultimi anni, praticamente non c’è stata una compagnia di bandiera. Benvenuta Etihad dunque, che vuole trasformare Fiumicino in Hub a sette stelle». E benvenuta una promozione coordinata. Aggiunge Bocca: «Il made in Italy andrebbe valorizzato come brand. La competenza regionale nella promozione ha portato molte realtà a presentarsi singolarmente ed è stato penalizzante». Sullo scarso coordinamento puntano l’indice pure i grandi operatori. «Manca una politica industriale del turismo – spiega Stefano Manzi, country manager Trivago Italia – L’incoming non è mai stato visto come reale opportunità. Si è sempre pensato che l’Italia fosse il Paese più bello del mondo e che, per questo, il flusso di turisti sarebbe sempre stato garantito. Le strutture nazionali sono spesso a gestione familiare: le grandi catene rappresentano il 4% a fronte del 30% in Spagna». L’offerta sarebbe meno competitiva. «I prezzi italiani sono più alti di molti altri Paesi – aggiunge – Un caso per tutti la Turchia: più economica, ha conquistato posizioni negli ultimi anni e crescerà ancora, fino forse a scalzare l’Italia nelle preferenze». I “conti” rischierebbero, dunque, di non tornare. «Nonostante la deflazione , i prezzi sono alti – dice l’economista Giuseppe Di Taranto, docente Luiss – Ciò potrebbe essere giustificato dal patrimonio culturale e artistico ma bisognerebbe fornirne una visione moderna, che non guardi solo alla storia ma all’attualità. Un ottimo veicolo promozionale ora potrebbe essere il restauro del Colosseo».
Dalla visione alla prospettiva. «Il turismo non sarà volano di ripresa – afferma l’economista Gustavo Piga – A salvare un Paese è l’innovazione. La globalizzazione ha creato nuovi bacini di turisti ma anche più concorrenza. Abbiamo un alto potenziale attrattivo che non credo si stia sfruttando. Se un cinese andasse a Pompei si scontrerebbe con l’impossibilità di usare la carta di credito, l’assedio di guide illegali dai costi eccessivi e magari difficoltà per spostarsi a causa degli scioperi dei bus. Cosa direbbe ritornato a casa? Di non andare a Pompei». Con tutti i danni che ne comporta, soprattutto d’immagine per il nostro paese.