Andrea Bassi, Il Messaggero 15/8/2014, 15 agosto 2014
CRISI L’ARMA FINALE DELLA BCE È L’ACQUISTO DI TITOLI PUBBLICI
LA STRATEGIA
ROMA L’Italia di nuovo in recessione. La Francia che ristagna. E anche la locomotiva tedesca si è fermata. Ma il vero spettro che si aggira per l’Europa e che preoccupa il presidente della Bce Mario Draghi, è quello della disinflazione, che in diversi Paesi sta già rischiando di trasformarsi in deflazione. Nel bollettino diffuso ieri da Francoforte, la Bce ha voluto sottolineare che i rischi di una bassa inflazione prolungata sono ancora «limitati». Ma poi ha aggiunto che «il consiglio direttivo è unanime nel suo impegno a ricorrere anche a strumenti non convenzionali» qualora il periodo di bassa inflazione dovesse essere ancora prolungato. La verità è che l’Eurotower si aspetta molto dal programma TLtro, l’operazione di rifinanziamento a quattro anni delle banche europee, che partirà a settembre. Draghi conta sul fatto che questa volta i soldi non vengano utilizzati dagli istituti per comprare titoli di Stato e lucrare sui rendimenti.
IL PRESSING
Questa volta i soldi dovranno arrivare nelle casse delle imprese, perché se così non fosse le banche saranno obbligate a restituire in anticipo le somme prese a prestito. Secondo le stime, nella prima fase del nuovo programma, la liquidità che arriverà alle banche europee sarà di 400 miliardi. Quelle italiane potranno chiedere fino a 70 miliardi di euro. Nel lungo periodo l’ammontare sarà decisamente cospicuo. Le sole banche della Penisola, secondo le previsioni della Banca d’Italia, potranno ottenere fino a 200 miliardi. Basterà questo a riavviare il motore dell’economia europea e a far ripartire l’inflazione portandola vicino al 2%? Molti analisti ritengono che, visto il deteriorarsi della situazione europea, non sarà sufficiente. Ma Draghi ha altre cartucce nel suo arsenale non convenzionale. Una di queste l’ha, di nuovo, indicata ieri: un programma di acquisto di Abs, cartolarizzazione di crediti delle banche verso le imprese. Insomma, i famigerati derivati all’origine della prima crisi dei subprime. Con le dovute regole e i dovuti controlli, secondo Draghi, quello delle cartolarizzazioni è un mercato che va rianimato.
COME LA FED
La verità è che i mercati scommettono sul fatto che prima o poi, meglio prima che poi, Draghi tiri fuori dal suo arsenale la vera arma-di-fine-mondo, il «quantitative easing», l’acquisto sul mercato di titoli di Stato, già sperimentato con successo dalla Federal Reserve e dalla Boj, la banca centrale giapponese. Una mossa che in pratica equivarrebbe a stampare moneta. L’unico modo, come ieri ha ricordato il capo economista di Capital Economics, Jonathan Loynes, per cercare di far deprezzare l’euro e dare spinta alla ripresa. Le armi messe in campo fino ad ora, dal tasso negativo sui depositi «overnight» delle banche, alla riduzione del tasso di sconto, fino alla stessa Tltro, non hanno dato questo risultato. Che i mercati si attendano il Quantitave easing è in qualche modo chiaro anche dall’andamento dei titoli di Stato. Sia i bund tedeschi che i Btp italiani hanno segnato nuovi minimi storici. Ma la strada di Draghi non è per nulla spianata. Ci sono da superare le resistenze tedesche. Berlino teme che il quantitative easing possa essere un sostegno monetario ai governi dei Paesi più indebitati, leggasi l’Italia. Proprio per questo Draghi ha bisogno che Roma non solo faccia tutti i compiti a casa, ma sia anche la prima della classe. Anche questo probabilmente avrà spiegato a Matteo Renzi.