Paolo Bianchi, Libero 15/8/2014, 15 agosto 2014
LO STRANO CASO DEL RAGGIO DELLA MORTE DI MAJORANA
La ricomparsa di Majorana. Di tanto in tanto, a cadenza regolare e inesorabile, salta fuori qualcuno con la propria verità riguardo alla sorte del fisico giovane e geniale che sparì nel nulla il 27 marzo del 1938. Era uno dei «ragazzi di via Panisperna», il gruppo di ricercatori, coordinati da Enrico Fermi, che si dedicarono a studi poi sfociati, negli Stati Uniti, nella costruzione del primo reattore nucleare.
Ettore Majorana, che aveva solo trentun anni, doveva imbarcarsi su un traghetto Palermo-Napoli. Non arrivò mai. Ammesso che fosse partito, potrebbe essere caduto, o essersi gettato, dalla nave. In proposito sono state avanzate molte tesi e congetture. Disse la sua anche Leonardo Sciascia in un libro del 1975 intitolato La scomparsa di Majorana. Su un caso del genere non potevano non fiorire leggende più o meno credibili. Lo scienziato fuggì in Sudamerica. Cambiò identità e connotati. Fu rapito da potenze straniere che volevano approfittare delle sue conoscenze per scopi militari. Si rifugiò in un convento. E così via, in un crescendo di ipotesi davvero fantasiose.
Ma veniamo a noi, al presente. E’ stato appena pubblicato un libro, intitolato Il dito di Dio Parte IIl fatto (edizioni Print Service, pp. 264, euro 14,90) e scritto da Alfredo Ravelli, che racconta una storia al limite della fantascienza. La storia di Rolando Pelizza, un uomo da romanzo di spionaggio.
Pelizza viene da Chiari, in provincia di Brescia. E’ nato nel 1938, curiosamente proprio l’anno della scomparsa di Majorana. Ha avuto una vita abbastanza turbolenta, almeno da quanto si evince leggendo il libro che lo riguarda. Lui non rilascia dichiarazioni, non dà interviste, non interviene in prima persona a raccontare faccende che lo riguardano. Lascia parlare altri.
Eppure sostiene di aver messo a punto, già nel 1972, una macchina in grado di trasformare la materia in antimateria, di distruggere oggetti solidi producendo un’ enorme quantità di energia a costo quasi zero. Attenzione, non sorridete. Nel corso del tempo, questo apparecchio sarebbe stato al centro di trattative con superpotenze come gli Stati Uniti, attraverso abboccamenti tra servizi segreti di mezzo mondo, tra cui il Belgio, la Nato e la Santa Sede, perché la macchina potrebbe essere utilizzata, secondo il suo costruttore, a scopi bellici, con effetti devastanti. Ebbene, chi avrebbe dato al Pelizza le indicazioni necessarie a realizzare la macchina? Proprio Ettore Majorana, da lui incontrato e frequentato in un convento a partire dal 1958. Secondo l’autore del libro (che è cugino del Pelizza) è tutto vero. A partire dalla potenza micidiale di questa macchina misteriosa. Lui anzi sostiene di avere anche le prove filmate di vari esperimenti, alcuni dei quali gli sarebbero stati richiesti dal governo nordamericano.
Confessiamo di esserci divertiti molto a leggere il libro, soprattutto per le peripezie del Pelizza, sempre circondato da personaggi dalle attività improbabili. Uno si chiama Massimo Pugliese, diventa collaboratore del Pelizza, ma si scopre essere un alto funzionario dei servizi segreti. E’ lui che prende contatto con i governi dei paesi stranieri. Ma innanzitutto con il suo. Della macchina sarebbe stato informato Flaminio Piccoli, allora segretario della Democrazia Cristiana in un governo Andreotti. Anzi, ci sarebbe stato un incontro con un fisico da lui indicato, Ezio Clementel, che sarebbe anche stato spettatore di un esperimento.
Insomma, i segreti di Majorana, attraverso Rolando Pelizza, per decenni sono stati lì lì per essere svelati. Lo scomparso nel frattempo è proprio il Pelizza, questo scienziato auotodidatta, che nel corso della sua esistenza si è trovato coinvolto in uno strano e faraonico affare edilizio mai andato in porto a Montecarlo, o è stato sorpreso a trasportare certi gioielli oltre il confine svizzero, e si è trovato persino collegato (ma suo malgrado) con i sequestratori di Carla Ovazza (la madre di Alain Elkann) nel 1976. Mai perseguito penalmente, però. Ma torniamo agli esperimenti. Il Pelizza ha permesso solo raramente a qualcuno di assistervi, organizzando talvolta dei collegamenti video in diretta, e registrandoli. Alcuni flmati sono in rete, abbastanza confusi. Si vedono lastre di acciaio e di alluminio, mentre vengono «annichilite», cioè bucate o parzialmente distrutte, da questo «fascio di antimateria», che giornalisti fantasiosi a suo tempo ribattezzarono «il raggio della morte» si potrebbe, secondo il suo costruttore, produrre energia pulita a costo zero, smaltendo contemporaneamente i rifiuti. Sarebbe la soluzione di tutti i problemi della Terra dei fuochi, tanto per dirne una.
Infine, da una telefonata a Ravelli siamo venuti a sapere che il Polizza potrebbe rompere, fra non molto, il suo tradizionale riserbo, e parlare in prima persona dell’utilizzazione della macchina. Nel frattempo, chi volesse saperne di più può collegarsi al sito www.ilditodidio.it . Buona lettura.