VARIE 16/8/2014, 16 agosto 2014
APPUNTI PER GAZZETTA - IL PAPA IN COREA
REPUBBLICA.IT
SEUL - "Non accettare compromessi sulla fede". E’ questo, secondo Papa Francesco, l’insegnamento più grande che viene testimoniato dai martiri. Il Pontefice lo ribadisce davanti a centinaia di migliaia di fedeli, un milione secondo i media coreani, che affollano la Porta di Gwanghwamun, a Seul, per la beatificazione di Paul Yun Ji-Chung, considerato il fondatore della chiesa coreana e altri 123 cattolici uccisi oltre due secoli fa. Strade gremite per la mega-celebrazione di sabato mattina, uno degli eventi principali del viaggio di Bergoglio. E un applauso prolungato, che si è levato dalla folla, quando è stata pronunciata la formula della beatificazione.
Il papa in Corea, la folla per la messa di Francesco
L’esempio dei martiri. "Oggi molto spesso la nostra fede viene messa alla prova dal mondo - ha sottolineato Papa Francesco -: in moltissimi modi ci viene chiesto di scendere a compromessi sulla fede, di diluire le esigenze radicali del Vangelo e conformarci allo spirito del tempo". Per questo - ha continuato Bergoglio - è importante l’esempio dei martiri che "ci richiamano a mettere Cristo al di sopra di tutto e a vedere tutto il resto in questo mondo in relazione a Lui e al suo Regno eterno: essi ci provocano a domandarci se vi sia qualcosa per cui saremmo disposti a morire". Concetto ribadito anche su Twitter.
Il grido dei poveri. Al centro delle parole del Pontefice anche l’attenzione per gli ultimi. "Viviamo in società dove, accanto a immense ricchezze, cresce in modo silenzioso la più abbiente povertà; dove raramente viene ascoltato il grido dei poveri; e dove Cristo continua a chiamare ci chiede di amarlo e servirlo tendendo la mano ai nostri fratelli e sorelle bisognosi", ha detto il Papa durante la messa celebrata in latino e coreano (le preghiere in inglese, coreano e cinese). Una delle preghiere dei fedeli è stata letta da un cinese della chiesa clandestina della Cina continentale.
La vocazione dei laici. Il fondatore beatificato oggi dal Papa non era un missionario straniero, ma un laico coreano che insieme ad alcuni altri giovani scoprì il cristianesimo grazie a libri del missionario gesuita Matteo Ricci portati dalla Cina. "Questa storia ci dice molto sull’importanza, la dignità e la bellezza della vocazione dei laici", ha osservato Bergoglio. Una storia originale che rende la Chiesa coreana unica al mondo e che il Papa ha ricordato citando anche l’esempio della prima comunità cristiana descritta negli Atti degli Apostoli. "Fu la purezza della loro testimonianza a Cristo - ha ricordato papa Bergoglio - manifestata nell’accettazione dell’uguale dignità di tutti i battezzati, che li condusse ad una forma di vita fraterna che sfidava le regole rigide strutture sociali del loro tempo".
Prima della mega-celebrazione alla Porta di Gwanghwamun, Papa Francesco ha visitato il luogo delle esecuzioni capitali dell’800: il santuario dei martiri di Seo So- Mun alla periferia di Seul, dove furono uccisi centinaia di cristiani. "Cristo - ha ricordato il Pontefice - è vittorioso e la sua vittoria è la nostra!"
La visita del Pontefice sta avendo un grande impatto in Corea. Particolare successo sta riscontrando lo stile di Bergoglio: i media locali hanno dato grande risonanza all’uso di un’auto utilitaria all’uscita dell’aeroporto al suo arrivo e alla scelta di usare un treno ad alta velocità tra i normali viaggiatori.
Ieri durante la messa nel World Stadium Cup di Daejon, lo stesso nel quale l’Italia fu sconfitta dai coreani nella contestata partita diretta dall’arbitro Moreno si è scagliato contro le "economie disumane" e ha rivolto un appello ai giovani: "Non fatevi derubare della speranza". Senza dimenticare una preghiera per le vittime del naufragio del Sewol, una delle più gravi tragedie del paese.
La visita a sorpresa ai gesuiti. Sempre venerdì, dopo l’incontro con i ragazzi nel santuario di Solmoe, papa Francesco, a sorpresa, è andato a trovare i gesuiti della università Sogang, dove la comunità è composta da 20 confratelli, non tutti presenti, però ieri, dato il periodo estivo e la assenza di alcuni.
