Francesco Tomasinelli, Focus 9/2014, 13 agosto 2014
Da corsa, da carico o da guerra. I dromedari hanno prezzi record in molti paesi del mondo – Alice Springs, nel cuore arido e caldo dell’Australia centrale
Da corsa, da carico o da guerra. I dromedari hanno prezzi record in molti paesi del mondo – Alice Springs, nel cuore arido e caldo dell’Australia centrale. A luglio, come tutti gli anni, si è tenuta la Lasseters Carnel Cup: una giornata di corse con dromedari (i "cammelli" con una sola gobba) che, guidati dai fantini, competono nel deserto. EREDITA COLONIALE. Pensando a questa terra vi vengono in mente piuttosto canguri o koala? Avete ragione. I dromedari sono un prodotto di importazione. Ma oggi l’Australia è piena di questi erbivori. Anzi, qui – oltre agli animali di proprietà degli allevatori, come quelli usati nellegare – prosperano gli ultimi dromedari selvatici del mondo. Li hanno portati i coloni che nell’800 avevano necessità di un animale resistente e poco bisognoso d’acqua per spingersi nei deserti del Paese. E hanno avuto anche un ruolo importante per costruire le infrastrutture australiane, dalle linee ferroviarie al telegrafo. Con il diffondersi dei veicoli a motore vennero abbandonati, nella prima metà del 900, ma se la sono cavata benissimo: grazie al fatto che possono mangiare l’80% delle piante native, assorbendone l’acqua, si sono moltiplicati tanto da diventare l’unica grande popolazione di dromedari che vive allo stato brado. Ormai sono un milione. Troppi, secondo alcuni: entrando nelle proprietà agricole in cerca di cibo e di acqua fanno danni, oltre a mangiare la vegetazione nativa, e ci sono state campagne di abbattimento. «La popolazione di dromedari è in aumento» ha detto Sarah Crowley della University of Exeter (Gb), che ha condotto uno studio sulla storia di questi animali fuori posto nell’outback australiano. «Questo fa sì che si introducano sempre più spesso negli insediamenti agricoli, aumentando l’ostilità della popolazione». FISICO EFFICACE. Nel resto del mondo questi animali sono domestici – anche quelli che si muovono semiliberi sono in realtà proprietà di qualcuno – e ancora molto preziosi: sono diffusi dall’India al Marocco, al Sudan, alla Somalia. Le tribù dei deserti africani e asiatici si sono rese conto da tempo che non esiste un mezzo migliore per spostarsi tra le rocce e le dune: non c’è caratteristica del dromedario che non sia stata modellata per resistere a calore e siccità. A cominciare dalla famosa gobba, che non è piena di acqua, ma di grasso: l’animale la usa per ottenere energia e acqua, attraverso un complesso processo metabolico. L’accumulo di grasso, che negli individui più grandi (circa 500 kg) può arrivare a 40 kg di peso, è localizzato in un unico punto sulla schiena e non attorno al corpo, per limitare il surriscaldamento. Non solo: il dromedario può far salire la sua temperatura da 34 °C fino a 41 °C e solo allora comincia a sudare, sempre in modeste quantità, perché ha pochissime ghiandole sudoripare. Può sopportare una perdita d’acqua corporea fino al 30 per cento (mentre per altri animali è letale superare il 15 per cento), e passare una settimana senza bere, arrivando anche a più di tre settimane. DALLA BIBBIA IN POI. Capace di portare 300 kg per 30 km al giorno muovendosi bene sulla sabbia coi suoi piedi grandi e callosi, il dromedario è diventato il mezzo di trasporto per eccellenza dei popoli antichi che abitavano terre aride e desertiche, in Asia come in Africa. Si pensa sia stato domesticato circa 4.000 anni fa nella penisola arabica: se ne parla anche nell’Antico Testamento, nel punto in cui Abramo invia i suoi servi con dromedari per trovare una sposa per suo figlio Isacco. E ancora oggi, nonostante la diffusione dei veicoli a motore, è vitale in molte economie. Come scrivono Sibtain Ahmad della University of Agricolture di Faisalabad e altri ricercatori pakistani in uno studio «è un animale di grande importanza in larga parte del mondo in via di sviluppo», usato per estrarre acqua dai pozzi, lavorare la terra, azionare mulini, oltre che per