Enrico Marro, Corriere della Sera 14/8/2014, 14 agosto 2014
IL SUGGERIMENTO DEL PRESIDENTE BCE UN SEGNALE CHIARO GIÀ A SETTEMBRE
ROMA — Un chiarimento. Inevitabile, dopo le parole di qualche giorno fa del presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, sulla necessità di fare le riforme, in particolare in Italia, anche a costo di «cedere sovranità» alle istituzioni comunitarie. Ma il faccia a faccia di martedì tra lo stesso Draghi e il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, è servito soprattutto per un esame della situazione economica. Che non può non destare preoccupazione e richiede risposte importanti, al massimo entro settembre. Lo ha sottolineato Draghi e ne è consapevole il presidente del Consiglio.
Erano settimane che Renzi voleva incontrare Draghi per fare il punto. Un punto divenuto più urgente dopo l’accumularsi di dati negativi sull’economia italiana e internazionale e dopo l’appello dello stesso Draghi ai governi in ritardo sulle riforme a trovare il modo di farle, anche a costo di cedere poteri su questo alle istituzioni comunitarie, come è stato fatto per le regole di bilancio. Parole che avevano lasciato fortemente perplesso il presidente del Consiglio che, qualche giorno fa, in una telefonata con Draghi si è offerto di andarlo a trovare nella casa di Città della Pieve, in Umbria, dove il banchiere centrale sta trascorrendo qualche giorno di vacanza.
L’incontro, l’altro ieri mattina, è stato utile a superare alcune incomprensioni e soprattutto a esaminare tutte le questioni sul tavolo. In sintesi: Draghi ha sgombrato il campo da ogni equivoco sulle cessioni di sovranità e ha chiarito che la sua preferenza è per «riforme condivise», ma ha anche ribadito che esse sono urgenti. Sarebbe utile per l’Italia, secondo il presidente della Bce, dare un segnale «importante» a settembre. Le riforme istituzionali, quali il superamento del bicameralismo perfetto, sono certamente apprezzate e hanno riflessi positivi sull’economia, ma richiedono tempi lunghi. È necessario dunque, ha detto Draghi a Renzi, affiancare da subito riforme altrettanto importanti in materia economica. Renzi, che nei giorni scorsi aveva replicato alle parole di Draghi dicendo che l’Italia farà le riforme non perché glielo dice qualcuno ma perché vuole farle, ha confermato il suo impegno su questo fronte.
Il presidente della Banca centrale europea ha spiegato che le sue preoccupazioni non riguardano solo l’Italia. C’è un peggioramento della congiuntura internazionale, anche per via dei focolai di guerra, dall’Ucraina al Medio Oriente. E in un contesto internazionale in via di peggioramento l’Italia è più esposta alla speculazione, soprattutto se dovesse chiudersi la finestra dei bassi tassi d’interesse. Ecco perché il nostro Paese non può permettersi di mandare segnali sbagliati. Non possono in particolare esserci cedimenti sul taglio della spesa pubblica impostato col lavoro del commissario per la spending review Carlo Cottarelli. Guai ad abbassare la guardia. Al contrario, è stato il ragionamento di Draghi, a settembre l’Italia dovrebbe mandare un chiaro segnale ai mercati. Nel 2011 con la riforma delle pensioni Fornero funzionò. Questa volta toccherà all’articolo 18? Non sappiamo se nell’incontro se ne sia parlato, ma una revisione della normativa sui licenziamenti fu chiesta nel 2011 all’Italia con la famosa lettera della Bce (firmata dall’allora presidente Trichet e dallo stesso Draghi come governatore della Banca d’Italia) e quella compiuta dalla legge Fornero è ritenuta da molti non ottimale. Sappiamo anche Ncd chiede di togliere l’articolo 18 subito mentre Renzi finora ha preso tempo.
In ogni caso, a settembre, impostando la prossima legge di Stabilità, il governo si giocherà tutto sul taglio della spesa pubblica. Passo indispensabile per ridurre la pressione fiscale su famiglie e imprese e rilanciare la crescita. Sono queste le «riforme condivise» con l’Europa auspicate da Draghi. Qui Renzi ha preso impegni precisi: un taglio della spesa da 17 miliardi nel 2015 e da 32 miliardi nel 2016. Ma non è chiaro come farà. Si sa invece che sarà costretto a rivedere in peggio tutti gli obiettivi fissati ad aprile, dal Prodotto interno lordo, al deficit, al debito, al piano di privatizzazioni. A settembre non basterà correggere tutte queste previsioni sbagliate, bisognerà convincere anche la Commissione europea e i mercati che non si faranno altri errori, prendendo impegni forti e credibili. Solo con «riforme condivise» potrebbe cominciare la trattativa tra il governo e la Commissione per avere qualche margine di flessibilità sul percorso di risanamento del bilancio. Riforme che servono all’Italia, ma anche a molti altri Paesi europei, compresa la Germania. Probabilmente Draghi riaffermerà questi concetti al simposio annuale della Federal reserve a Jackson Hole negli Stati Uniti, il 23 e 24 agosto. Quanto all’Italia, non c’è la troika in arrivo né una nuova lettera della Bce. Ma la tregua non è per sempre. Settembre è vicino.