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 2014  agosto 13 Mercoledì calendario

SVETTA LLORENTE

Hanno ucciso i centravanti. Prima li hanno individuati: facile, erano quelli alti con il numero 9. Poi li hanno trascinati fuori dal loro regno, l’area di rigore. Infine li hanno spostati in panchina e al loro posto ci hanno messo dei ragazzi rapidi, in grado di fare la prima e la seconda punta, pronti ad aiutare la squadra con il loro movimento, meno dipendenti dal gol e più legati al gioco collettivo. È il calcio moderno e ha tanti aspetti positivi. Per chi ama le tradizioni e le certezze di un tempo, però, la scomparsa del centravanti è una brutta notizia. Perché, almeno per una volta, tutti abbiamo desiderato di essere il numero 9 che di testa risolve la partita; perché, almeno per una volta, tutti abbiamo urlato allo stadio «buttala in area» confidando nelle doti del centravanti; perché il gol che viene dal cielo sembra una benedizione e non può essere accantonato in nome di triangolazioni, sovrapposizioni, finte, inserimenti. No, il calcio può anche cambiare ma non perderà mai la sua magia finché ci sarà un’ala che dribbla e crossa e un centravanti che stacca e segna di testa. Fernando Llorente è Highlander , l’ultimo dei centravanti (anche se usa il 14). In area è un re, di testa fortissimo. Nella storia della Juve ci sono stati John Charles, Roberto Bettega e David Trezeguet. Fernando è l’ultimo capitolo di questo stesso libro, l’ultimo esemplare di una razza di campioni. Se mai avete sperato di diventare calciatori, ci sarà stata per forza una notte in cui avrete sognato di essere come lui.

Llorente, il centravanti classico è morto. Il vecchio, caro numero 9 non lo usa quasi nessuno. Si sente un sopravvissuto?
«In effetti non sono tanti i giocatori con le mie caratteristiche. Ma il numero 9 non muore mai: può passare di moda, ma alla fine serve sempre. Adesso il ruolo di centravanti tocca spesso a giocatori con altre caratteristiche. Ma è importante avere in area un colpitore di testa che sappia muoversi sui cross».
Nella storia della Juve ci sono alcuni grandi specialisti di testa, tre su tutti: John Charles, Roberto Bettega e David Trezeguet. Lei è sulla loro strada?
«Mi piacerebbe tanto essere ricordato come loro, fare la storia della Juve. Questi sono giocatori unici che hanno scritto pagine indimenticabili. Io non ho ancora fatto nulla».
Si considera il migliore attaccante del mondo nel gioco aereo?
«No. Io sono bravo, ma ce ne sono altri. Non si può scegliere il numero uno: c’è un gruppetto di fantastici specialisti. Penso a Toni, a Gomez, soprattutto a Falcao che non è altissimo ma ha uno stacco incredibile».
Essere alti non basta. Come ha imparato a sfruttare le doti fisiche?
«Con l’allenamento continuo e lo studio. Da giovane non ero così bravo di testa. Ho avuto la fortuna di vedere a Bilbao Ismael Urzaiz, il grande centravanti dell’Athletic, e di apprezzare come si muoveva in area. Il problema non è saltare, ma trovare il tempo giusto e soprattutto riuscire a controllare il proprio corpo quando, al momento dello stacco, vieni toccato, spinto, disturbato dal difensore. Bisogna essere bravi a ritagliarsi il proprio spazio vitale per andare a colpire».
Pensa di poter ancora migliorare?
«Posso riuscirci. La squadra mi nutre (testuale, ndr) di palle e di cross. L’anno scorso la percentuale tra tiri in porta e gol effettuati era alta, quindi migliorare non è semplice. Ma sono convinto che sia possibile anche perché sono partito in modo diverso. Nel 2013 dopo Chatillon mi sentivo male male sia di fisico sia di testa. Poi sono migliorato, il gol alla prima partita da titolare mi ha aiutato, ho ritrovato la fiducia e tutto è andato bene. Adesso sono più abituato al lavoro, mi trovo meglio anche perché peggio era difficile...».
A Bilbao le chiedevano i gol. Conte le ha allargato i compiti. Allegri cosa pretende da lei?
«Io ho trovato un cammino da compiere nella Juve: non solo fare gol, ma aiutare difensivamente la squadra. Allegri ci ricorda sempre che è importante la pressione degli attaccanti: si comincia a difendere da lì e questo facilita il nostro gioco».
Com’è la nuova Juve dopo l’addio di Conte e l’arrivo di Allegri?
«Conte è un grandissimo allenatore: ha vinto tanto e non è facile sostituirlo. I tifosi, però, devono avere fiducia in questa squadra che è ancora più forte. Al solito gruppo si sono aggiunti cinque acquisti importanti che possono migliorare il livello della Juve. Allegri è bravo, noi daremo tutto».
Quanto siete lontani dalla Champions?
«Bisogna crederci e sognare. Onestamente è difficilissimo vincerla, ma nessuno pensava che l’Atletico Madrid arrivasse a dieci secondi dal trionfo. Nel calcio può succedere di tutto».
Com’è il suo rapporto con Morata?
«Buonissimo. Prima della tournée siamo stati molto insieme: sta imparando l’italiano, io sono un appoggio importante per lui. Sono contento che sia qui alla Juve, può fare grandi cose. Peccato per l’infortunio perché Alvaro sperava di inserirsi in fretta».
Nei preliminari di Champions il Napoli sfiderà il “suo” Athletic Bilbao: chi è favorito?
«Sarà una bella sfida, io tifo Bilbao ma credo che sia favorito il Napoli perché ha più esperienza in Champions. L’Athletic è una squadra giovane, che l’anno scorso ha sorpreso tutti. Ho detto ai miei ex compagni che avranno difficoltà a Napoli: è un campo difficile e caldo. Ma se escono bene da lì hanno tante possibilità nel ritorno: anche il San Mamés è un inferno».
Llorente, lei sembra sempre tranquillo. Si arrabbia mai?
«Solo quando mi picchiano...».
La sua gentilezza e disponibilità con i tifosi è esemplare.
«Il mio carattere è questo. E poi sono abituato: a Bilbao ogni allenamento era aperto e io mi fermavo sempre con i tifosi: sono loro che ci rendono grandi».