Ugo Bertone, Libero 12/8/2014, 12 agosto 2014
È PIENO DI GUFI ANCHE A MOODY’S
Non si è fatta attendere la doccia fredda delle agenzie di rating, così rapide quando s tratta di bastonare il Belpaese. Moody’s ha aggiornato ieri le sue stime sulla crescita del prodotto interno italiano. Anzi, è più corretto parlare di decrescita perché, secondo l’agenzia di rating , che fino a ieri stimava un rialzo nell’ordine di mezzo punto, l’Italia chiuderà il 2014 con una variazione pari a -0,1%, confermano l’attuale recessione.
Il giudizio dell’agenzia non ha impedito alla Borsa di Milano di mettere a segno, assieme agli altri listini, un discreto rimbalzo dopo i tonfi della passata settimana. Per giunta, tra tante previsioni luttuose, ne è arrivata anche una favorevole: secondo il superindice dell’Ocse, per l’Italia si profila una fase positiva mentre, al contrario, si moltiplicano i segnali di frenata della locomotiva tedesca. Ma a spegnere gli entusiasmi, ci pensa ancora Moody’s, facendo ricorso a un’altra statistica Ocse: la «reattività alle riforme», una classifica che vede la Penisola buona ultima nella zona euro, assieme all’Irlanda, con un indice pari a 0,6. Al «top», a sorpresa, la Grecia che sfiora l’1,6, quasi il triplo rispetto al risultato nostrano, davanti alla Spagna che è attorno all’1,5 e al Portogallo che è sull’1,3 circa.
La mancata crescita, nell’analisi di Moody’s, è il frutto di una combinazione perversa in cui la lentezza delle riforme contribuisce a un progressivo peggioramento delle performance di bilancio. Il risultato? Moody’s si spinge a prevedere che il mix sfocerà in nuove tensioni con i partner europei, Germania in particolare. Le relazioni tenderanno a farsi più toste se, come stima l’agenzia, il debito pubblico si assesterà a fine anno a quota 136,4% sul pil per poi scendere, di poco, a 135,8% nel 2015. Per ottenere questi risultati l’Italia dovrà comunque raggiungere un rapporto deficit/pil 2014/5 al 2,7%, anche se esistono forti «rischi di sforamento» all’insù con conseguenti sanzioni comunitarie.
Il Paese, in sintesi, non ha cambiato rotta sotto la regìa di Matteo Renzi. «L’italia sta usando la politica fiscale per stimolare l’economia è il verdetto -, una strategia che finora non ha tenuto il paese fuori dalla recessione». Per quanto riguarda gli 80 euro, sono «una misura importante», il cui giudizio è sospeso: il provvedimento è entrato in vigore a giugno, troppo poco per influire su due terzi del periodo in esame. Ma impressiona il panorama piatto che emerge dall’azienda Italia: «I dati del secondo trimestre mostrano una debolezza dell’economia alquanto uniforme. Servizi, manifattura e agricoltura hanno dato un contributo negativo alla crescita, le esportazioni nette hanno frenato, mentre la domanda domestica è stata neutrale». Un deserto, insomma, che si chiama recessione e da cui non sarà facile uscire.
Ci vorranno,segnalano gli analisti di Moody’s, misure economiche strutturali «politicamente più impegnative», che non sarà facile mettere in atto. «Il governo italiano», ha affermato Sarah Carlson, vice president-senior credit officer di Moody’s Investors Service, «ipotizza un deficit del 2,6% rispetto al pil nel 2014 e il suo programma di stabilità prevede un disavanzo dell’1,8% nel 2015. Pensiamo che l’Italia mancherà entrambi questi obiettivi». Un pessimismo che si spiega anche con il fatto che «la recessione in Italia avrà effetti negativi sulla politica fiscale e sul clima politico generale, sia a livello nazionale che europeo». A Renzi l’onere di smentire i gufi in arrivo dal nord.