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 2014  agosto 13 Mercoledì calendario

Google mira al cervello– Negli ultimi anni Google ha cambiato la faccia del mondo e ha occupato un posto insospettato nelle nostre vite

Google mira al cervello– Negli ultimi anni Google ha cambiato la faccia del mondo e ha occupato un posto insospettato nelle nostre vite. Dall’idea nata nel 1995 dalle menti brillanti di due studenti della Stanford University, Larry Page e Sergey Brin, si è sviluppata una creatura dalle molteplici teste, con ramificazioni sempre più varie. Tanto che ora lo slogan della società, Don’t be evil (Non siate malvagi, ndt), sembra messo da parte di fronte al desiderio di fare il "bene" dell’umanità, consenziente o meno. TRA BIOLOGIA E INFORMATICA. Per capire Google, bisogna conoscere bene la Silicon Valley, sapere quello che succede, e infiltrarsi nel Googleplex, la gigantesca sede che si trova a Mountain View. Dire che l’avvenire si gioca proprio là, è un eufemismo. Dopo l’esplosione di Internet, l’entusiasmo per le energie rinnovabili, poi gli investimenti sostanziosi nella ricerca genetica, la baia di San Francisco è in balia di una nuova ossessione: l’intelligenza artificiale. «Nella Silicon Valley sta succedendo qualcosa che molti hanno difficoltà a comprendere: un intreccio tra biologia, informatica e scienze cognitive» spiega Laurent Alexandre, esperto di tecnologie del futuro e autore del saggio Google Démocratie. «Credo che Google abbia i primi frammenti di intelligenza artificiale, grazie ai suoi considerevoli database, alimentati dalle informazioni che noi utenti forniamo. Fanno il resto i mezzi finanziari di cui dispone per potersi concedere i migliori scienziati del mondo e i brevetti di cui ha bisogno, che ottiene comprando le società che le interessano». QUARTIER GENERALE. Tutto il Googleplex assomiglia a un campus universitario scientifico totalmente aperto e in perenne fermento. Tutto è organizzato in modo che il lavoro si svolga tranquillamente, sulla terrazza, sotto gli ombrelloni multicolori del Charlie’s Cafè, dove i dipendenti pranzano senza sborsare un centesimo, oppure nei numerosi chioschi o giardini sparsi all’interno del complesso. Ci lavorano 8.000 persone, il top degli ingegneri e dei ricercatori, pagati molto bene e diventati ricchissimi grazie alle stock option (tanto che sono accusati di mandare in tilt il mercato immobiliare locale...): sviluppano i loro progetti in una sorta di mondo ideale, dove i tetti sono coperti da pannelli solari, con orti biologici che producono legumi bellissimi e dove ci si sposta a bordo di biciclette colorate. «Tutta l’azienda s’ispira culturalmente a Edison, l’inventore americano che detiene il record di 1.093 brevetti depositati» racconta Bruno Bonnell, il presidente di Robopolis, la società che ha lanciato il fondo europeo d’investimento Robolution Capital, dedicato al finanziamento della robotica. «Lì la tecnologia e la scienza sono come una religione. Quando discutete con i responsabili di Google, non vi parlano di tasse o ritorno sull’investimento, ma dei droni che vogliono utilizzare per rendere accessibile Internet ad alta velocità a livello planetario o della nuova generazione di Google Glass, gli occhiali ormai celebri che portano la realtà aumentata nella vita quotidiana». O, ancora, dell’auto senza conducente presentata a fine maggio: è già entrata in collaudo sulle strade reali, e potrebbe arrivare presto in commercio. MONOPOLIO DEI DATI. «Bisogna fare passi da gigante. I passi da topolino fanno cadere le aziende nella mediocrità». Questa frase di Larry Page, che nel 2011 ha ripreso la presidenza dell’azienda, riassume bene l’attuale filosofia di Google. L’ambizione dei due fondatori è incommensurabile rispetto ai loro concorrenti del mercato digitale. Sono i soli ad aver avviato una diversificazione a tutto campo, di cui a volte può sfuggire la coerenza. Che è invece quella di occupare ogni angolo della nostra vita digitale, come sottolineano da tempo alcuni analisti. «I servizi che ci semplificano maggiormente la vita sono anche quelli che ci richiedono un contributo in termini di dati personali» sottolinea Vincenzo Cosenza, esperto di nuove tecnologie e autore di La società dei dati (40K Books). «I’utilità di un servizio aumenterà in ragione del numero di altri servizi con i quali riuscirà a interconnettersi facilmente. Dunque ci sarà una tendenza da parte dei grandi player a creare degli ecosistemi di prodotti/servizi chiusi». Ed è proprio quello che sta facendo Google: dopo aver monopolizzato il Web (con il motore di ricerca) e il mondo mobile (con Android), ora è pronto a colonizzare anche il nostro corpo (con i wereable, ovvero i dispositivi indossabili), le nostre case (con i sensori per la smart home) e i mezzi che usiamo per muoverci (l’auto). Insomma, l’obiettivo è creare un mondo a misura di Google in cui le nostre