Paolo Ziliani, il Fatto Quotidiano 15/8/2014, 15 agosto 2014
DR JEKILL E MR CONTE
La Nazionale italiana ha un nuovo allenatore. Antonio Conte ha detto sì, gli sponsor colmeranno la distanza tra lo stipendio che prendeva alla Juventus (oltre 3 milioni e mezzo netti) e quello che poteva garantirgli la Figc (poco più di 1,5 milioni). La differenza la metterà un’azienda tedesca: la Puma pagherà 2 dei 4 milioni all’anno (più bonus) fino al 2016. Carlo Tavecchio, appena calato sulla Figc, ha preso il migliore su piazza. un colpaccio, se carissimo (diventerà il “manager pubblico” più facoltoso del Paese). Ma ci sono altri aspetti.
Dopo Tavecchio eletto presidente nonostante le 5 condanne penali nel “pedigree” – come direbbe lui –, ecco Conte che diventa c.t. della nazionale portando in dote 3 scudetti ma anche 3 inchieste penali nelle quali è finito, negli ultimi anni, per pasticci combinati prima al Bari (procura di Bari), poi all’Atalanta (procura di Bergamo), infine al Siena (procura di Cremona); e siccome c’è una prima volta per tutto, il calcio azzurro si appresta a salutare il primo c.t. tuttora sotto inchiesta per associazione per delinquere. Il procuratore capo di Cremona, Roberto Di Martino, sta attendendo l’esito degli esami disposti sul pc e l’iPhone sequestrati ad Antonio Conte la mattina del 28 maggio 2012 nell’ambito dell’inchiesta: quella provoc l’apertura del processo sportivo conclusosi con la squalifica di Conte di 10 mesi, poi ridotti a 4. È il calcio italiano che si rinnova: da sempre sotto ricatto di ultrà e razzisti, taroccatori e violenti, porta sul trono federale un presidente che promette di combattere gli africani mangia-banane e sulla panchina azzurra un allenatore che un mese dopo il divorzio con l’Atalanta viene intercettato al telefono col pregiudicato capo-ultrà Galimberti, detto Bocia. “Il contenuto delle parole del Conte – si legge nel rapporto della Squadra Mobile inspiegabilmente sente la necessità di chiamare il Bocia, consiste nell’elogiare il capo ultrà e tutta la sua tifoseria e nello sputtanamento della società dell’Atalanta e dei giocatori. (...) Nello specifico il Conte esordisce dicendo che voleva salutare il Galimberti perché ha un gran rispetto per lui (...) poi attacca i giocatori più vecchi che non lo hanno aiutato e la società che non lo ha mai tutelato”. Pochi giorni dopo, il Bocia viene condannato per violazione del Daspo e Conte che fa? Gli manda un sms di solidarietà: “Ho letto sul giornale che ti hanno dato 5 mesi: mi dispiace molto. Un abbraccio. Antonio C.”.
Nel calcio come nella politica, questa è l’Italia e questi sono gli italiani: tutti dr. Jekyll e mr. Hyde. Perché se Conte è l’allenatore più inquisito, a livello penale e sportivo, è anche il più vincente: 3 scudetti e 2 Supercoppe italiane con la Juve nelle ultime 3 stagioni, una promozione in A col Siena nel 2011, una col Bari nel 2009. Tantissimo, considerando che Conte allena solo da 8 stagioni. Autentico prototipo dell’allenatore-martello, a mo’ del Trap che lo lanciò nella Juve e del Sacchi che lo portò a “Usa 94” apprezzandone le doti di generosità e irriducibilità, Conte ha fatto del motto bonipertiano “Vincere non è importante: è la sola cosa che conta” il primo e unico comandamento della sua personale Tavola di Mosè (della panchina). Bandiera e capitano juventino prima ai tempi di Trapattoni, poi di Lippi, ha un palmares che molti fuoriclasse si sognano: 5 scudetti, 4 Supercoppe italiane, 1 Coppa Italia e ancora 1 Champions League, 1 Intercontinentale, 1 Coppa Uefa e una Supercoppa Uefa da giocatore; e da allenatore abbiamo detto (aggiungete le Panchine d’Oro vinte nel 2012 e nel 2013 e il Globe Soccer Awards nel 2013). Il suo divorzio dalla Juve, ancora freschissimo, non è stato capito né metabolizzato dai tifosi bianconeri: letteralmente pazzi di lui, che dopo i settimi posti delle malinconiche gestioni Ferrara-Zaccheroni-Del Neri era arrivato alla Juve trasformandola, come d’incanto, nel Cigno di sempre.
Strepitoso in Italia, con uno scudetto (il primo) strappato coi denti a un Milan mostruosamente più forte, aveva malamente floppato in Europa: l’ultima in Champions, con la Juve di Tevez e Pirlo, di Pogba e Buffon, di Vidal e Llorente incapace di superare un girone eliminatorio di difficoltà minima con Galatasaray e Copenaghen. Cinque punti sprecati contro i turchi, due contro i danesi; eppure Conte, totalmente incapace di autocritica, della Waterloo aveva dato la colpa alla società: “Non puoi andare in un ristorante da 100 euro con 10 euro in tasca”. Il tutto mentre Dortmund e Atletico Madrid, che in confronto alla Juve sono club poveri, andavano in finale con giocatori pagati 4 soldi (per dire: l’Atletico ci andava con Tiago e Diego, scarti bianconeri). Troppo facile vincere con Messi e CR7, pensa Andrea Agnelli; che dopo anni di musi lunghi, ingaggia Evra e Morata invece di Cuadrado e Suarez aprendo, di fatto, le pratiche di divorzio da Conte. Ora, a sorpresa, l’allenatore va a sedersi sulla panchina della nazionale, che dopo i tonfi di Lippi (Sudafrica) e Prandelli (Brasile) sembra la Juve terremotata del dopo Ferrara-Zaccheroni e del dopo Del Neri. Quand’era a Torino, Conte litigò a lungo con Prandelli che convocava e spremeva troppo i suoi juventini (vedi Chiellini, vedi Pirlo); ora, da c.t., ha chiesto carta bianca per fare il bello e il cattivo tempo con stage e raduni mai concessi prima a un selezionatore. Ci sarà da divertirsi. Garantito.