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 2014  agosto 09 Sabato calendario

NUOVA MOSSA CINESE, NELLE GENERALI AL 2%


MILANO — Stavolta la partecipazione - ai valori correnti di Borsa - si attesta intorno ai 460 milioni di euro, pari al 2,014% di Generali, l’ultima tra le blue chip di Piazza Affari ad avere tra gli azionisti rilevanti People’s Bank of China, la banca centrale cinese. Ciò che cambia semmai è che per la prima volta Pechino sceglie di investire in una vera e propria istituzione finanziaria, un tempo definita la «cassaforte del Paese», dopo le quote appena rilevate in Eni, Enel, Fiat-Chrysler, Telecom Italia e Prysmian. Complessivamente la banca del Popolo ha messo sul piatto oltre 3,1 miliardi su Piazza Affari. Non tutti insieme, ovvio. Piuttosto piccoli ordini di acquisto nel tempo per mimetizzarsi ed evitare che il titolo lievitasse troppo, ora però la strategia cambia: la Cina ha deciso di venire allo scoperto a due mesi di distanza dal prossimo viaggio in Italia del premier Li Keqiang, previsto per metà ottobre.
Non può più sfuggire il dato politico che si sovrappone a quello strettamente finanziario che vede le nostre società quotate ancora a prezzi di saldo (Generali nel 2007 capitalizzava 42 miliardi, ora 23,5), pertanto un’ottima occasione di investimento su un colosso assicurativo che - sotto la gestione di Mario Greco - ha appena archiviato i conti del primo semestre 2014 con profitti per oltre un miliardo di euro e un utile operativo in crescita del 9,3%. Non sorprende quindi la volontà della banca centrale cinese di scommettere proprio su Generali, protagonista - come Mediobanca, suo principale azionista - di un vero e proprio cambiamento nella governance, dopo il ridimensionamento (recente) dei patti di sindacato e il minor peso delle fondazioni bancarie (non è un caso che nell’ultima assemblea dei soci a Trieste i fondi esteri erano complessivamente il primo azionista con il 15,8% del capitale). Dice Alberto Forchielli, presidente di Osservatorio Asia, che la strategia della Banca del Popolo ha anche una chiara connotazione di marketing. Una sorta di biglietto da visita da presentare all’opinione pubblica italiana che mal digerisce la presenza cinese nel nostro Paese: «Prato è una vetrina terribile per noi e per loro e anche la recente truffa dei pannelli solari Suntech (560 milioni di euro utilizzando falsi bond tedeschi a garanzia di un massiccio investimento in Puglia e Sicilia, ndr. ) non hanno certo contribuito a rasserenare il clima».
Così la partecipazione rilevante in Generali appena comunicata da Consob sarebbe l’ultimo tassello di un mosaico improntato ad una maggiore apertura (anche in ottica di trasparenza) nei confronti del nostro Paese che più degli altri ha sofferto la concorrenza cinese nel tessile e nel manifatturiero anche a colpi scorretti di riproduzioni fittizie di prodotti made in Italy. Il resto lo farebbe l’enorme surplus di bilancia commerciale del Paese del Dragone: a luglio 47,3 miliardi di dollari, record storico mensile tra le accuse americane per un renminbi troppo svalutato.