Roberto Perrone, Corriere della Sera 13/8/2014, 13 agosto 2014
AURORA, LA STAKANOVISTA DELLA SPEDIZIONE «MI SALVA L’ADRENALINA. E IL TIRAMISÙ»
[Intervista a Aurora Ponselè] –
DAL NOSTRO INVIATO BERLINO — Potremmo dire che la manda Giovanni Malagò. Aurora ride. Da Fano a Berlino via Roma, Aurora Ponselè, con l’accento sulla (seconda) «e», è l’ultima entrata nell’esclusiva tribù del fondo. A 22 anni è praticamente esordiente. Praticamente perché c’era a Piombino nel 2012, ma nell’anno olimpico fondo e tuffi, separati dal nuoto, non ebbero il traino della piscina e furono dimenticati. Colpevolmente, visto che l’unica medaglia acquatica a Londra 2012 la conquistò Martina Grimaldi nella 10 km. Il fondo apre (come orari cominciano prima le syncronette ma senza medaglie) l’Europeo di nuoto di Berlino. Rispetto a certe acque del passato, quelle ferme e calde (24 gradi) del bacino di canottaggio «Regattastrecke Grünau» non preoccupano. Si parte subito per il podio con Rachele Bruni, Martina Grimaldi, Aurora Ponselè (10 km) e, poco più tardi, con Nicola Bolzonello, Simone Ercoli e Luca Ferretti (5 km). Aurora è la stakanovista della spedizione italiana: dopo la 10 km e il Team event si trasferirà in piscina e affronterà 400, 800 e 1.500 sl.
Aurora ma lei il brodetto, specialità di Fano, lo sa cucinare?
«A parte che sono nata a Fano, ma vivo da sempre a Pesaro: no, però mi piace cucinare e ancora di più mangiare».
Ci torniamo. Com’è il fondo? E come ci è arrivata?
«È uno sport a parte. Ho iniziato a Pesaro in vasca perché ho due cugini gemelli che hanno un anno più di me e da bambina volevo fare tutto come loro. Nuotavano? Anch’io».
Abbiamo incontrato chi l’ha fatto per l’asma, perché fa bene, per i genitori, per la scoliosi, per i fratelli, ma per i gemelli mai. E poi?
«Con il mio ex allenatore, Marco Forni, ci siamo detti: facciamo qualche garettina in acque libere come allenamento. La prima una 10 km a Napoli, settima/ottava, non ricordo. Avevo un po’ di paura, da ultima arrivata non avevo esperienza, ma con l’adrenalina passa tutto».
Lei è andata a vivere a Roma. Gareggia per l’Aniene, la società di Malagò, e di Federica Pellegrini.
«Federica l’ho sempre ammirata».
Le manca casa?
«Torno appena posso. Comunque papà Michele e mamma Franca verranno a vedermi».
Come la tira su la mamma?
«Piadina, tagliatelle ma soprattutto, appunto, il tiramisù».
Cosa fa suo padre?
«Papà è ingegnere elettronico, un piccolo Einstein».
Com’è stato l’ingresso nella tribù del fondo?
«C’è molta competizione, soprattutto tra le ragazze, e inserirmi non è stato facile. Mi aiuta il carattere: sono espansiva».
Il fondo non è uno sport per signorine. Come se la cava a darle e prenderle?
«Il mio allenatore, Emanuele Sacchi mi chiama la principessina. Sta cercando di indurirmi. A darle non sono tanto brava, però incasso bene».
Il suo pregio?
«La semplicità. Ci metto tutto, ma non sono ossessionata, non sono partita dicendo: voglio diventare come Phelps».
Acqua calda o fredda?
«Sono una lucertolina mi piace stare al caldo. A Setubal e c’erano 14 gradi in certi punti. Ho sofferto tantissimo».
Studia?
«Dopo il diploma volevo iscrivermi all’università ma o faccio una cosa o ne faccio un’altra. Per ora ho scelto il nuoto».