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 2014  agosto 10 Domenica calendario

LE CONFESSIONI DI MIA FARROW: IL MIO SINATRA, FRAGILE E INSONNE


Giornalista avvisato mezzo salvato. Mia Farrow, 69 anni, al Festival come premiata ospite protetta da una mezza dozzina di guardie del corpo, non risponderà a domande sulla vita privata. Traduci: non vuole parlare di Allen e della lunga querelle giudiziaria con accusa di pedofilia (l’attrice accusa Woody di aver abusato della figlia adottiva Dylan). Controlla le foto, il direttore Chatrian le ha fatto approvare la clip omaggio con un frammento da Mariti e mogli di Allen. Chi riassume la sua carriera elenca per lei riccia, sorridente, con occhiali, aspetto di una ragazzina che ha preso l’acqua uscendo da scuola, i nomi di Polanski, Losey, Altman, Reed, Gondry, ma glissa su Woody, con cui ha fatto alcuni veri capolavori. Lei dice che non era facile girare insieme Broadway Danny Rose e La rosa purpurea del Cairo ma non cita l’autore. Eppure ha memoria. Per Frank Sinatra che fu, brevemente, suo marito. «L’ho amato molto, era uomo schivo, timido e oppresso da un’infanzia infelice con la madre, vittima del bullismo per l’aspetto mingherlino. Fragile e tenero, si difendeva con il Jack Daniels ed era insonne. Una notte comprammo due libri sicuramente da sonnifero, uno su come si formano le nuvole e uno sull’acustica nelle cattedrali, ma lo ritrovai sveglio all’alba che li aveva divorati entrambi».
Questo pazzo pazzo mondo dello spettacolo. «Io mi sento con un piede fuori, sono ambasciatrice dell’Unicef e porto tre orologi, uno con l’ora dell’Africa centrale. Ora torno a Broadway un mese con Love letters , vediamo come va. Mio figlio, mio fan, mi consiglia di continuare». Ed è sempre una storia della famiglia: la mamma era Maureen O’Sullivan, la prima Jane di Tarzan, papà era John Farrow, regista di western. «Tutti eravamo figli di gente di cinema che pensava di fare quel lavoro. Mi sarebbe piaciuto anche fare il pompiere, la suora, il medico, ma il mio padrino era George Cukor e la madrina Luella Parsons, pettegola di Hollywood».
Destino segnato, ma estroverso, a giudicare dai risultati: «È un mestiere che ti offre libertà di scelta, bisogna lottare i primi giorni quando ti senti falsa nel ruolo». Primo trionfo di segno demoniaco, Rosemary’s baby di Polanski, «gran regista di assoluta precisione che mi ha aiutata molto e si trasformava per noi in ogni personaggio, con delizioso accento polacco». Mia all’epoca era amica delle celebri coppie, Roman e la sua Sharon, John e la Rowlands (con cui girò Un’altra donna ), Liz e Burton conosciuti sul set con la Taylor di Cerimonia segreta di Losey: «Avevo un personaggio complesso, disturbato, ero in un periodo infelice. Liz mi fece da madre, arrivava alle undici invece che alle sette e cominciava a offrirmi — su bicchieri orlati col sale — cocktail Margarita che fingevo di bere ma versavo nei vasi. Erano fantasticamente fuori dal mondo: a pranzo stavano via ore, andavano a trovare i loro cani per cui avevano uno yacht attraccato a Londra».
Mrs. Farrow ha vissuto due e più volte, tutta l’epoca hippie, quando con la sorella meditatrice partì per l’India: «Meditavamo 24 ore su 24, ma quando il mio guru doveva confidarmi la parola segreta del mantra, io starnutii e non la sentii: lui disse che non poteva ripeterla e così non ho raggiunto l’estasi karmica». Con voi c’erano i Beatles? «Erano carini, aprivi la porta e li trovavi di fronte, sempre alle prese con le loro canzoni; amavano mia sorella: “Dear Prudence” la composero per lei». Come si comporta oggi Hollywood con le attrici over 40? «Non è più l’epoca in cui le dive, invecchiando, scomparivano nelle loro grandi case o negli studi dei chirurghi: bisogna abituarsi a non dimostrare sempre 20 anni».