Roberto Procaccini, Libero 13/8/2014, 13 agosto 2014
L’ESERCITO DELLE CAVIE: 70MILA VOLONTARI PER I TEST MEDICI
L’Istituto Europeo di Oncologia cerca 200 donne che abbiano sofferto di tumore al seno e che siano disponibili a osservare un piano di allenamenti, monitorate da un dispositivo elettronico, per otto settimane. È “Live”, ricerca che vuole appurare se l’esercizio fisico incida positivamente sul rischio ricadute. Allo stesso tempo l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano ha bisogno di 2mila persone con età superiore ai 55 anni, girovita significativo e conclamata disfunzione metabolica. In questo caso la ricerca si chiama “Me.me.me” e intende scoprire se un farmaco impiegato nella cura del diabete sia utile nella prevenzione deI tumori. Il policlinico San Matteo di Pavia (così come il centro di ricerche di Verona o l’ospedale Sacco di Milano) ha sul proprio sito web la pagina d’iscrizione all’anagrafe dei volontari per le ricerche cliniche. Un canale di accesso, in altri termini, per chi voglia offrire il proprio corpo alla scienza. Benvenuti nel mondo dei trial clinici, cioè delle sperimentazioni cui sono sottoposti farmaci, tecnologie e terapie prima di essere adottati dalle istituzioni mediche. Settore regolato da convenzioni internazionali e che necessita, per funzionare, di un esercito di volontari (sani o malati) che si metta a disposizione della scienza. Stando ai dati del Registro Europeo dei trial clinici, nel periodo maggio-luglio appena trascorsi in Italia risultano in corso 44 sperimentazioni che necessitano, secondo una nostra proiezione, di circa 70mila “cavie”. Lo stesso registro europeo nel decennio 2004-2014 riporta 4562 trial condotti nel Belpaese.
Non c’è molecola che diventi principio attivo di un medicinale senza che sia prima testata secondo i canoni della comunità scientifica internazionale. Dopo la sperimentazione in vitro e su animali, i trial clinici arrivano all’uomo. L’indagine, sotto l’occhio attento dell’Agenzia Italiana del Farmaco, procede in quattro fasi: si va dalla prima, l’unica che coinvolge volontari sani, dove si analizzano la distribuzione della sostanza nell’organismo e la relativa soglia di tolleranza, fino alla quarta, che chiude il dossier sul medicinale e ne sugella l’immissione in commercio. In base agli obiettivi finali, si utilizzano protocolli più o meno complessi. Il numero di volontari necessari è crescente in base alla fase: mentre nella prima basta un campione di 50 o 60 “cavie”, nella terza e nella quarta si parla di 2, 3mila pazienti. I trial sono condotti in più di un centro, in modo da mettere a confronto i diversi risultati. Alcuni esperimenti sono fatti in parallelo in istituti italiani e internazionali.
È chiaro il perché la scienza abbia bisogno dei trial. Ma perché le persone, specie sane, concedono il proprio organismo ai camici bianchi? Sicuramente non per denaro: a differenza dalla Svizzera, dove si possono raggranellare più di mille euro a settimana (e dove l’81% delle cavie è di nazionalità italiana) qui non si guadagna. Sardegna Ricerche, istituto della Regione isolana, prevede giusto rimborsi spese dai 50 ai 100 euro per gli spostamenti.
«C’è la voglia di dare un contributo alla scienza», spiega un ricercatore, così come la possibilità di accedere a trattamenti e ricevere attenzioni mediche di cui altrimenti non si godrebbe. In Italia i volontari sani sono molto tutelati: non è ritenuto etico, ad esempio, impiegarli nei test per i farmaci oncologici». «Anche nelle sperimentazioni su volontari sani sono previsti criteri di inclusione», aggiunge una ricercatrice specializzata in ambito neurologico. «A volte, quando servono confronti delle terapie su persone sane, si chiede la disponibilità ai parenti dei pazienti.
Per noi sono un benchmark importante perché vivono nello stesso ambiente del malato. E loro sono più sensibili per via del legame affettivo coi degenti».
In Italia, racconta l’ultimo rapporto sulla Sperimentazione Clinica pubblicato da Aifa, sono operative 373 strutture dedicate ai trial. Sono concentrate per lo più al centro-nord e sono nella maggior parte dei casi ospedali (214), poi policlinici universitari, a seguire Asl, Irrcs, centri privati ed enti di ricerca. Qui nel 67,7% dei casi società profit generano investimenti per 1230 milioni di euro (l’1,9% del volume mondiale) che danno lavoro a poco meno di 6mila addetti. Il reclutamento dei volontari è un’attività sempre in corso, così come i rapporti tra i centri di ricerca e le case farmaceutiche non conoscono sosta. Per questo negli Stati Uniti sono nati i Clinical Trial Center, strutture che ottimizzano le relazioni tra gli attori del settore. Se n’è dotata per prima in Italia, dallo scorso gennaio, il Policlinico Gemelli di Roma: «Diamo approccio uniforme ad attività prima gestite dai vari dipartimenti», spiega il direttore Antonino Amato, «coordiniamo la gestione del budget e sgraviamo i ricercatori dalle questioni burocratiche».