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 2014  agosto 15 Venerdì calendario

TUTTI I CLAN INVISIBILI ALL’OMBRA DEL COLOSSEO

È un universo la ’ndrangheta a Roma. Puntinato di famiglie insediate in vari quartieri, quello storico è Montespaccato, nei comuni dell’hinterland, ai Castelli, in lussuose residenze. Sono buchi neri invisibili a occhio nudo: da parte dei clan non c’è controllo militare del territorio eppure loro esistono, vivono in città, riciclano montagne di soldi, continuano a svolgere i loro traffici illeciti. Si chiamano Piromalli, Parrello e Gallico, Morabito, Gallace e Alvaro, e giù fino ai De Stefano e ai Bellocco. E ancora. Nirta, Condello, Mancuso, Pelle, Mazzaferro, Bruzzaniti, Palamara, Tegano, Iamonte, Parrello, i Crea di Rizziconi, i Molè di Gioia. Non si spezza il legame tra la mafia calabrese e Roma, la grande mammella. E in fondo non si è mai interrotto. È cominciato negli anni ’70 col raduno dei boss al ristorante del Fungo, all’Eur. Ed è continuato negli anni avvenire. Anzi, si è rafforzato, cementandosi con la malavita romana, la banda della Magliana. Soprattutto Giuseppe Piromalli, Paolo De Stefano e Pasquale Condello sono stati artefici del passaggio della organizzazione, da mafia rurale a imprenditoriale, vicina alle istituzioni statali. I boss sono andati a braccetto con nomi che hanno costellato le inchieste romane. Alcuni sono stati grandi amici della cassiere della banda, Enrico Nicoletti (ora ai domiciliari a Terni, dopo aver subito una mega confisca nel 2012). All’ombra di Roma hanno trovato riparo personaggi del calibro di Roberto Pannunzi, broker della droga dei Morabito e dei Macrì: arrestato, costretto in una clinica romana dalla quale è evaso, scappato in Sud America dove poi è stato stanato dalle forze dell’ordine coordinate dalla Procura di Reggio Calabria. Sempre nella Capitale, nel marzo 2013 gli uomini della Mobile di Renato Cortese (superpoliziotto calabrese, protagonista dell’arresto del capo dei capi Bernardo Provenzano) hanno stroncato un traffico di stupefacenti messo in piedi dai Gallace attraverso i contatti criminali con la famiglia dei Romagnoli, tra i quartieri di Torre Maura e San Basilio. I Bruzzaniti-Palamara di Africo invece hanno puntato su Fonte Nuova come base per un traffico imponente di droga. Ma non c’è solo la cocaina. Arcinoti i sequestri di bar e ristoranti di lusso, settore dove spiccano famiglie più influenti del panorama criminale calabrese: i Gallico di Palmi e gli Alvaro di Sinopoli. Cognomi spuntati nel caso del Caffè Chigi, vicino al governo, del bar Antiche mura, a un tiro di schioppo dal Vaticano, di alcuni dei locali più in vista di quella che fu la Dolce vita romana negli anni ’60: il Cafè de Paris a via Veneto. Si può dire che orami Roma parla calabrese.