G. B. Olivero, La Gazzetta dello Sport 10/8/2014, 10 agosto 2014
DEL PIERO SFIDA IL SUO PASSATO
Fosse solo una partita. E’ un viaggio nel tempo, un’esplosione di sentimenti, un turbinio di emozioni. Fosse solo una partita, sarebbe facile: A-League All Stars contro Juventus. Stop, fine. Ma quello, per quanto bello e atteso, è solo il contorno. Fosse solo una partita, ne parleremmo il giusto e non ci butterebbero un occhio con curiosità da ogni parte del mondo. «Alessandro Del Piero e la Juve» diventa «Alessandro Del Piero contro la Juve». E’ la storia di una vita, di un campione, di una fascia: capitano bianconero per anni, capitano delle Stars per una notte. E per evitare di commuoversi, meglio scherzarci su. «A Buffon ho fatto un gol solo, vero?». No, Ale, sono tre. «Ricordo quello su rigore a Parma». Ce ne sono anche due a Torino, uno pure simbolico (il primo su azione dopo il grave infortunio del 1998). Ma se segni, esulti? E un rigore lo tiri? E via così. Come sempre, lui sta al gioco: «Sono il rigorista della squadra...». Poi, però, è costretto a scavare dentro di sé.
Del Piero, ha già vissuto questa notte nella mente e nel cuore?
«Sto cercando di immaginare la mia emozione, ma non riesco ancora a percepirla. E’ anomalo essere dall’altra parte. Ma è anche qualcosa che ha molto senso, oggi la mia vita non è quella di tre anni fa».
Per fortuna è solo un’amichevole.
«Questo aiuta, perché non ci sono tensioni. Sarà una festa e non solo per me: è una serata importante per tutto il calcio australiano. E sarà anche una gara bella e combattuta. Non vogliamo fare brutta figura, l’anno scorso l’All Stars della A-League perse 5-1 con il Manchester United».
Tra le sensazioni speciali c’è quella di sentirsi padroni di casa a Sydney?
«E’ vero, mi sento ospite dei miei amici italiani. L’altra sera alla cena di gala ho dato consigli a Buffon, Pirlo, Marchisio su cosa vedere e dove andare. So come muovermi. E sono contento e orgoglioso di ricevere la Juve. Quando sono tornato a Sydney la settimana scorsa insieme alla mia famiglia, i nostri amici ci hanno detto “Welcome home”. Qui mi sento a casa, sì. Questa sensazione me la porterò dentro per sempre».
Sonia e i bimbi saranno allo stadio?
«Certo. I bimbi scenderanno in campo con me. Hanno rivisto i loro amichetti e sono felici. Sonia ha condiviso tutte le mie decisioni e le scelte di vita e continuerà a essere così».
Stasera la maglia numero 10 della Juve sarà sulle spalle di un altro campione.
«Ho sempre stimato Tevez, una stima tra l’altro ricambiata. Non so se ci scambieremo la maglia dopo la partita, non ho mai creduto a situazioni preparate. Prevarrà l’istinto».
Come ha saputo dell’addio di Conte?
«Un sms di un amico. Ma... qualcosa mi era arrivata prima... (ride, ndr). La verità possono saperla solo i diretti interessati e magari ha due facce. Certamente è stato uno scossone per tutti. In Australia mi hanno chiesto: “Continuano a vincere e cambiano allenatore?”».
Lei ha vissuto la fine dei due cicli di Lippi. Nel primo caso (1998-99) un addio improvviso a febbraio. Nel secondo (2003-04) si arrivò a fine stagione sapendo in largo anticipo che il tecnico sarebbe cambiato.
«Nel 1999 ero a Vail per un controllo al ginocchio operato, quindi vissi da lontano il cambio repentino in panchina. Nel 2004 la società gestì la cosa in maniera “tedesca”, come ha fatto il Bayern con Heynckes nel 2013: fu tutto chiaro dal principio e in casi come questo a qualcuno possono un po’ calare le motivazioni».
Allegri è il nome giusto?
«Lo conosco poco dal punto di vista umano. Mi sembra preparato tecnicamente, di sicuro non è uno sprovveduto. L’altra sera alla cena l’ho visto molto ben inserito nel gruppo e coinvolto nel progetto. Trasmette giustamente grande entusiasmo e motivazioni. Ma al di là dei nomi, credo che sia importante che tutti abbiano capito che si è chiuso un ciclo, che se ne apre un altro ed è un passaggio delicato. E mi sembra che siano tutti convinti».
Qual è il valore della Juve?
«Dipende anche da come finirà il mercato. Penso a Vidal, ovviamente: magari non è insostituibile, ma senza di lui la situazione cambia. Bisognerebbe vedere come investire il denaro ricavato dalla cessione: servirebbero uno, due, tre giocatori per rimpiazzare Arturo. Le altre squadre della Serie A stanno affrontando un grande rinnovamento: l’anno scorso ha iniziato l’Inter, adesso il Milan. A proposito: in bocca al lupo a Inzaghi. E la Roma sta facendo un ottimo lavoro con un tecnico che ha avuto un grande impatto».
Un suo ritorno alla Juve è possibile?
«Rappresenta una delle opzioni per il futuro. Io non ho mai pronunciato la parola “no”. Dipende da come procedono le cose, non ho mai posto veti ad alcuna soluzione. A Torino c’è la mia casa. Io sono tanto legato al pianeta Juve, ma questo è il futuro. Devo ragionare sul presente: entro due settimane sarà tutto definito».
America, Giappone o altro?
«America e Giappone sono due ipotesi concrete e valide, ce ne sono anche altre. Per decidere devo pensare a molte cose. Innanzitutto Tobias l’anno prossimo va a scuola: serve stabilità. Poi ci sono campionati che iniziano in estate, altri a ottobre, altri a gennaio. Il coinvolgimento diretto nell’Asian Cup (Del Piero è ambasciatore globale del torneo, ndr), la cui finale si giocherà qui a Sydney a gennaio, mi porta magari in questa direzione».
E’ arrivata una proposta dalla Figc?
«Non sono ancora pronto per un ruolo del genere, ho voglia di giocare».
Cosa pensano gli australiani di Optì Pobà?
«Lasciamo perdere. E’ un fatto che gli episodi di discriminazione, più che di razzismo, da noi siano più frequenti che in altri posti. Bisogna trovare una soluzione. Più in generale, non siamo carenti solo per cultura sportiva ma è tutto il nostro movimento calcistico che vive una fase negativa e non funziona. Dobbiamo confrontarci con chi è migliore di noi è ispirarci ai sistemi che funzionano. Pensiamo a come la Premier League viene seguita in tutto il mondo, a come gli inglesi sanno veicolare il loro prodotto. In Australia trasmettono in diretta tutte le partite della Premier e della FA Cup. Il calcio italiano dov’è? Da noi sospendiamo le partite perché uno si aggrappa a una ringhiera... Serve una presa di coscienza. E sono contento che in Australia stiano apprezzando il comportamento dei giocatori della Juve, molto disponibili con i tifosi. Un autografo, una foto, un sorriso non costano nulla, ma donano felicità a chi tiene a noi e che magari, come nel caso dell’australiano che tifa Juve, non ha la possibilità di affrontare un lungo viaggio e arrivare in Italia per vedere la sua squadra. Che è quella per cui tifo anche io».
Fosse solo una partita. Ma è la notte di Alessandro Del Piero.