"Il compito di noi gesuiti, ma direi più in generale dei ministri del Vangelo, dei sacerdoti, dei religiosi, è quello di essere persone di consolazione, che danno pace alla gente, che leniscono le ferite", ha detto il Papa, secondo il testo diffuso dal direttore di Civiltà cattolica, Antonio Spadaro. "Ci sono molte ferite nella Chiesa. Ferite che molte volte provochiamo noi stessi, cattolici praticanti e ministri della Chiesa" - ha denunciato il Pontefice -."Io penso - spiega Papa Francesco - che la Chiesa sia un ospedale da campo in questo momento. Il popolo di Dio ci chiede di essere consolato. Tante ferite, tante ferite che hanno bisogno di consolazione... Dobbiamo ascoltare la parola di Isaia: Consolate, consolate il mio popolo!".
Accolto dai bambini al centro disabili. Fitto di impegni anche il terzo giorno del viaggio del Papa. Dopo la celebrazione della messa, il Pontefice si è recato in visita a Kkottongnae, a 90 chilometri circa dalla capitale della Corea del Sud.
Si tratta di un centro, il cui nome significa "collina dei fiori", che include alloggi, ospedali, una università e centri di recupero per poveri e malati abbandonati di ogni età. Accoglie ogni anno migliaia di persone e ha 8 centri "fratelli" in tutta la Corea. Il Papa ha visitato la sezione dedicata alle persone disabili. Ad aspettare Bergoglio, che si è tolto le scarpe all’ingresso in segno di rispetto, un gruppo di bambini e ragazzi che è si esibito davanti a Francesco con canti e coreografie.
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Subito dopo, presso la School of Love di Kkottongnae, papa Bergoglio si è riunito con le comunità religiose in Corea. L’occasione per un’esortazione a dire basta "all’ipocrisia di quegli uomini e donne consacrati che professano il voto di povertà e tuttavia vivono da ricchi". Questa incorenza, infatti, "ferisce le anime dei fedeli e danneggia la Chiesa", ha ammonito Bergoglio. La visita si è conclusa prima del tempo per esigenze legate al rientro del Pontefice a Seul. "Non possiamo pregare i vespri insieme - ha spiegato lui stesso -: sono venuto in elicottero, e con il decollo dell’elicottero, se non decolliamo in tempo, c’è pericolo di finire sfasciati su una montagna".
Papa Francesco, durante il discorso ai giovani coreani, si è interrotto: "Sono in difficoltà", ha detto, "il mio inglese è molto povero ma se desiderate posso continuare a dirvi delle cose in italiano..." Poi ha proseguito, tra l’ovazione della folla
Papa Francesco all’incontro con i giovani sudcoreani: "La Corea è una sola famiglia, pregate per i vostri fratelli del Nord. Che parlano la vostra stessa lingua. E quando in famiglia si parla la stessa lingua c’è speranza"
Ci sono due corre no c’è una e questo dolore aiutare a che questa famiglia si unisca primo un consiglio e una speranza. consiglio: pregare per i nostri fratelli del nord, signore siamo una famiglia aiutaci, aiutaci all’unità, tu puoi farlo che non ci siamno vincitori ne vinti soltanto una famiglia adesso la speranza c’è una bella la corea è una una famiglia ma voi parlate la stessa lingua la lingua di famiglia voi siete fratelli che parlate la stessa lingua pensate ai vostri fratelli del nord, loro parlano la stessa lingua e quando in famiglia dsi prla la stessa lingua c’è anche una speranza umana
Dopo il viaggio sulla utilitaria della Kia dall’aeroporto alla Nunziatura Apostolica, anche la "papamobile" utilizzata da papa Francesco per compiere un giro tra la folla dello stadio di Daejeon è un piccolo pick-up della stessa marca, usato solitamente per i piccoli trasporti da contadini e artigiani
CORRIERE.IT
In alto i cuori, Sursum corda, la celebrazione è in coreano e in latino e i fedeli rispondono precisi guardando il libretto bilingue, Habemus ad Dominum! , un milione di voci nel mattino afoso di Seul per la messa del Papa, un milione di persone capaci di restare in silenzio perfetto dopo l’omelia e la comunione, inchinandosi all’unisono al suono del gong. Nel terzo giorno del suo viaggio, davanti alla porta simbolo di Gwanghwamun - l’ingresso ricostruito dell’antico palazzo imperiale - Francesco ha celebrato la beatificazione di 124 martiri coreani, la prima generazione di inizio Ottocento. «Il loro esempio ha molto da dire a noi, che viviamo in società dove, accanto ad immense ricchezze, cresce in modo silenzioso la più abbietta povertà», ha scandito il Papa. «Una società dove raramente viene ascoltato il grido dei poveri e Cristo continua a chiamare, ci chiede di amarlo e servirlo tendendo la mano ai nostri fratelli e sorelle bisognosi». E a fine giornata, in un messaggio via Twitter, Francesco ha ricordato i martiri del presente: “Non dimentichiamo il grido dei cristiani e di ogni popolazione perseguitata in Iraq”.