informazioni personali sono la valuta più importante. «Questo può essere un problema perché vorrebbe dire cedere a una sola azienda tutti i nostri dati sulle abitudini quotidiane (da quante volte apriamo il frigo a quanto usiamo l’auto o la doccia)». UN CONCORRENTE SLEALE? Non solo privacy, comunque. Google è finita nel mirino delle autorità anche per pratiche anti-concorrenziali, come di recente hanno denunciato diversi attori europei del mercato digitale: Big G non soltanto privilegia le proprie società nei risultati pubblicati dal suo motore di ricerca, ma può addirittura modificare i suoi algoritmi facendo crollare le visite agli altri siti. eBay, colosso americano delle aste online, a fine maggio è stato vittima di un importante aggiornamento degli algoritmi di Google e ha visto diminuire vertiginosamente la sua visibilità sul motore di ricerca e di conseguenza la sua attività. Senza contare le pratiche di "ottimizzazione fiscale" con cui Google paga spesso le tasse in Paesi dalle aliquote molto più basse. Si aggiunga a ciò la recente sentenza di un tribunale europeo che obbliga Google a riconoscere il "diritto all’oblio" (e cioè la rimozione dei contenuti lesivi della privacy), e si fa presto a capire perché il colosso di Mountain View stia investendo sempre più in attività di lobbying. Nel giro di tre anni, Google ha triplicato le proprie spese per questa attività, raggiungendo lo scorso anno 15,8 milioni dollari, cifra che la pone tra i primi trE gruppi più attivi a Washington. OSSESSIONE ARTIFICIALE. Per Laurent Alexandre tutta questa determinazione non è così difficile da interpretare: Goo- gle vuole diventare rapidamente il leader mondiale dell’intelligenza artificiale. «Chi deterrà questa posizione, controllerà tutti gli altri ambiti, perché l’intelligenza artificiale sarà al centro del cambiamento radicale che già si preannuncia in numerosi settori. Darà un vantaggio a chi saprà padroneggiarla». La presenza di alcune personalità all’interno del Google X Lab conferma questa tesi. Sebasfian Thrun, che ha guidato il progetto dell’automobile senza conducente, è un esperto di robotica e di intelligenza artificiale. Insegna informatica a Stanford. Da dove viene anche Andrew Ng, considerato uno degli scienziati più brillanti della sua generazione e specializzato nell’applicazione delle neuroscienze all’intelligenza artificiale per robot. E tornato a far parte di Google X nel 2011, Andy Rubin, il fondatore del sistema Android, che ha imposto Google negli smartphone del mondo intero, ha assunto la direzione di una divisione di robotica in cui Larry Page e Sergey Brin ripongono enormi speranze. Nel 2013, hanno quasi fagocitato il mercato americano della robotica, acquisendo le aziende leader di settore, a partire da Boston Dynamics, che lavora per il Pentagono. Sul tavolo hanno messo 1,5 miliardi di dollari. Dopo l’intelligenza artificiale, a gennaio è stata la volta di DeepMind, per 500 milioni di dollari. L’azienda lavora a soluzioni di apprendimento per le macchine: si tratta di robot che potranno acquisire intelligenza per se stessi! MISTER FUTURO. L’evento più simbolico della nuova strategia di Google è l’arrivo di Raymond Kurzweil nel Googleplex. A sessant’anni, questo informatico è diventato il "mister Futuro" dell’azienda. Intorno a lui si organizza la strategia di diversificazione a lungo termine tra robotica, droni e intelligenza artificiale. Ma, negli Stati Uniti, quest’uomo è conosciuto anche come la massima autorità del transumanesimo. Autore del best-seller La Singolarità è vicina preconizza l’arrivo di un’intelligenza artificiale che uguaglierà quella umana dopo il 2029; e che intorno al 2045 potrà essere fusa con quella del cervello umano. «Moltiplicherà per mille le nostre capacità e soprattutto ci permetterà di vivere molto più a lungo, trasferendo la memoria biologica e artificiale in diversi corpi virtuali» assicura Kurzweil. Questa visione di un essere umano aumentato, ai limiti della fantascienza e dell’eugenetica, viene presa molto seriamente in buona parte della Silicon Valley. Lo scorso aprile, nel corso di una conferenza a Vancouver, Larry Page ha spiegato che il lavoro svolto da Google negli ultimi quindici anni non è stato che la premessa di una grande rivoluzione finalizzata a comprendere e riprodurre il funzionamento del cervello umano. E ha confermato che Google lavora su algoritmi che permettono di conferire alle macchine capacità di apprendimento equivalenti a quelle umane. C’è di più. Google finanzia generosamente l’Università della Singolarità, il tempio del pensiero transumanista negli Stati Uniti, diretta da Raymond Kurzweil in persona. I locali di questa università si trovano a nove minuti dal Googleplex, percorrendo la celebre 101. Se anche si tratta di una scelta non voluta, è una di quelle coincidenze che rivelano molte cose sulle ambizioni di Big G. Nicola Bruno e Christophe Dorè