trainare carri e portare persone e merci, dal sale alla legna ai prodotti agricoli. Ma c’è di più. Un dromedario produce tra i 2 e i 12 litri al giorno di latte, da cui si ottengono yogurt e formaggi, e fornisce carne. Dal pelo si ricavano tessuti e persino gli escrementi sono utili: hanno un contenuto di acqua così modesto che possono essere subito utilizzati come combustibile. Il contributo dei dromedari all’economia di molti Paesi, sostengono gli studiosi pakistani, è notevole anche se tende a essere sottostimato, perché i loro prodotti sono consumati localmente e non entrano nei mercati formali. E, aggiungono, sviluppare l’allevamento di questi animali così adatti agli ambienti aridi sarebbe importante, considerato il riscaldamento globale. La modernizzazione sta cambiando le abitudini. Per esempio in Rajasthan, uno Stato dell’India, i camioncini rimpiazzano gli animali, l’agricoltura si meccanizza e i giovani preferiscono un lavoro in città all’allevamento: il numero di dromedari è così passato dai 500 mila del 2003 ai circa 300 mila di oggi. Tanto che il governo locale sta varando sostegni agli allevatori e misure di protezione, come un divieto di macellazione simile a quello per le vacche sacre. DA CORSA. Comunque dall’Africa al Medio Oriente i grandi mercati di dromedari continuano. Tra i più noti, c’è la celebre fiera dei cammelli di Pushkar, proprio in Rajasthan, che è un evento anche turistico. Gli animali più atletici, della razza mehari, possono valere anche molto. Ancora di più se sono destinati alle corse: uno sport popolare, soprattutto nella penisola araba e in Pakistan. I dromedari più veloci, capaci di filare a 65 km/h, sono quasi sempre femmine (che sono più agili dei maschi) e possono raggiungere prezzi record, superiori ai due milioni di euro a individuo. Le competizioni più famose si tengono negli Emirati Arabi Uniti; tra i circuiti più importanti c’è quello di Al Marmoum, a Dubai, dove corrono Spesso animali di proprietà delle famiglie reali degli Emirati. E oggi in sella ai dromedari si vedono persino fantini robot: si tratta di piccole e leggere strutture, con una frusta, controllate a distanza durante la corsa. Da alcuni anni stanno sostituendo gli uomini, o meglio i bambini che sono stati spesso sfruttati per condurre i dromedari (il Qatar e gli Emirati Arabi Uniti hanno messo la pratica fuorilegge). IN GUERRA. In Italia hanno avuto il loro momento di celebrità con le truppe cammellate: ovvero i dromedari usati dai soldati come mezzi di trasporto nel periodo coloniale. Li usarono anche francesi e Impero britannico; oggi qualche unità resta, per esempio nell’esercito indiano. Non funzionò, invece, il tentativo di introdurre gli animali nell’esercito degli Stati Uniti, per i trasporti nelle aride terre di frontiera del West. Nel 1855 venne finanziato un progetto pilota per importarli in America: l’idea era che fossero perfetti per gli ambienti desertici del Sud-ovest. I militari Usa andarono in Nord Africa con una nave e comprarono decine di animali per portarli fino in Texas. Negli Stati Uniti furono sottoposti a prove e maratone desertiche e si comportarono bene, confermando le loro leggendarie doti di resistenza. Tuttavia la convivenza delle cosiddette navi del deserto con i muli e i cavalli, all’epoca molto diffusi nelle forze armate del Paese, non era facile; i cavalli, per esempio, si spaventavano. E il personale si lamentava del brutto carattere dei dromedari che, in effetti, non sono animali sempre docili. Quando si arrabbiano, per esempio, sputano una parte del contenuto del loro stomaco, sufficiente a fare una doccia ai soldati colpevoli di averli trattati con durezza. Ma soprattutto gli Arabian camel, come venivano chiamati, non furono mai apprezzati da molti ufficiali, troppo legati alla tradizione dei cavalli. Con la Guerra di Secessione americana (1861-1865) l’esperimento dei Camel Corps fu abbandonato: gli animali vennero messi in vendita o liberati. Gli ultimi dromedari americani, discendenti di questi pionieri, furono avvistati nella prima metà del’900. Francesco Tomasinelli