Andrea Morigi, Libero 14/8/2014, 14 agosto 2014
LOTTA ALLA DROGA, POLITICA E PROCESSI PIERINO, UN PRETE MESSO ALLA GOGNA
Se n’è andato da confessore della fede, don Pierino Gelmini. Ci sono anche in Occidente i cristiani perseguitati. Quel prete lombardo, nato a Pozzolo Martesana il 20 gennaio 1925, non si era mai voluto sottrarre al suo personale calvario. Aveva iniziato a salirlo all’età di ottant’anni, senza nemmeno saperlo.
In segreto, la procura di Terni lo indagava dal 2005 per alcune denunce presentate da ex ospiti della comunità Incontro di Amelia. Recuperare i tossicodipendenti era stata la sua missione fin dal 1963 quando a Roma, giovane sacerdote, si era imbattuto con un ragazzo disperato, Alfredo Nunzi. Aveva iniziato in viale Vaticano, affrontando, oltre che il disagio dei giovani, anche l’incomprensione dei più. Così sei anni più tardi aveva trasferito la sua opera in una casa più ampia all’Infernetto, nome evocativo di una località vicino a Casal Palocco, ma nei pressi di Ostia. Toponimo altrettanto significativo, per l’impegno di un cattolico, perché richiama il sacrificio eucaristico. Si esce dalla dannazione attraverso Gesù. Consiste in questo tutto il suo metodo, la Cristoterapia. Che poi non tutti l’abbiano compreso, è frutto della libertà umana. Come quella di chi lo aveva accusato di molestie sessuali. Fra le tante migliaia che, in tutto il mondo, hanno riconquistato la dignità di persone attraverso la sua opera, qualcuno non ce l’ha fatta e ha preferito attribuire la responsabilità a chi gli aveva offerto una possibilità di salvezza.
Alessandro Meluzzi, perito della difesa di don Pierino insieme al professor Francesco Bruno, ricorda che solo pochi mesi fa il tribunale aveva richiesto un ennesimo accertamento medico sul fondatore della comunità Incontro, per verificare se davvero non fosse in condizioni di affrontare il processo, nel quale era stato rinviato a giudizio e che era stato sospeso per motivi di salute dell’imputato. Aveva 89 anni, plurinfartuato, era lucido soltanto per brevi tratti, ormai non si alzava più dal letto, ma lo volevano comunque trascinare alla sbarra. Insistevano. Così avevano rimandato tutto al marzo 2015. Non potranno condannarne il cadavere come si fece nell’897 con Papa Formoso. Ma, è ferma convinzione di Meluzzi, che parla come medico, «don Pierino non sarebbe morto se non ci fosse stato questo martirio», a causa del quale «ha patito il massimo del dolore», giungendo fino alla rinuncia al sacerdozio pur di rimanere con i suoi ragazzi. Aveva ottenuto da Papa Benedetto XVI la riduzione allo stato laicale per non dover abbandonare la comunità, come voleva imporgli la diocesi di Terni-Narni-Amelia. In realtà, una onlus come la comunità Incontro non è soggetta al diritto canonico. Quelle tensioni ora si stemperano. Alle 10.30 di oggi sarà il nuovo vescovo, l’ex custode della Basilica di Assisi, il francescano Giuseppe Piemontese, a celebrare i funerali di don Pierino, insieme al vescovo di Ascoli Piceno, Giovanni D’Ercole, suo amico di lunga data. Comunque, «lo seppelliremo con la stola da sacerdote e con il Vangelo in mano», anticipa Meluzzi.
Gli amici veri rimangono. I cantanti come Amedeo Minghi, Aleandro Bardi, i comici come Pippo Franco, le personalità del mondo politico, come Carlo Giovanardi e Pier Ferdinando Casini. Qualcuno non c’è più, come Bettino Craxi. Aveva ospitato anche Oscar Luigi Scalfaro e Francesco Cossiga, da presidenti della Repubblica. Il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri posta su Twitter la foto di una manifestazione romana del 1990 con Arnaldo Forlani e Raffaele Costa. E anche qualche scatto di don Gelmini su un palco con il simbolo di Alleanza Nazionale. Per illustrare «il suo appoggio alle scelte drastiche in tema di droga», culminato «nel 1990 quando lui e Vincenzo Muccioli si mobilitarono nella battaglia che condusse all’approvazione della legge Jervolino Vassalli, che introduceva criteri repressivi, ma anche il sostegno alle comunità di recupero». E ricorda un episodio: «Stavo andando a un pranzo importante sul lungotevere a Roma. Entrando al ristorante, un imbianchino che sta lavorando nei locali scende dall’impalcatura, ringraziandomi per essere stato sempre vicino a don Pierino e averlo aiutato. E si presenta: “Ero tossicodipendente e sono diventato un ospite della comunità. Ora mi sono sposato e lavoro. Ho una nuova vita”. Nel dirlo, mi abbraccia, macchiandomi il vestito di pittura e io vado a tavola così, spiegando ai miei commensali l’accaduto. E ancora adesso sono convinto che è meglio essere sporchi ma aver dato una mano a qualcuno che essere lindi e puliti senza aver fatto nulla per gli altri».
Don Gelmini ha offerto la sua vita, portando misericordia corporale e spirituale in 164 comunità in Italia e in 74 all’estero, in Europa, in America Latina, in Asia, a New York e a Gerusalemme, ottenendo anche un seggio all’Onu come organizzazione non governativa. Per combattere i narcotrafficanti, senza cedere alle sirene dell’antiproibizionismo, nemmeno quando gli sarebbe convenuto.