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Messa in Corea del Sud del Papa davanti ad un milione di persone
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Messa in Corea del Sud del Papa davanti ad un milione di persone
Messa in Corea del Sud del Papa davanti ad un milione di persone
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Francesco in questi giorni, dalla Corea del Sud, si rivolge all’Asia e tutto il pianeta. «La celebrazione odierna abbraccia gli innumerevoli martiri anonimi, in questo Paese e nel resto del mondo, i quali, specie nell’ultimo secolo, hanno offerto la propria vita per Cristo o hanno sofferto pesanti persecuzioni a causa del suo nome”, ha spiegato il pontefice. «L’eredità dei martiri puòispirare tutti gli uomini e le donne di buona volontà ad operare in armonia per una società più giusta, libera e riconciliata, contribuendo così alla pace e alla difesa dei valori autenticamente umani in questo Paese e nel mondo intero».
Il Papa si è soffermato in particolare sul ruolo dei fedeli laici, che in Corea hanno diffuso il cristianesimo anticipando i missionari. «Oggi molto spesso sperimentiamo che la nostra fede viene messa alla prova dal mondo, e in moltissimi modi ci vien chiesto di scendere a compromessi sulla fede, di diluire le esigenze radicali del Vangelo e conformarci allo spirito del tempo», ha detto. «E tuttavia i martiri ci richiamano a mettere Cristo al di sopra di tutto e a vedere tutto il resto in questo mondo in relazione a Lui e al suo Regno eterno. Essi ci provocano a domandarci se vi sia qualcosa per cui saremmo disposti a morire».
A sorpresa, venerdì pomeriggio, Francesco è andato a trovare i confratelli gesuiti di Seul nell’università Sogang della capitale. E ha parlato della “consolazione” di Sant’Ignazio con parole che riassumono il cuore del suo pontificato: «Il popolo di Dio necessita consolazione, di essere consolato, il consuelo. Io penso che la Chiesa sia un ospedale da campo in questo momento. Il popolo di Dio ci chiede di essere consolato. Tante ferite, tante ferite che hanno bisogno di consolazione… Dobbiamo ascoltare la parola di Isaia: Consolate, consolate il mio popolo! Dio consola sempre, spera sempre, dimentica sempre, perdona sempre». Perché, «ci sono molte ferite nella Chiesa, ferite che molte volte provochiamo noi stessi, cattolici praticanti e ministri della Chiesa», ha aggiunto, prima di esclamare: «Non castigate più il popolo di Dio! Consolate il popolo di Dio! Tante volte il nostro atteggiamento clericale cagiona il clericalismo che fa tanto danno alla Chiesa. Essere sacerdote non dà lo status di chierici di stato, ma di pastore. Per favore, siate pastori e non chierici di stato. E quando siete nel confessionale ricordatevi che Dio non si stanca mai di perdonare. Siate misericordiosi!».
La visita pomeridiana al centro per disabili “House of Hope”, a Klottongnae, è stato il momento più commovente del viaggio, anche Francesco aveva lo sguardo lucido mentre i bimbi contavano e danzavano per lui fino a circondario e abbracciarlo. Centocinquanta adulti, una cinquantina di bambini: il Papa si è chinato e li ha accarezzati e baciati e benedetti uno per uno, restando con le mani posate sulle guance di ciascuno. All’uscita ha sostato in preghiera silenziosa davanti al «giardino dei bimbi abortiti», un cimitero simbolico con piccole stele e croci. Più tardi, incontrando i religiosi e le religiose coreane, è tornato a chiedere misericordia e coerenza, «l’ipocrisia di quegli uomini e donne consacrati che professano il voto di povertà e tuttavia vivono da ricchi ferisce le anime dei fedeli e danneggia la Chiesa». E ha elogiato per le loro parole i superiori dei religiosi e religiose (Suor Scholastica Lee Kwang-ok aveva detto senza perifrasi, nel suo discorso di saluto:«la società coreana odierna soffre in questi tempi di globalizzazione per il dominio del capitalismo e del potere politico; anche la Chiesa, essendo contaminata dal secolarismo aggravato dal neoliberalismo, ha bisogno di un rinnovamento») esclamando a braccio: «Ringrazio i superiori perché hanno parlato chiaramente del pericolo che la globalizzazione e il consumismo rappresentano per la vita religiosa».