Anna Zafesova, La Stampa 9/8/2014, 9 agosto 2014
Putin, da carneade del Kgb a zar onnipotente della Russia Nascita e costruzione di un leader a 15 anni dal suo primo ingresso al Cremlino Anna Zafesova Il mondo ne sentì parlare per la prima volta quando apparve a fianco di Boris Eltsin, il 9 agosto 1999, arrivandogli appena alla spalla e abbassando gli occhi mentre veniva proclamato nuovo premier e soprattutto «erede» al trono
Putin, da carneade del Kgb a zar onnipotente della Russia Nascita e costruzione di un leader a 15 anni dal suo primo ingresso al Cremlino Anna Zafesova Il mondo ne sentì parlare per la prima volta quando apparve a fianco di Boris Eltsin, il 9 agosto 1999, arrivandogli appena alla spalla e abbassando gli occhi mentre veniva proclamato nuovo premier e soprattutto «erede» al trono. Tutti lo presero per il segno finale della decadenza del «nonno» devastato dalla vodka e dagli infarti: era il quinto premier in 18 mesi, il default dell’anno prima aveva stracciato il rublo, e il Cremlino era abitato da una cricca di figlie e generi del presidente, cortigiani e oligarchi che cercavano disperatamente un modo per salvarsi la pelle in vista delle imminenti presidenziali. Immaginare che la soluzione potesse essere questo 46enne pietroburghese sconosciuto al grande pubblico, timido, estraneo ai giochi di potere e per giunta ex spia del Kgb, era impossibile: «Non ci crede nessuno, nemmeno lui stesso», tagliò corto l’allora presidente della Duma. Anche perché arrivare al Cremlino, in quel momento di crisi e con il marchio di marionetta eltsiniana, poteva significare solo un mare di guai, e Vladimir Vladimirovic Putin se ne rendeva conto: «Non volevo affatto fare il presidente», si lasciò scappare qualche mese dopo. Quindici anni dopo, al terzo mandato presidenziale (senza contare gli anni dal 2008 al 2012 in cui fece il premier lasciando il docile Dmitry Medvedev a tenergli calda la poltrona), sembra averci preso gusto. I tempi in cui i ministri russi a Davos venivano interrogati su «Who is Mr. Putin?» e rispondevano con un imbarazzato silenzio, sono lontani: ha conquistato tutte le copertine, scalato tutte le classifiche dei potenti (e dei ricchi, secondo i suoi oppositori che gli attribuiscono 45 miliardi di dollari di patrimonio), dato lavoro a orde di analisti che lo hanno osannato come nuovo leader mondiale che con il suo decisionismo mette in crisi i deboli occidentali, e diventato il primo, dopo il 1945, ad aver ridisegnato i confini europei. Ma soprattutto resta il grande amore dei russi, che oggi gli consegnano l’86% di consensi. Un record, sfiorato solo 15 anni fa, quando pronunciò la storica frase che da giullare di Eltsin lo trasformò in leader nazionale: «Ammazzeremo i terroristi anche nel cesso». La seconda guerra in Cecenia scoppiò con l’arrivo di Putin, e nonostante i dubbi dell’oligarca Boris Berezovsky (suo padrino politico, morto in esilio) sulle provocazioni dei servizi che fecero da casus belli, elevò il nuovo presidente al ruolo che non ha mai abbandonato: l’uomo forte che protegge il suo popolo. Le girl band che cantavano «Lo voglio come Putin» sono state il primo segno di quello che poi è diventato un vero culto della personalità. Eltsin era il maschio russo al suo peggio, grande e forte ma anche ubriacone e rozzo. Putin, nonostante l’aspetto da burocrate, era sportivo, sobrio, preciso, controllato, gelidamente ironico. Non aveva vizi, non si dimenticava mai nulla, non si faceva mai trovare impreparato. Dietro questa immagine di primo della classe c’è stato il lavoro duro e umile di una intelligenza eccezionale. Il neopresidente prendeva appunti ascoltando gli esperti, studiava inglese e guardava i tg senza fidarsi degli uffici stampa. Oggi le tv dicono quello che vuole lui. Ma la trasformazione in zar onnipotente, che si è cucito un Paese su misura totalmente incentrato su di lui dove l’apparizione di un suo concorrente è impossibile, è stata graduale, di crisi in crisi. La guerra con gli oligarchi, con Gusinsky per conquistare la più grande tv indipendente Ntv e poi con Khodorkovsky per nazionalizzare il petrolio. La guerra con gli islamisti caucasici, con le tragedie di Dubrovka e Beslan pretesto per l’abolizione delle elezioni locali. La guerra contro la Georgia, quando per la prima volta mostrò di considerare l’ex Urss un suo feudo. Lo scontro con la piazza nel 2011, che trasformò il «putinismo» da autoritarismo blando in regime ideologico che detta ai russi cosa pensare, con chi andare a letto, come pregare e, da qualche giorno, anche cosa mangiare. Una parabola che si preannuncia già nel libro-intervista che pubblicò all’entrata al Cremlino spiegando in cosa consisteva il lavoro del presidente: «Non mi controlla nessuno, sono io che controllo tutti». Ossessione che con l’età – un russo 61enne non è considerato più giovane, nonostante il volto liscio di Putin abbia fatto sospettare che si fosse fatto consigliare dall’amico Berlusconi qualche trattamento – è diventata più marcata. Da brava ex spia non si fida di cellulari e Internet, e la sua vita privata è top secret. E’ stato l’unico leader russo ad aver divorziato. Liudmila – sposata da bellissima hostess e abbandonata da first lady solitaria e depressa – potrebbe essere stata sostituita dalla ginnasta Alina Kabaeva. I giornali che hanno diffuso il gossip hanno chiuso. Ma quello che è importante sapere di Putin lo racconta lui stesso, quando dice che dopo il collasso del comunismo pensava di fare il tassista per mantenere moglie e due figlie: «La vita si era spezzata, tutti gli ideali e gli obiettivi erano crollati». Un trauma che condivide con la quasi totalità dei russi, e forse è per questo che da zar per caso è diventato il leader più amato della storia. Lunedì ai magazzini GUM apre una boutique che vende t-shirt con la faccia del presidente e scritte che inneggiano alla Crimea. Costano 30 euro e si prevede il tutto esaurito: il precedente temporary shop ne aveva vendute 5 mila in un giorno, con una coda di alcune ore fuori.