Eugenio Scalfari, la Repubblica 17/8/2014, 17 agosto 2014
La deflazione è un fenomeno estremamente pericoloso ma non va confuso con la depressione. Spesso vanno insieme, ma talvolta no
La deflazione è un fenomeno estremamente pericoloso ma non va confuso con la depressione. Spesso vanno insieme, ma talvolta no. Quella del 1929 per esempio non fu un’accoppiata deflazione-depressione, soprattutto negli Usa. Non c’era deflazione, la liquidità non mancava ma non era utilizzata a dovere; i prezzi dei beni e dei servizi non diminuiva, ma la domanda mancava. Bisogna consultare Keynes per capir bene la differenza tra questi fenomeni e anche John Kenneth Galbraiht nel suo Il Grande Crollo . Non c’era deflazione in Usa, ma depressione. Oggi in Europa e in Italia i due fenomeni sono appaiati ma noi, il nostro governo, la Bce, le istituzioni dell’Europa confederata e soprattutto i possessori di capitale si propongono di battere la deflazione ma guardano con palese distrazione alla depressione. Ecco una questione sulla quale converrà soffermarsi e riflettere. *** La depressione ha varie cause che la determinano. La prima, fatalistica e al tempo stesso con- solatoria, la spiega con la teoria del ciclo economico; sarebbe una sorta di respiro: la depressione ha una pausa nel corso della quale la società decresce, la miseria aumenta e si diffonde fino a quando, toccato il fondo, tutta l’attività si rimette in movimento, il benessere torna a diffondersi, il progresso sociale raggiunge vette ancor più alte di prima. Si discute tra i sostenitori di questa tesi quale sia la durata del ciclo; secondo alcuni la depressione arriva ogni 25 anni, secondo altri 50 ed altri ancora prevedono che avvenga ogni 70 anni. I sostenitori della seconda tesi escludono la teoria del ciclo e ne sostengono un’altra molto più convincente: la cattiva e a volte pessima distribuzione della ricchezza. Il liberismo in realtà genera rapidamente sistemi economici monopoloidi, dove il 10 e a volte perfino il 5 per cento della popolazione possiede il 40 e a volte il 50 per cento della ricchezza nazionale. La depressione sarebbe causata da questa diseguaglianza, una sorta di ribellione improvvisa dei ceti più bassi che sperano di ottenere l’intervento dello Stato per modificare in senso più egualitario le classi della società. Il “New Deal” di Delano Roosevelt puntò su questo aspetto. Lo fece però con molta prudenza e rispettando i privilegi dei ricchi ma sostenendo i bisogni primari dei poveri e affidando allo Stato alcune iniziative economiche. Del resto tutto il pensiero marxista nacque sulla tesi della pessima distribuzione della ricchezza che avrebbe provocato, una volta compiutasi la rivoluzione borghese, la rivolta proletaria e l’instaurazione d’una società comunista. C’è però una terza tesi che spiega la depressione dandone la responsabilità principale ai possessori del capitale, ai capi delle aziende e al management; questa rappresenta la vera classe dirigente d’un paese e si comporta come una classe chiusa nella forza dei suoi privilegi. Non reinveste i profitti ma li incassa come dividendi e/o come bonus destinati al management. Questa massa di ricchezza viene affidata alle banche d’affari che investono e speculano su determinati asset, sulle industrie del lusso, miniere non utilizzate, mutui all’edilizia popolare, nuove invenzioni tecnologiche che puntano sul restringimento della base occupazionale. Insomma speculazione; a volte positiva perché fa avanzare il nuovo, altre volte negativa perché sottrae risorse all’industria, all’agricoltura, ai servizi e le destina alla finanza e al suo arricchimento. Questi comportamenti generano inevitabilmente corruzione, evasione fiscale, disoccupazione, potenza delle lobby, demagogia politica, capitalismo selvaggio. Schumpeter vedeva al tempo stesso l’aspetto positivo di questi comportamenti e l’aspetto negativo dovuto a una distruzione di ricchezza a danno dei molti e a favore dei ricchi. Non a caso sia quella del 1929 sia quella del 2008 sono nate a Wall Street. La deflazione non aveva nulla a che vedere con quegli eventi. L’Europa dal 2011 a oggi ha importato la depressione (ricordate il fallimento di Lehman Brothers come campanello d’allarme?) ma in Italia questo percorso era già cominciato nientemeno che a metà degli anni Settanta del secolo scorso, si era rafforzato socialmente ed economicamente negli anni Ottanta e Novanta; infine fu ed è infinitamente accresciuto dalla sopravvenuta crisi americana. Mettete insieme le tre tesi sopra esposte e aggiungetevi come sovrappiù la crisi di deflazione nel frattempo esplosa a causa del credit crunch delle banche, il malgoverno politico e avrete fotografato la situazione.