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 2014  agosto 13 Mercoledì calendario

PERISCOPIO

Cambiare il do, cambiare il la, cambiare il re. Alessandro Bergonzoni nello spettacolo teatrale Nessi.

Maria Elena Boschi è antipatica, caruccia, inesperta: al momento, l’unica che potrebbe farle ombra è Francesca Pascale. Daniela Ranieri. Il Fatto.

Nel liberalismo contano innanzitutto i princìpi. Nel socialismo, i fini. Massimo De Angelis, Post-Confessioni di un ex comunista. Guerini e associati, 2003.

Oggi per fare il poeta, il pittore e l’artista ci vuole la tessera. Nino Nutrizio in Gigi Moncalvo, Milano no. Edizioni Elle, 1977.

Proprio perché il presidenzialismo presenta anche pericoli, esso va accompagnato con una serie di precauzioni: dal divieto di rielezione alla moltiplicazione delle occasioni di democrazia diretta, all’abolizione dei reati di opinione, fino all’inserimento di uno Statuto dell’opposizione nella carta fondamentale dello Stato, all’introduzione di un vero federalismo. Solo così si traccia la linea retta che separa funzioni e responsabilità, assicurando anche una base solida all’intero sistema politico. Dario Fertilio, Fuori i secondi!. Bibliotecha Albatros.

Gaetano Afeltra era il genio che aveva dispiegato al Corriere della Sera, mandando in giro per il mondo Indro Montanelli e scegliendo non solo gli argomenti giusti su cui costringerlo a esibirsi, ma anche lo stile narrativo. Una volta, era da poco finita la seconda guerra mondiale, l’inviato speciale di Fucecchio approdò in America e scese in un grande albergo. Nella prima telefonata da oltreoceano, riferì al caporedattore che in camera, sopra il comodino, c’era una sfilza di tasti impressionante, da astronave. Afeltra ebbe uno dei suoi guizzi: «Indrè, prova a schiacciarli tutti e poi scrivi che cosa succede». Montanelli, più matto di lui, ubbidì, suscitando l’indomani i complimenti entusiasti del superiore: «Indrè! Maronna che bell’articolo t’aggio fatto fa’». Ne era uscito un pezzo sulla modernità, sugli Stati Uniti proiettati verso il futuro, mentre l’Italia ancora arrancava fra le macerie della guerra. Una controprova della teoria di Afeltra, secondo il quale per descrivere bene un posto bisognava o soggiornarvi per dieci anni o restarvi per un giorno soltanto. Vittorio Feltri e Stefano Lorenzetto, Buoni e cattivi. Marsilio.

Oggi, ciò che Nietzsche denominava come la volontà di potenza si manifesta nel culto della crescita. Noi diventiamo ricchi, ma non produciamo più alcun lusso perché il nostro denaro non ha, per noi, del senso se è reinvestito al più presto nella maggior produzione di ricchezza. Senza fine, senza limite e soprattutto senza obiettivo. Jean-Luc Marion, filosofo, specialista di Cartesio, insegna all’università di Chicago. Le Figaro.

Abito nel centro storico di Roma da più di mezzo secolo: ci sto bene, mi piace. Certo, so che intorno questo centro mozzafiato c’è una periferia sconvolta, che intorno c’è il traffico caotico, ci sono mille cose che non funzionano. Raffaele La Capria. Corsera.

L’Ottocento, aveva ragione Leopardi, è un secolo stupido e pericoloso. Innamorato delle «magnifiche sorti e progressive», figlie di una visione distorta dell’illuminismo, che disprezza l’uomo in nome dell’Idea con la maiuscola, l’Ottocento ha inventato il marxismo, che è la base teorica di tutti i totalitarismi novecenteschi, e il nazionalismo, cioè la giustificazione morale della guerra moderna, che non distingue fra militari e civili e distrugge indifferentemente militari e caserme. Fabrizio Rondolino, L’Italia che non esiste. Mondadori, 2011.

Bechi morirà tragicamente, meno di un anno dopo, in Sardegna, appunto con le funzioni assunte lasciando El Alamein e alla sua memoria verrà conferita la medaglia d’oro, già meritata dal padre Giulio, colonnello comandante il 254mo fanteria, brigata «Porto Maurizio», ucciso in Val di Rose presso Gorizia nel maggio 1917. Altri due Bechi li avevano preceduti, l’uno colonnello napoleonico in Russia, l’altro colonnello garibaldino nel 1863. Quattro colonnelli Bechi morti in guerra. Paolo Caccia Dominioni, El Alamein 1933-1962. Longanesi, 1966.

Una sera, tornando alla villa dopo un’assenza di molte ore, Marta vide di lontano i carrozzoni degli zingari, come al solito accampati tra gli arbusti vicino al fiume. Guardò con attenzione e le parve che fossero vuoti. Gli zingari dovevano essere tutti sguinzagliati in giro, alla ricerca di cibo, che era divenuta ossessiva da quando la guerra s’era incattivita. I cavalli, legati ai pioli puntati per terra, si agitavano nella sera solitaria. Carlo Sgorlon, L’armata dei fiumi perduti. Mondadori, 1985.

Via della Vite, a Roma. La infilai col cuore stretto come la bocca d’un sacco: mi sentivo un evaso che torna al carcere e ha voglia di dire: «Sono stanco di correre, non ce la faccio più, riprendetemi». Era un pomeriggio umido e greve. Il cielo coperto e basso, un’afa da sfiancare un cavallo. A destra il palazzone delle Poste, più bieco di Regina Coeli; a sinistra la bottega di scarpe (due stivali in vetrina, sempre gli stessi), il lattaio, il ristorante. Un odore di fritto faceva pennichella, a mezz’aria. Nantas Salvalaggio, Un uomo di carta. Rizzoli.

Non è di buon auspicio che l’anno cominci di martedì, né di venere né di marte non si sposa e non si parte. Non dire gatto se non l’hai nel sacco e le magnifiche sfilze di proverbi che si trovano nel «Don Chisciotte», libro che dovrei rileggere, invece di annoiarmi a morire con Gottfried Benn, Peter Handke e la letteratura della crisi. Luigi Serravalli, critico d’arte e scrittore.

Don Ciccio, l’indomani, era di pessimo umore. Pioveva e tirava vento: un grecale aspro e stizzoso, che mandava ogni cosa a traverso, a cominciare dalle sottane dei preti, dai cani fradici. Gli ombrelli non ce la facevano. Le gronnare de li tetti de li palazzi nemmeno. Carlo Emilio Gadda, Quel pasticciaccio brutto de via Merulana. Garzanti, 1957

«Chi è di guardia oggi?». «È Casbonbon, signor commissario». «E dov’è?». «È andato a fare la pipì. Eccolo qua». «Allora, ispettore, tutto a posto? Siete in grado di riprendere il vostro servizio adesso?». «Minzione compiuta, capo!». Francis Blanche, Pensées, réplique et anecdotes. Editions J’ai lu, 1966.

Ieri, San Fermo, era la festa dei treni italiani. Amurri & Verde, News. Mondadori, 1984.

Il segreto per non perdere amici è di non rivederli troppo spesso. Roberto Gervaso. il Messaggero.

Paolo Siepi, ItaliaOggi 13/8/2014