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 2014  agosto 09 Sabato calendario

CAMERE IN FERIE, IL DECRETO PUÒ ATTENDERE


Perché mai meravigliarsi? Anche nel 2013 l’assemblea della Camera si era concessa 26 giorni di ferie. Esattamente come quest’anno, con la prima seduta in programma il 4 settembre. Idem le commissioni, che faranno vacanze appena più corte. Se poi andiamo indietro nel tempo, ci dicono che la sospensione estiva non è mai stata altrettanto breve. Nel 2009 si arrivò a 45 giorni pieni: dal 31 luglio al 14 settembre. E dopo il tour de force sulle riforme anche il Senato non si ferma giusto il tempo per rifiatare, visto che l’assemblea riparte già il prossimo 3 settembre?
Per non dire quello che succede negli altri Parlamenti europei. Nel 2013 quello francese ha fatto 57 giorni di ferie. Contro i 67 dell’europarlamento di Strasburgo. Quest’anno il Bundestag tedesco ha abbassato la serranda il 4 luglio e non la tirerà su che l’8 settembre: 66 giorni di stop. Addirittura dieci in meno rispetto alla britannica House of Commons. Numeri che non hanno paragone con le Camere italiane.
Verissimo. Ma si dà il caso che nemmeno la situazione dell’Italia sia paragonabile a quella della Francia, del Regno Unito e della Germania. Negli altri Paesi non ci vogliono anni per prendere decisioni che richiedono pochi giorni, non ci sono centinaia di provvedimenti bloccati perché nessuno fa i decreti attuativi, non si smonta di notte quello che si è costruito di giorno. Gli altri, soprattutto, stanno uscendo dalla crisi. Mentre qualcuno di loro, vedi alla voce Germania, non c’è mai neppure entrato. Perfino l’economia della Grecia dà segnali di ripresa mentre noi siamo ancora infognati in una interminabile recessione, senza che se ne veda la fine: l’unico Paese d’Europa. L’unico, cari onorevoli.
Paghiamo tasse a livelli top del continente per mantenere una burocrazia opprimente e nemica del buonsenso che ci costa, in rapporto alla spesa pubblica, oltre 40 miliardi l’anno in più della Germania: dove lo Stato, le Regioni e le amministrazioni locali offrono di sicuro ai propri cittadini servizi di tutt’altro livello. Qui tutto, a dispetto delle parole e delle promesse, è sempre più lento, complicato, macchinoso. Quei 70 miliardi l’anno che secondo la Confindustria rappresentano il peso del pachiderma pubblico, sono un fardello che le imprese non possono più sopportare. C’è necessità di tagliare, semplificare, snellire. Abbiamo bisogno di ridurre la spesa corrente e improduttiva per abbattere la pressione fiscale, riattivare seriamente i consumi e rilanciare gli investimenti. E di farlo in fretta, se vogliamo rimettere in moto il Paese. Il tempo passa anche d’estate, e non c’è da perdere un’ora: la casa brucia.
Ecco perché i 26 giorni di ferie che il nostro Parlamento si è concesso non si possono neanche minimamente confrontare con i 66 dei tedeschi. Loro se li possono permettere, noi no. Viene il sospetto che c’è chi nel Palazzo, mentre pure qualcuno si affanna per ridimensionare stipendi insensati ed eliminare sprechi abominevoli, si ostina a non voler comprendere la gravità di questo stato di cose. O semplicemente non se ne rende conto. Il che, se possibile, è ancora più preoccupante.