Stefano Folli, Il Sole 24 Ore 9/8/2014, 9 agosto 2014
UNA VITTORIA SIMBOLICA E I SUOI RISVOLTI
È giusto che il presidente del Consiglio si goda la sua vittoria insieme alla tenace Maria Elena Boschi e ai 183 senatori della maggioranza trasversale che hanno votato "sì" alla riforma. Molti altri si sono astenuti, anche nel Pd e Forza Italia, così da rendere il traguardo dei due terzi dell’assemblea un miraggio remoto.
Tuttavia di vittoria si tratta, perseguita con determinazione da Renzi fin dal primo giorno a Palazzo Chigi. Qualcuno dice: una determinazione degna di miglior causa. In ogni caso ci sarà tempo per valutare pregi e difetti di questa controversa e cruciale riforma costituzionale che istituisce una sorta di Camera delle autonomie non elettiva. Siamo solo alla prima lettura, ne mancano altre tre fra Montecitorio e di nuovo Palazzo Madama: se il nuovo assetto presenta i sintomi di qualche stortura, ci sarà tempo per provvedere. Almeno questa è la speranza degli scettici. Che sono numerosi e non tutti meritano di essere qualificati come irriducibili conservatori attaccati alla poltrona. Alcuni hanno presentato emendamenti migliorativi che sono stati accolti in misura molto avara; il che è stato un errore che potrebbe comportare conseguenze.
In ogni caso per Renzi è un giorno di sole da segnare sul calendario dopo tanta pioggia. Inutile sottolineare adesso, per l’ennesima volta, la centralità delle riforme economiche - e potremmo aggiungere la giustizia - rispetto a questi interventi istituzionali che forse appassionano noi italiani ma lasciano indifferenti gli osservatori appena passate le Alpi. È un argomento molto serio ma ormai assai dibattuto, dopo le cifre crudeli della recessione e le parole di Draghi. Meglio afferrare il senso profondo del voto di ieri: la riforma ha un valore simbolico che non può essere sottovalutato. Renzi la considera una spinta decisiva verso il mitico "cambiamento". Il premier concede che ci possano essere "intoppi" lungo la strada, ma è chiaro che nella sua idea spettacolare della politica contano soprattutto i simboli. E il risultato del voto senza dubbio contiene una carica innovativa.
Naturalmente l’aspetto simbolico è importante, ma non è tutto. Serve a creare uno stato d’animo nell’opinione pubblica, e tuttavia l’effetto sarebbe stato assai maggiore se le cifre dell’economia non fossero quelle che sappiamo. Ragion per cui il presidente del Consiglio non dovrà attendersi un tappeto di fiori. Gli si chiederà - anzi, già tutti glielo chiedono - di non accontentarsi dei simboli e di procedere sulla via dei fatti. Con o senza Senato, la luna di miele con gli italiani è finita, come riconosce anche la stampa internazionale. E quei 183 senatori in festa, quegli abbracci fra i ministri renziani e gli esponenti di Forza Italia, non possono far dimenticare che esiste un’area di disagio calcolata in quasi cinquanta voti mancanti. Per cui il referendum finale non sarà una concessione del governo per andare incontro al popolo, come parrebbe a sentire certe affermazioni, bensì un obbligo costituzionale imposto dal venir meno della maggioranza dei due terzi.
Comunque sia, è consigliabile vedere il bicchiere mezzo pieno. La trasformazione del Senato inaugura, almeno questo è l’auspicio, una stagione di riforme rilevanti. Ora si attendono quelle che riguardano il mercato del lavoro, la pubblica amministrazione, la spesa pubblica, la giustizia. A voler essere ottimisti, il voto simbolico di ieri dovrebbe equivalere al colpo di pistola dello "starter". Un’iniezione di fiducia, un messaggio corroborante. Ma è bene che Renzi e i suoi non esagerino con i festeggiamenti. In definitiva, al di fuori della cittadella della politica, non c’è quasi nessuno che ha voglia di condividere tanto entusiasmo.
Stefano Folli, Il Sole 24 Ore 9/8/2014