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 2014  agosto 08 Venerdì calendario

PERISCOPIO

La vocazione al compromesso, all’accordo dietro le quinte, alla «conciliazione» degli opposti è un antico e ben noto vizio italiano che Prezzolini così riassunse in un suo famoso passo dal «Codice della vita italiana»: «In Italia nove decimi delle relazioni sociali e politiche non sono regolati da leggi, contratti o parole date. Si fondano invece sopra accomodamenti pratici ai quali si arriva mediante qualche discorso vago, una strizzatina d’occhio e il tacito lasciar fare fino a un certo punto. Questo genere di relazioni si chiama compromesso. Non ci sono mai situazioni nette: tra marito e moglie, tra compratore e venditore, tra governo e opposizione, tra ladri e pubblica sicurezza, tra Quirinale e Vaticano». Fabrizio Rondolino, L’Italia che non esiste. Mondadori, 2011.

Le potenze occidentali, se non saranno forti e disposte a usare la forza, perderanno il Medio Oriente come perdettero la Cina; e, poi, perderanno l’Africa settentrionale e, alla fine, perderanno tutto. Perché gli imperi si fanno con la forza e si mantengono con la forza, e non vi sono surrogati della forza. Sì, vi è il prestigio. E l’Inghilterra, per molto tempo, tenne il medio Oriente con niente altro che con il prestigio. Ma che cos’è il prestigio, se non il riflesso, direi quasi l’aureola della forza? E quando la forza viene meno si spegne anche l’aureola. O, se sopravvive, non è più che un bluff. E allora, se a un giocatore più animoso degli altri viene in mente di «chiamare» il bluff, è la fine. Augusto Guerriero, Tempo perduto. Mondadori, 1959.

Davanti ai fallimenti ripetuti dei governi francesi nel salvare il Titanic, c’è oggi, per i giovani francesi, una sola soluzione, la fuga. Un giovane che ha scelto Londra dice: «Noi ritorneremo, forti della nostra esperienza di un mondo aperto e libero. Noi amiamo troppo la Francia per lasciarla nelle vostre mani». Eric Brunet, Sauve qui peut! (Si salvi chi può). Albin Michel.

Scriveva Bastiat nel 1848: «Ecco ciò che ipotizzano i comunisti partigiani della sovranità del popolo: essi suppongono che la ragione umana abbia il potere di scoprire le leggi (...) e che, nella pratica, sia a seguito di un libero dibattito tra le opposte opinioni che queste leggi si scoprono (...) che se non c’è l’unanimità, se c’è divisione anche dopo la discussione, sia la maggioranza ad avere ragione (...), di conseguenza essi decidono che le decisioni a maggioranza debbono fare legge, e che la minoranza sia tenuta a sottomettersi». Bastiat scrive queste cose prima del trionfo di Marx tra i comunisti, e prima della catastrofe russa. Ma la sua definizione del comunismo, come abuso del principio di maggioranza applicato dovunque e perciò perverso, resta più interessante e vera anche dopo la fine dell’Urss e dei partiti comunisti emanati dal marxismo. Geminello Alvi, Il capitalismo. Marsilio.

Monogamo lo sono al punto di poter guardare con interesse le altre donne. Mario Botta, architetto. Corsera.

Gli enormi romanzi di Nicolas d’Estienne (e l’ultimo, Les Fidélités successives, Albin Michel, è il suo migliore) sono pieni di personaggi reali che non sono mai esistiti. Yann Moix. Le Figaro.

Vogliamo che domani la società si divida in due categorie: da una parte coloro che potranno decidere ciò che pensano, resisteranno a coloro che gli impongono di pensare, di vedere, di dire, di fare; e dall’altra parte quelli che senza nome, senza genealogie che contano, senza identità, senza domicilio fisso, senza lavoro, subiranno ciò che la globalizzazione dei valori imporrà loro? La globalizzazione, ad esempio, ha il bisogno di abbassare il livello culturale delle scuole e l’ambizione che tutti i cittadini diventino almeno, dal punto di vista teorico, uguali, la disturba. Noi quindi stiamo andando verso una società a due piani, come lo erano le società feudali. E i governi, di fatto, sostengono questo progetto siano essi di destra o di sinistra. Jean-Luc Marion, filosofo, specialista di Cartesio, insegna all’università di Chicago. Le Figaro.

L’uomo, come dice Holderlin, quando sogna è un dio, quando pensa è un mendicante, quando qualcosa resta appiccicato negli occhi, allora, è come la pasta madre che rinfresca il ceppo originario. Ho visto preparare il ferro da stiro con la carbonella, ho solo 50 anni ma mi è rimasto tutto dell’età che fu, da sembrare più di un secolo, anzi un millennio, tanto il mondo di ieri è tutto «una vita fa» di ceci verdi chiusi nei loro bacelli, attaccati ancora alle loro piantine e legate in cespi ai muli che facevano ritorno dalle campagne, al tramonto. Jared Diamond, Il mondo fino a ieri. Che cosa possiamo imparare dalle società tradizionali. Einaudi.

Venne convocato, come renitente, anche un ex bersagliere. Il discorso si tenne dalla finestra alla strada. Lui urlò: «Sono Bisbini il bersagliere, sempre primo alla baionetta, alle bocce e a vegliare i morti! Però adesso ho le gambe che sembrano di panno. Mi spiace tanto e poi tanto, ma non posso. La mia signora qui presente può dirlo lei». «Ossequi signora!» urlò il cavuff «suo marito è un vero italiano. State lì un attimo che vi mando giù il mio segretario a portarvi la tessera d’onore dell’Unpa, sono solo otto lire!». Feci le scale di corsa ma quando arrivai nella strada, vidi l’ex bersagliere Bisbini già lontano sballottolato sulla carrozzina spinta al trotto dalla moglie. Guglielmo Zucconi, La divisa da Balilla. Edizioni Paoline, 1987.

Rivedeva, assieme ad altri garibaldini a Palermo, l’imbarco dei nemici, alla marina, in una giornata di gran sole: i napoletani e i bavaresi di Franceschiello con i calzoni rossi laceri e infangati e le giubbe azzurre sfilavano mogi tra due ali di popolo che gli sputava sulle divise, li copriva di insulti, gli tirava monetine e perfino qualche pietra, senza che loro reagissero. A un tratto, però, un ufficiale tedesco s’era fermato; s’era rivolto a chi lo insultava e gli aveva risposto guardandolo negli occhi, in quella sua lingua aspra e gutturale che sembrava un abbaiare di cani, gli aveva detto con fierezza: non siete stati voi, straccioni, a vincerci, e nemmeno quegli altri banditi che sono sbarcati in Sicilia portati dagli inglesi. Voi non ci avreste mai vinti! Siamo stati venduti per trenta denari, come nostro signore prima di salire in croce. Sebastiano Vassalli, L’italiano. Einaudi.

Singer aveva la volontà feroce di non sacrificare lo yiddish, questa lingua di nessuno, a beneficio dell’inglese. Aharon Appelfeld sottolinea che Singer parlava la lingua degli ebrei di Polonia, egli ne era lo gola e la bocca. Egli era il popolo. Bruno Corty. Le Figaro.

Paolo Siepi, ItaliaOggi 8/8/2014